Gli ultimi anni e la tragica morte

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Dall’inedito

“Caravaggio e le ombre dell’anima”

di Matteo Ricucci

 

Cavaliere di Grazia

adorazione-dei-pastori-particolareA Malta dipinse “La Decollazione del Battista” e “Il ritratto del Gran Maestro dell’Ordine, Alof De Wignacourt e del suo Paggio” (1608). Per riconoscenza costui lo elesse “Cavaliere di Grazia” e non di “Giustizia”, non essendo il Merisi di nobili natali. Anche a Malta la sua natura non mancò di provocare o di essere provocata da un cavaliere di Giustizia, ma una diversa tesi insinua che il Merisi avrebbe insidiato sessualmente un paggio del Gran Maestro il quale, avendolo scoperto in flagranza di reato, lo rinchiuse in una tetra prigione, detta “il pozzo di Sant’Angelo”.

 

La fuga in Sicilia

Aiutato ancora una volta dai Colonna, egli fu imbarcato nottetempo su di un vascello, riparando in Sicilia, a Siracusa, dove dipinse, “ Il Seppellimento di Santa Lucia” (1608). A Messina, “La Risurrezione di Lazzaro” e “L’Adorazione dei Pastori”(1609) e a Palermo “La Natività”(1609). Poi, sempre inseguito dai sicari del

Vaticano e anche da quelli dei Cavalieri di Malta, egli continuò la sua disperata fuga, complicata da un violento stress psicologico che lo accompagnò fino alla morte. Tutto ciò aggravò la sua instabilità emotiva.

 

Le visioni

Fu in Sicilia che egli cominciò a soffrire violenti cefalee, una strana visione della luce ch’egli definiva con il concetto di “Sole Nero”, una sorta di cecità episodica, che lo immobilizzava nella sua attività, non solo artistica. Egli narrò anche di un “cane nero” dagli occhi di fuoco che lo aggrediva ogni notte e contro la cui violenza egli era costretto a difendersi a mano armata. Ma, al suo risveglio, di quel cane sventrato non si trovava mai traccia alcuna.

 

La sua nuova espressione artistica

La sua tenacia e la sua forza di volontà di creare, durante il suo navigare tra le onde tempestose della vita quotidiana, i maggiori capolavori che mai siano apparsi sulla scena della pittura mondiale, ha del miracoloso. La sua tecnica si affinò raggiungendo una tale maestria e una sorprendente velocità nell’esecuzione di tele gigantesche che egli portava a compimento in tempi ristrettissimi e usando, per definire i profili fisionomici dei personaggi delle sue storie, pochissime pennellate e altrettanti pochi colori. Questa sua nuova espressione artistica sembrava tradire l’ansia e il tormento di far presto, quasi intuisse che il proprio tempo era ormai agli sgoccioli.

 

Il terrore del giudizio finale

medusa-caravaggioMerisi non si stancò mai di raffigurare nelle sue ultime tele se stesso in atteggiamento di penitente, o decollato come in “Giuditta e Oloferne” e in “David e Golia”, o nella “Medusa”, dipingendo sempre il suo viso, sfigurato dal terrore del giudizio finale. Sì, egli era intimamente convinto che il suo destino eterno fosse irrimediabilmente compromesso per una condanna senza speranza. Quel timore d’una “predestinazione” che lo escludeva dal dono della Grazia e dalla sofferta e spontanea attesa del perdono divino, si tingeva delle ombre d’un calvinismo che nelle terre di Lombardia di allora non era poi così raro.

 

Basta fuggire

Tanto è vero che egli decise di non fuggire più. Sul litorale di Porto Ercole, a cento chilometri a nord di Roma e in direzione opposta alla sua desiderata meta, affrontò, con la spada in pugno, i sicari e lottò fino agli ultimi istanti della sua vita. Spirò nella solitudine come nella solitudine spirituale aveva vissuto la sua intera vita. Ci è caro immaginare che l’infinita bontà di Dio gli abbia comunque concesso il perdono dei suoi peccati per i meriti acquisiti per mezzo delle infinite anime le quali, nella contemplazione delle sue tele, hanno trovato, trovano e troveranno, finché il mondo esisterà, la forza e il coraggio di convertirsi e guadagnare la salvezza eterna.

 

Trovati i resti mortali?

Si apprende ultimamente dalla stampa che studiosi dell’Università di Bologna hanno condotto ricerche genetiche severissime sulle ossa di scheletri di un antico cimitero di Porto Ercole tra le quali avrebbero isolato quelle del presunto Caravaggio.La credibilità d’un tale studio sfiorerebbe l’80% delle probabilità. Tutto ciò non toglie e non aggiunge niente di più alla gloria di un genio che ha lasciato di sé opere insigni che viaggeranno nel tempo della Storia fin dove e fin quando il Signore permetterà che l’Uomo, con le sue ambiguità, rotoli insieme a questa palla di biliardo che è la Terra, spersa nell’immensità dell’Universo misterioso.

continua

 

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