Sòra Elvira, la fattucchiera

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Una “Sibilla” maceratese tratto da

“Voci dal cortile” di Anna Zanconi

 sora elvira

Sòra Elvira era una donna bassa e grassoccia, che da giovane aveva avuto una bella capigliatura riccia, color rame, ma ora a sua chioma era divenuta arruffata e bianca e la teneva semi-nascosta entro un foulard di seta verde damascata disposto a turbante, che le conferiva un aspetto ammaliante, nonostante le gote flaccide. Teneva le unghie laccate di rosso e le ciglia sottilissime rifatte a matita; era la donna più eccentrica che avessi mai visto. Aveva avuto tre mariti ma tutti erano morti senza lasciarle un figlio. Nella via la si vedeva di tanto in tanto, quando usciva per la spesa, altrimenti se ne stava tappata in casa in compagnia dei suoi gatti, immersa nell’attività delle carte da gioco, la sua passione! Tarocchi, fiorentine, piacentine, bergamasche, sfere magiche e piastre, libro dei sogni, pubblicazioni di astrologia: erano tutto il suo avere, seggiole e scaffalature ne erano ingombrate. In casa sua erano pochi i vicini che vi entravano; per l’attività che svolgeva era malvista e temuta come la “Sibilla” e un po’ tutti se ne tenevano alla larga. Soprattutto ognuno si chiedeva come mai avesse seppellito tanti mariti. Ero entrata nel salottino di Sòra Elvira alcune volte con la mamma,quando non giungeva da tempo la posta di mio padre dal fronte e la mamma temeva il peggio. Il suo turbante di seta damascata assumeva maggior brillantezza sotto la lampada a file di perline multicolori che dava all’ambiente policromi riflessi e il tocco suggestivo e magico che l’occasione richiedeva. “Stai tranquilla” diceva la donna, avvolta da quella luce fascinosa, manipolando con abilità i tarocchi e mostrando la carta del Papa che era sempre vincente. Poi, rialzando gli occhi su mia madre e riabbassandoli sulla carta di turno, con voce allegra, aggiungeva: “Tuo marito sta bene, la sua lettera è ferma alla frontiera ma presto arriverà”. E la mamma tornava tranquilla. Come compenso dava a Sòra Elvira del carbone per i fornelli o due uova. La mamma mi diceva che altra gente pagava in moneta e solo per lei chudeva un occhio, peché era l’unica del vicinato che non la disdegnasse. Personalmente di questa donna non potevo avere una cattiva opinione, per me rappresentava la persona che sapeva rassicurarci sull sorte del babbo. Una volta la mamma mi condusse da lei poiché non avevo più tanto appetito ed ella sentenziò: “Certamente è sintomo di malocchio; vieni piccina, guarda fissamente questo piatto e vedrai che presto tornerai ad avere una fame da lupi!” Distogliendo lo sguardo dalla magica lampada a perline variopinte, guardai perplessa quel piatto bianco colmo di acqua dove Sòra Elvira aveva fatto scivolare tre gocce di olio di oliva Queste nell’acqua si muovevano lentamente espandendosi, mentre la donna faceva segni di croce e formulava a bassa voce alcune frasi di rito. A seconda degli strani giochi delle macchioline gialle galleggianti Sòra Elvira riusciva a leggere il malocchio, le invidie gravi di malaugurio o se, invece, si trattava di altra cosa dovuta allo stato di salute. Finito il rito buttò sul fuoco il contenuto del piatto, mi fece il segno della croce in fronte e mi diede un buffetto sulla guancia, come a voler dire che ormai tutto sarebbe andato bene. Di Sòra Elvira ricordo distintamente l’odore acre di cui sembravano impregnati cuscini, tappeti e coperte delle stanze, per cui una volta entrata in casa sua desideravo uscirne al più presto, anche se quel lampadario tutto perline luccicanti continuava a esercitare su di me un effetto ipnotizzante. “È l’odore dei gatti- mi spiegava mia madre – purtroppo non li lascia uscire neppure per i bisogni: teme che possano far loro del male”. In verità la donna era sempre imbellettata di cipria e profumata di borotalco e dai suoi movimenti inalavo un aroma del tutto particolare, ma cò non bastava a coprire le prevalenti zaffate dell’altro genere… l’infanzia ha i suoi sentori e questo misto strano di “odori” non l’ho mai dimenticato. L’appetito ritornò ma non so se avevano contribuito le formule scaccia malocchio di Sòra Elvira; la mamma ne era certa. Da lei andavano donne di ogni età che venivano da altri borghi, poiché la conoscevano come ottima cartomante. Le donne che si rivolgevano a lei venivano a sapere se i loro mariti le tradivano, se i loro figli sarebbero tornati dalla guerra, se i loro fidanzati avevano intenzioni serie o se un affare di lavoro sarebbe andato a buon fine. Allora il vicinato perché la isolava? Fu la nonna a spiegarmi il motivo: “Non è ben vista perché a lei non si rivolgono solo le persone che hano necessità di risolvere problemi innocui ma vanno da lei anche quelli che il malocchio o le ‘fatture’ le vogliono fare agli altri”. Così capii che c’era anche gente cattiva e mi spaventò questo discorso, ma continuai sempre a considerare Sòra Elvira come una vecchia che sapeva tante cose e soprattutto che sapeva rassicurare mia madre.

 

 

 

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