Il rosso fiore della violenza

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Un libro di successo di Matteo Ricucci

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Prima puntata

Perché proponiamo, a puntate, un libro edito nel 1982? Perché tratta del periodo storico in cui in Italia operavano le Brigate Rosse e Matteo Ricucci lo ha scritto senza partigianeria e oggi, a tanti anni di distanza, ci può offrire spunti di riflessione per una maggiore comprensione di come si sia arrivati a quei tragici giorni, a quegli avvenimenti.

 

Prologo

Nel 1968 Angela Barilatti aveva 18 anni e frequentava l’ultimo anno presso il liceo classico “Dante Alighieri” di S., ricca e popolosa città del Nord. Era figlia unica di un noto penalista, orfana di madre sin dall’infanzia; odiata dalla giovane matrigna per il suo carattere scontroso e timido. D’intelligenza discreta, lei colmava le sue lacune culturali con una tenace applicazione allo studio. Tendenzialmente malinconica, fuggiva il cameratismo studentesco manesco e scurrile. Politicamente parteggiava per una sinistra democratica di tipo nord-europeo: credeva fermamente nella forza della ragione e odiava visceralmente ogni forma di violenza. Era torturata dalla lontananza affettiva del padre il quale, carico di lavoro oltre ogni dire e assillato dalla brama di mondanità della giovane moglie, pareva non accorgersi dell’esistenza di quella sua unica figlia. Angela aveva trovato un surrogato d’affetto materno nella vecchia Tata che l’aveva allevata ed educata. Costei era una contadina brianzola, di sano e realistico giudizio, di lingua sciolta e senza inibizioni nei confronti di chicchessia. “Angela, bambina mia, svegliati se non vuoi fare tardi a scuola”. La esortò la Tata, bussando alla porta. “Tata, ti prego, fammi dormire ancora un poco”. Le rispose Angela con voce assonnata. “Ancora un poco, ancora un poco! Beata gioventù, non vi basta mai il sonno? Alzati e vatti a godere questo bel sole e a respirare aria pura! Non capisco perché a voi giovani piace tanto poltrire, stiracchiandovi come gatti innamorati”. “Già, il bel sole lo godiamo dalle finestre dell’aula e, in quanto all’aria pura, te la raccomando, ricca com’è di smog!” Rispose lei scocciata. La Tata, sorda alle sue preghiere, spalancò senza tanti complimenti le persiane e un lago di luce inondò la stanza. Angela sbatté le palpebre, coprendosi gli occhi con le mani. “E stai attenta! Con queste persiane, un giorno o l’altro, finirai con l’accecarmi. E’ una mania la tua, spalancarle in questo modo!” – “Su, su, non fare bizze, è davvero tardi stamattina!” – “Tata, oggi non mi va proprio di recarmi a scuola”. – “Gesù. Gesù cosa sono mai codeste bizze? Lo sai no, che la scuola è un dovere ? e i doveri vanno onorati, tutti e sempre! Cosa direbbe il signor Avvocato di questi tuoi capricci, se ti sentisse?” – “Te lo raccomando il tuo ‘signor Avvocato’, è già tanto se si ricorda ancora di avere una figlia. Non fa che pensare alla sua dolce Beatrice che sta di là a fare la bella addormentata nel bosco fino a mezzogiorno. Di niente altro preoccupata, se non di sapere dove posare il sederino per le sue dannatissime partite di canasta! Vincesse almeno!” Rispose Angela, un po’ risentita. “Angela, Angela, non essere acida stamattina!” La esortò la Tata che invece intimamente l’approvava. “Comunque a scuola, oggi, proprio non ci vorrei andare!” Continuò a insistere la ragazza che aveva il viso pallido e preoccupato. “Ma perché, non ti senti bene?” – “No, no, sto bene. E’ per colpa di quei fanatici del collettivo scolastico che, per oggi, hanno organizzato un altro di quei cortei di protesta che sfocerà inevitabilmente nella solita occupazione delle aule e così via. Angela condivideva le ragioni di quelle proteste, ma non accettava i metodi coercitivi e violenti che il collettivo usava contro i timidi e i dissenzienti. Aveva capito che coloro i quali parlavano tanto di diritti e di libertà, fossero in malafede, giacché, poi, di fatto essi privavano altri della libertà di pensare e di pensare a modo loro.

continua

 

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