La storia di Macerata a piccole dosi, XXXVI puntata

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Liberamente tratta da “Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche

di Adversi, Cecchi, Paci

 

Congiura… senza congiurati

 

Il pubblico avviso

Avuto sentore della ormai prossima rivolta da parte dei carbonari, il Delegato “invitò una Congregazione di Nobili, cittadini, mercanti e capi di famiglia; nella quale Congregazione disse Monsignor Delegato che si era scoperta una congiura, la quale doveva in una notte succedere una rivoluzione con dar fuoco e assassinare case, ammazzare ecc. perciò esortava e consigliava ognuno a difendere la propria casa, giacché la città l’avrebbe esso, mediante la truppa, guardata e difesa. Lo che mise in qualche poco di timore e costernazione la città”.

 

La congiura disorganizzata

Nonostante questo pubblico avviso (in pratica erano stati scoperti), il parere negativo dei capi carbonari anconetani e bolognesi e l’arresto del cospiratore Palmieri… il Carletti e i congiurati decisero di agire nella notte del 24 giugno, anche perché un caporale dei gendarmi era loro complice, pronto ad aprire le porte della città. Ma il Carletti, animoso, ignorante e squalificato agli occhi di molti dei carbonari, creò un tale caos organizzativo che la maggior parte dei cospiratori, maceratesi e dei paesi vici-ni, non si presentò agli appuntamenti. Il caporale affiliato alla setta “rimase deluso non avendo trovato alcuno” fuori dalla porta aperta della città. La forza armata del Delegato si presentò agguerrita presso i Cappuccini Vecchi mettendo in fuga gli scarsi convenuti. Movimentò la nottata il locandiere Moschini, carbonaro, che fuggendo “con alcuni polverari, per timore della forza pubblica, si determinarono a saltare dalla fenestra che mette sopra le mura della città in un punto in cui queste erano dirute e, perciò eran guardate in qualche distanza da una sentinella. Questa se ne avvide, diede il ‘chi vive’, il Moschini rispose con una archibugiata. Altrettanto fece la guardia contro di lui ma niuno restò offeso”.

 

La punizione

Molti furono arrestati e 34 cospiratori maceratesi furono condotti e imprigionati nel forte di Civitacastellana, parecchi di essi, condannati a morte, in seguito a una grazia, ebbero commutata la pena nel carcere a vita. Tuttavia, nonostante lo scorno, i carbonari più accesi promettevano nuove azioni rivoluzionarie; si ebbero infatti incendi nei campi di grano. La situazione, sempre più precaria, stimolò i liberali maceratesi a continuare a intessere trame, tanto che, dopo la nomina ad altro incarico del Legato Nembrini, “non vi è prelato che colà voglia venire” tanto era il timore di ulteriori macchinazioni.

 

I nuovi congiurati

Spuntarono nomi nuovi ed eccellenti tra i cospiratori maceratesi. Tra questi c’erano: Livio Aurispa (già Governatore di Capradosso), Benedetto Ilari e Antonio Gatti (già ufficiali napoleonici), Giuliano ceresani (già impiegato nell’amministrazione del Regno Italico), Antonio Fioretti (medico condotto), Giuseppe Perozzi (già Podestà di Macerata), Lavinia Aurispa (moglie del Perozzi), Vincenzo Pannelli (già impiegato alla Direzione del Demanio), e ancora Giuseppe Cassini, Giuseppe Mornatti, Francesco Sisti, Filippo Tamburrini, più molti altri.

 

Il tradimento

Costoro, nel 1820, furono traditi dal monteluponese Lorenzo Basvecchi; tanti furono arrestati, non il Pannelli che con il Ceresani fuggì verso Ascoli dove organizzò una scarsa “Legione Romana” con cui attaccò alcuni paesini. Fu sconfitto, catturato e condannato. Nel frattempo Macerata aveva visto passare truppe pontificie che sedavano le rivolte, nonché (nel febbraio del 1821) 10mila soldati tedeschi che si dirigevano alla volta di Napoli.

 

La situazione

In questo periodo il clima in città era molto simile a quello del 1817, a causa del disastroso stato economico in cui versava tutta la zona. Erano in molti a sentire la necessità di un cambiamento di governo, al di fuori da ogni ideologia e identità politica o patriottica e la spiegazione era assai semplice: la fame iniziava a battere alle porte di una città che era l’epicentro di una delle migliori aree agricole di tutto lo Stato pontificio. Se nel territorio maceratese cominciavano a mancare le derrate alimentari, figurarsi nel resto dello Stato. Era il preludio agli avvenimenti del 1831.

continua

 

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