La storia di Macerata a piccole dosi, XXX puntata

Print Friendly, PDF & Email

Liberamente tratta da “Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche

di Adversi, Cecchi, Paci

 

Avvenimenti precursori del “sacco di Macerata”

 

Francesi, ritirati ma non troppo

La prima avventura “repubblicana” costò alla città la somma di 7.318 scudi. Tutto sembrava tornato come prima della venuta dei francesi i quali, tuttavia, ancora occupavano Ancona dove costituirono su ordine del Bonaparte la Repubblica anconetana. A rimettere in moto l’esercito francese concorse il mancato riconoscimento papale della Repubblica Cisalpina, infatti per esercitare pressioni sulla Santa Sede le truppe napoleoniche si spinsero nel pesarese dove “si promosse la mutazione del governo”. Macerata si sentì di nuovo in grande pericolo.

 

Governo cittadino in fermento

Il 30 dicembre 1797 Monsignor Arezzo convocò il Vescovo, il Gonfaloniere, i Priori e il colonnello Barvich “Acciò le Signorie Loro possano prendere quelle determinazioni che crederanno più opportune per la salvezza di questa città e per rendere meno terribile, se pur sarà possibile, quella sorte che loro sovrasta”. Ma costoro, insieme con altri emeriti cittadini, non avevano né il potere, né il coraggio di prendere decisioni per cui avrebbero voluto demandare tutto al Consiglio Generale. Proposero la riunione per due giorni dopo ma il Vescovo, intuendo vicinissimo il pericolo, non approvò pregando di riunirsi la notte stessa. Nel frattempo il Barvich aveva inviato esploratori verso Fabriano e Serra San Quirico. Alle 22:30 cittadini di varia estrazione sociale si riunirono in casa Buonaccorsi e il Gonfaloniere espose loro la situazione relativa allo “stato della nostra provincia, già in parte rivoluzionata (il 28 dicembre anche Montecassiano aveva proclamato la repubblica), ed il rimanente già vicino alla sua rigenerazione spintevi alla necessità, mercè la debolezza e caduta immancabile del governo pontificio”.

 

Una delegazione va dai francesi

Il Gonfaloniere Ugolini propose “di inviare deputati, i quali partissero alla volta d’Ancona per implorare la protezione dell’invitta nazione francese dal Cittadino Generale Dessolle comandante di quella piazza”. Vennero nominati ambasciatori Girio Carradori e Carlo Liberati, inoltre si elesse una giunta di sei cittadini per curare la pubblica sicurezza; furono nominati: Nicola Ranaldi, Giovanni Lauri, Domenico Torri e Giuseppe Graziani per i nobili; Antonio Cortesi e Pietro Mugarelli per i borghesi. Gli ambasciatori chiesero che la truppa francese prendesse stanza a Macerata insieme con quella papale ma il generale Dessolle rispose: “Venendo la truppa francese, deve sloggiare la pontificia”.

 

Tornano i napoleonici

Arrivando i francesi, partì il Delegato apostolico alla volta di Tolentino e il governo provvisorio abolì la tassa sul macinato e l’esenzione del dazio sul pesce a favore dei nobili, perché “aborrisce il sistema democratico le esenzioni e i privilegi coi quali il passato governo esentava alcune classi di persone”. Giunsero 500 soldati con due cannoni, fu ripristinata la repubblica, iniziò il passaggio delle armate dirette verso Roma, venne disarmata la guardia civica, si requisirono le armi, la città perse la qualifica di capoluogo di provincia a favore di Ancona… fu proclamata la Repubblica Romana.

 

Macerata a capo del Dipartimento del Musone

Dopo la costituzione della Repubblica Romana si rivide l’assetto della regione per cui Macerata divenne capoluogo del Dipartimento del Musone. Intanto in città venivano soppresse cattedre universitarie, venduti arredi sacri, fuse campane per coniare moneta, tassati religiosi per 60mila scudi, requisito bestiame, soppressi e trasferiti ordini religiosi. Per placare il popolo si organizzavano feste, tombole, rappresentazioni teatrali a ingresso libero e ricreazioni mangerecce gratuite.

 

Scendono gli entusiasmi, sale il malcontento

L’iniziale entusiasmo cominciò a scemare e un primo movimento antifrancese ci fu sulle montagne urbinati, un fabbro maceratese, Catervo Salvi, uccise un soldato francese e fu fucilato, ci fu una rivolta a Perugia e sommosse nella bassa Marca: si stava sviluppando un moto d’insorgenza. Si ribellò Amandola dove 3mila contadini si asserragliarono al grido di “Morte ai francesi, viva Maria, abbasso i giacobini!”, ma una colonna di soldati raggiunse il paese e in meno di un’ora disperse i rivoltosi. Dopo la partenza di Napoleone per l’Egitto sia i francesi che i francofili si sentirono meno sicuri: si stava preparando una diffusa ribellione.

continua

A 18 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti