Noatri spittimo che passa lu treno…

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L’americani invece adè ghiti su la Luna…

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Per i maceratesi è ormai diventato un rituale: a orari prestabiliti le sbarre si abbassano e si forma la fila. I maceratesi, che ci sono abituati, si rilassano per diversi minuti chiusi in macchina, chi ascolta musica alla radio, chi controlla facebook sul portatile, chi sfoglia il giornale, chi si fuma una sigaretta… i più fortunati sono quelli in entrata a Macerata, perché il loro sguardo scorre sugli oggetti che il cavalier Prato ha disseminato in un ordinato disordine pseudo artistico sul greppo adiacente la strada. I non maceratesi sono un po’ meno accondiscendenti, meravigliati che nel 2015 ci sia ancora un passaggio a livello a bloccare l’uscita, o l’ingresso, a un capoluogo di provincia. Un giorno, tempo fa, uno di fuori chiese a me, indigeno, accostandosi al mio finestrino aperto: “Scusi, che è successo? Un incidente?” – “No – risposi – aspettiamo che passi il treno…” – “Ah! – esclamò – grazie”. La fila era interminabile, stavamo in attesa davanti al distributore di metano. I più jellati, in caso non riescano a calcolare bene i tempi e arrivino in ritardo rispetto al passaggio del treno, sono quelli con le auto un po’ vecchiotte e in non perfette condizioni. Li vedi accostati a lato della strada, cofano aperto con fumo bianco che esce dal motore, hanno l’acqua in ebollizione e le cose sono due: o è ora di buttare la pasta o è andata a farsi benedire la guarnizione della testata. I meno jellati, nella jella, hanno invece i tubi di gomma vecchi e rinsecchiti che, improvvisamente, grazie alle temperature generate dalla fila, si bucano e fanno una fumata bianca come avessero eletto il papa nuovo. Ad altri non parte più la macchina e stanno lì a girare la chiavetta, a scaricare la batteria mentre dietro suonano tutte le trombe di una orchestra… Che ci volete fare… Macerata è così… è una città lenta, ancora papalina. Quieta non movere diceva un perduto storico cittadino, rappresentando i maceratesi in questa sintesi latina. Un professore scrisse, su queste pagine, tempo fa, citando una frase popolina: che je fa… tanto a Macerata ci aìmo l’aria vòna! E certo! Per fortuna che i treni non fanno più ciuffe ciuffe buttando fuori fumo nero altrimenti la nostra aria vòna tra li sbuffi de lu trenu e lo smogghe de le machine…

 

foto di Photofal

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