Ricordando Maurizio Graziani

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di Cisirino

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Qualche giorno fa al Lauro Rossi c’è stato uno spettacolo per ricordare il grande tenore maceratese Maurizio Graziani ed ero stato invitato a fare una memoria ma una forte influenza mi ha bloccato a casa per dieci giorni. Ora approfitto dell’ospitalità de La rucola per dire quanto avrei voluto. Ho conosciuto Maurizio che era un ragazzino. Bravo, serio, sempre pronto allo scherzo quando si era in due ma, trovandosi con tante persone scattava in lui un mix di timidezza e di insicurezza da portarlo all’incertezza, a credere di non essere all’altezza della situazione; questo, a chi non lo conosceva bene, faceva credere che fosse, appunto, timido e insicuro. Con noi amici tale situazione non esisteva. Era buono d’animo. Lo so, dopo morti, tutti sono buoni ma lui lo era veramente anche da vivo. Vero maceratese, “paciarolu” nato in via della Pace, frequentava il nostro gruppo tipo “amici miei” proprio perché stava bene con me in quanto lui, grande appassionato di musica, mi seguiva nelle serate che io conducevo presentando le 100 orchestre presenti a Macerata negli anni ‘60. Il nostro gruppo si riuniva dopo cena in un bar e poi si decideva quale mattana fare per animare la serata. Maurizio partecipava e si divertiva ma raramente era protagonista. Noi eravamo liberi lui, invece, doveva rientrare, per orario stabilito dalla madre, massimo alla una. Una delle “escursioni cretine” che amavamo fare era quella di partire dal bar alle otto e trenta di sera per andare a prendere il caffè a Roma. Sì, proprio così: andare a prendere un caffè a Roma! Lo so è veramente da scemi. Ma… si partiva con la mia macchina, 1900 Opel a metano, discreta velocità e poca spesa (solo in estate, d’inverno su Colfiorito non era da rischiare per le probabili nevicate) e si raggiungeva la capitale. Trovato un bar aperto si prendeva il caffè e poi si tornava a casa. Il bello era tutto ciò che succedeva durante il viaggio, la macchina diventava un salotto bene, di quelli frequentati dalla “nobiltà” maceratese e si sparlava di tutto e di tutti. Naturalmente c’erano a bordo viveri e bevande e si gozzovigliava allegramente. A Maurizio queste sortite piacevano tanto anche se poi, il mattino dopo, doveva passare sotto le forche caudine dei rimproveri della madre. Le altre mattane, alle quali lui partecipava volentieri, le ho già descritte in altri miei raccontini ospitati su La rucola. Maurizio amava il canto e lo sollecitavo ogni volta che qualche orchestrina cercava un cantante ma lui si rifiutava, con cortesia ma con decisione, perché aveva paura del trovarsi solo davanti al pubblico. Un giorno stavamo parlando di questo suo problema e gli ho detto: “Sai che ti conviene fare? Per cantare, vai da don Fernà e gli chiedi di entrare nel coro. Lì non sarai solo davanti al pubblico ma sarai fra altre trenta persone e potrai cantare tranquillamente!” La mia era solo una scappata ma a lui la cosa piacque. Andò dal bravissimo maestro del coro che, come lo sentì, lo convinse ad andare a scuola di canto aiutandolo a superare ogni incertezza. Poi, con le ali della sua magnifica voce Maurizio è volato nei migliori teatri del mondo diventando protagonista delle più prestigiose stagioni liriche del pianeta. Oggi è lassù, perché Lui lo ha voluto a cantare nel coro delle voci che Dio ama avere vicino a sé, per essere sicuro, ascoltando il loro canto, di stare davvero in Paradiso.

 

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