Ricordi di un Casettà II puntata

Print Friendly, PDF & Email

Di Fernando Pallocchini

Walter Filoni
Walter Filoni

 

Il racconto del nostro amico Walter ci aveva lasciato con un “pestifero” aneddoto nel caffè “de lu ricciu”, per cui riprendiamo da lì… come già scritto il primo ad aprire, di buon mattino, era Sesto, che appena lo sostituiva il fratello andava a svolgere il suo mestiere di fabbro nella bottega dentro lo Sferisterio. Era assorto nei suoi pensieri da fabbro quando entrò nel bar un cliente che gli chiese una grappa. Lui rispose: “La vuoi a muro o a legno?” Deformazione professionale da fabbro e non da barman! Poco dopo entrò la “lattarola”, una contadina che ogni mattina veniva a Macerata per consegnare il latte appena munto. Costei chiese: “O Ricciu, famme un caffè e damméne tando!” Rispose Sesto “E te lu metterò drendo la ‘mbuzzatora!” Un giorno, era già avvenuto il cambio con il fratello, entrò nel locale una signora, moglie del medico Jaccarelli, primario all’ospedale, e sedette su una sedia accanto a un tavolino. Lu Ricciu non avvertì la presenza di lei in quanto stava dietro il bancone ad armeggiare con la macchina da caffè, un’affusolata caffettiera quasi ottocentesca sormontata da un’aquila di ottone. Senza pensarci troppo, noncurante di chi potesse essere nel bar, si liberò dell’aria fetida e compressa che aveva in pancia, sganciando una sonora scorreggia. Accortosi, ahimè troppo tardi, della presenza della speciale signora, non poté altro che gettarsi carponi dietro il bancone, non avendo il coraggio di mostrarsi. La signora era esterrefatta, prossima a uno svenimento e l’onnipresente Borgani approfittò della situazione per… sorreggere la donna prima che uscisse dopo la, ormai consueta, apertura di tutte le porte del caffè. In zona c’erano due amici inseparabili, accomunati dal turpiloquio che, per loro, era motivo di trastullo e sollazzo. Uno si chiamava Ricci, fabbro, l’altro era Piermarini, soprannominato Brigattié, che faceva il rivenditore di ricambi per falegnami. Un giorno i due, dinanzi al negozio di Piermarini sito a metà Casette, furono avvicinati da una elegante signora che chiese loro quando fosse possibile visitare lo Sferisterio. Ricci, dall’udito non troppo efficiente, rispose subito: “… Ma che vòle ‘ssa gnofóna?” Bastò il suono della parola a far dileguare la gentile richiedente e i due si divisero per tornare al rispettivo lavoro. Il Piermarini nel suo negozio, poiché si riteneva poco adatto al dialogo, si faceva assistere dalla figlia. Un giorno capitò in negozio un agente di commercio. La figlia era in quel momento non disponibile, impegnata da una sua necessità corporale nell’attiguo cesso. La mancata presenza e l’attesa innervosirono notevolmente il Piermarini. Quando finalmente la figlia fu disponibile lui l’accolse con queste testuali parole: “ Gliél’hi fatta a fa’ ‘ssa cacàta? “. Superfluo ogni commento. Ancora una volta aveva fatto breccia la forza dell’abitudine, eppure nel parlare dei propri amici in lui erano sempre affiorati sentimenti nobili. Evidentemente quella scorza ruvida e volgare nascondeva anche un cuore buono. Il dottor Graziosi annoverava tra i suoi pazienti molti casettà; il suo studio medico disponeva di una sala di attesa e di una acustica molto, troppo, efficiente per cui tutto ciò che veniva detto nello studio era ascoltato dalle persone in attesa. Oltretutto il doc parlava ad alta voce intercalando le visite con uno stentoreo: “Avanti un altro!” Entrò un uomo afflitto da un ascesso e il medico altro non fece che, prese un paio di pinze, estirpar il dente, concludendo l’operazione con..: “E adesso vanne a sputà’ sangue de fòri! Avanti un altro!” Il medico, in quella epoca, era anche una persona a cui chiedere consiglio e una donna si lamentava con lui: “O dottó’… mi maritu rvène sembre a casa ‘mbriacu e ce rrémbie de vastonate e me e a li fiji!” – “Ervira… tuo marito non deve bere vino…” al che la povera donna rispose: “Ma se vòle murì ‘mbriacu… che je pòzzo fa’ io!?” Meno tragica e più spassosa la chiacchierata con un giovanotto… il dottore. “Che te sindi?” – “Mi gira la testa” e, a domanda, dava ulteriori informazioni. Finito l’interrogatorio il dottor Graziosi consigliò: “Sai che te dico? Sta attenti e lascia stà’ l’uccello! Avanti un altro!” L’uscita del giovanotto dallo studio medico fu sottolineata dalle risatine dei presenti, sorrisetti che lo accompagnarono durante tutto il tragitto.

continua

 

A 7 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti