L’Urbe Salica e il negazionismo

Print Friendly, PDF & Email

Finalmente ci sono e il cerchio si chiude. Quando scrissi della Scuola Siciliana contro l’opinione che copisti toscani abbiano riscritto dal dialetto siciliano i capolavori dei poeti di Federico, mi resi conto che non ero in grado di valutare, mancando riferimenti specifici, quanto la memoria popolare potesse legare quei funzionari marchigiani, umbri, toscani e monferrini, eredi della cultura Salica, alla questione delle “indebite pretese degli imperatori germani sulla provincia Picena”, come fa scrivere il Papa Re a G.Marangoni. La mistificazione della memoria operata per la Scuola Siciliana non è diversa da quella operata negli altri ambiti della storia. È facile constatare come le innegabili manifestazioni della ricca e raffinata cultura pre-romana della nostra regione viste nei musei archeologici, siano tutte volutamente e, senza dimostrarlo, in subordine alla “romanità” e alla “grecità”: il gusto e l’arte dei manufatti antico Piceni, tutto proviene solo da anonimi artisti greci che lavorano per i “ricchi idioti”. Considerando che le sepolture riportate alla luce sono una minima percentuale di quelle realmente realizzate nel corso di un millennio, per mera considerazione statistica, per poter riempire di monili svariate decine di migliaia di tombe, tutti gli artigiani greci dovevano essere venuti qui! Tralasciando l’aspetto fondamentale della “committenza” (si compra se la merce piace) resta da spiegare dove prendevano i soldi i magnati piceni per farsi fare oggetti tanto costosi quanto superflui. Sarà il caso di riesaminare l’aspetto socioeconomico di questa cultura preromana? Sintetizzando la mia visione, ritengo che la radicata memoria popolare (“na òrda qui era Roma”) abbia costretto i “negazionisti” dei secoli andati, a fare lo stesso percorso di disinformazione sia per l’evo antico che per l’alto medioevo sentenziando: qui non c’è stato mai nessuno di importante. La ragione negatoria è nel fatto che la Terra Salica Picena è di diritto ereditario ancestrale dei Salici e tale diritto è ancora vivo per i Carolingi e i Templari Franchi e rende le terre Saliche non ascrivibili al patrimonio di Pietro. Siccome le origini dei Salici si perdono nella protostoria di questo territorio proprio questa antica radice deve essere cancellata da storia e memoria, al pari di quella altomedievale. Se le testimonianze espresse dalle simbologie mi fecero ipotizzare l’ascendenza dei Franchi alle culture preromane, ossia che questi altri non fossero che i discendenti di genti Celtiche conviventi con Piceni ed Etruschi nel nostro territorio, oggi, grazie all’ing. Paolo Pennelli che mi ha segnalato un passo dei “Libri Coloniarum” dell’età imperiale, lo posso agevolmente spiegare. L’etnonimo Saluio, o Saluyo o Salluvio poi Saliio e infine Salico, (etnonimo che qui Febo Allevi legge legato a nomi franchi ancora nel XII sec.) lega a filo doppio tre inequivocabili realtà, la prima: una popolazione Saluia di etnia celtica stanziata nelle Marche centrali da sempre; la seconda: che questa etnia abbia partecipato in modo determinante alla formazione dell’Urbe romana (i guerrieri Salii di Numa Pompilio e i capitali dei fabbricanti d’armi) e la terza che questa  gens risiedesse  in quella  ricchissima  area del centro Marche dove era la loro città principale: l’Urbe Saluia o Saluiense, posta al centro di un territorio che non fu mai conquistato dalle legioni romane (perché formate dagli stessi guerrieri Salici) ma bensì terra ereditaria da sempre di questa popolazione. Questo è espresso con evidenza, nel secondo paragrafo del VIII capo del libro I° dei Libri Coloniarum che recita:

Ager Vrbis Saluiensis limitibus maritimis et montanis lege triumvirale; et loca hereditaria eius popolus acepit. Leggibile: Il territorio agricolo della Capitale dei Salii, nei suoi confini dal mare ai monti secondo la legge dei triumviri, comprende luoghi ricevuti in modo ereditario da quel popolo.

Per ribadire la questione, al par. 31 del II° libro si legge:

Falerionensis ager. Limitibus maritimis et Gallicis est designatus quos nos d(ecumanos) et k(ardines) appellamus. Quindi: la terra di Piane di Falerone è definita dai confini fra il mare e quelli dei Galli (quindi le terre dell’Urbe Saluia, confinanti a settentrione), con i tracciati che noi chiamiamo decumani e cardini (gli assi ortogonali della centuriazione). (Cfr. AA.VV “Libri Coloniarum” – Presses universitaire de Franche-Comtè,2008)

Per cui, nell’alto medioevo, la “Terra Salica” ovvero le terre della Capitale dei Salii, le uniche richiamate nella Legge Salica Carolingia come trasmissibili solo in linea maschile, (cfr. Loi Salique recueil-J.M.Pardessus – Paris) ha una precisa collocazione nel Piceno. Questa terra, dopo “l’affrancamento” dei combattenti delle genti Saliche, Osimane e Cenomanniche al tempo di Valentiniano, conserva quindi il diritto di ereditarietà (presumibilmente già preromano), comunque presente nelle leggi triumvirali oltre all’esenzione da imposizioni fiscali. Con tali riferimenti sembra chiaro e inequivocabile, pure sulle fonti scritte, dove fosse la Francia Picena di don Carnevale (cui mi permetto aggiungere Salica). Ora può essere più chiara la lunga storia del negazionismo, compreso quello di fine ‘800 del Mommsen (vedi la sua fantasiosa origine del nome Urbs Saluia). Egli nel tracciare la “sua” storia di Roma tutta a conforto ideologico del II Reich, esclude accuratamente, al tempo dei sette re, le terre a settenarione del Lazio, risparmiandosi imbarazzanti spiegazioni.

Medardo Arduino

 

IL DIRETTORE SI DIVERTE

p-10-Epigrafe-Augusto

In alto una epigrafe romana dove si vede chiaramente che le U sono incise V ma si leggono U (Divus Augustus – aquas – perduxerunt). Ora leggiamo URBS SALVIA Perché non Urbs Saluia come da  tempo  afferma l’architetto Medardo Arduino? Noi de La rucola, che ci divertiamo con il dialetto, ci siamo chiesti: “Il nome Urbisaglia (Urbisaja) è più facile che derivi da Urbs Saluia (Saluja) – contratto Urbisaja – invece che da Urbis Salvia? Il secondo, più semplice da dire, è meno “storpiabile” nella parlata popolare rispetto al primo. Se fosse stata Urbisalvia sarebbe rimasta tale, invece Urbisaja è stata italianizzata in Urbisaglia. O no?

13 gennaio 2016      

 

 

A 11 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti