Fra Bonifacio Fausti detto il Montolmo

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Il nome farebbe pensare a un capitano di ventura, ma il Bonifacio, detto anche Bonifazio o più aulicamente Bonifacius a Monte Ulmi, fu uno tra i più famosi e dotti predicatori del suo tempo, che come scrisse fra Gioanni Franchini nella sua Bibliosofia (1693) “…riempì d’ammiratione l’Italia, e d’applausi gl’orecchi del Mondo… uno de’ primi… fra più celebri Predicatori d’Italia, che vuol dire del Mondo”. Nasce a Montolmo intorno al 1576 da una ricca famiglia che annoverava vari esponenti dell’Ordine francescano. Lo zio fra Fausto de’ Fausti, discreto predicatore, lo inizia agli studi sacri e all’arte della retorica. Si narra, che come farebbe un bimbo con i suoi giochi, si divertisse a comporre sermoni e a recitarli con enfasi, come un provetto predicatore. Stupito da tanta predisposizione, fra Fausto decise di fargli recitare un sermoncino in chiesa, avendolo prima però istruito a dovere. Il monastero dei conventuali di Montolmo, l’attuale scuola media, che in quel tempo però presentava una diversa struttura, aveva la Libreria che dava verso l’orto attraverso una finestra aperta fino al pavimento, ma chiusa in basso da una arringhiera che, per l’occasione, faceva da pulpito a Bonifacio; lo zio era l’unico spettatore e per rassicurarlo gli suggerì di pensare che i cavoli dell’orto fossero stati i suoi auditori. Quando fu in chiesa però, Bonifacio dall’emozione si perse, recitando sì, fino alla fine tutto il sermone, ma in modo inespressivo e velocemente, battendo dalla paura, e la cosa si sentiva in chiesa, entrambe le ginocchia contro il pulpito. Alla fine della funzione, al padre Fausto sudato per la tensione, il giovane disse: “…io non havrei mai creduto vi fosse tanta differenza fra huomini e cavoli”. Bonifazio è mandato a completare gli studi presso il dotto padre Agostino Cassandri di Castelfidardo, che sarà vescovo di Gravina dal 1614 al 1623 anno della sua morte. Quindi am-messo al Collegio di S. Buonaventura si laurea nel 1599, ed è poi nominato Baccillier del Convento di Napoli. Inizia la sua attività di predicatore e quaresimalista: a Taranto nel 1600, Palermo 1601 e 1602, Genova 1603, Piacenza 1604, Milano 1605. È reggente della Cattedra di Milano nel 1602 e 1605 e di quella di Bologna nel 1608. Vescovi, comunità e principi vollero sentirlo più di una volta, tant’è che aveva “impegni anticipati… per sei, e otto anni!” Del resto la Pasqua vien solo una volta l’anno! Due quaresimali in Bologna, tre in Roma, di cui uno alla chiesa dei Santi Apostoli, cinque a Venezia, tre a Napoli, a Milano e al Duomo di Torino e di Messina, dove circa un migliaio di novizi affollano la funzione. Era ammirato sia dalle folle che accorrevano in massa, che protetto e remunerato dai potenti. Il duca di Offona, viceré di Napoli, non satiandosene mai gli fa molti doni tra cui un “Camice, Pianeta, e Calice… che sono nella Sagrestia nostra di Monte dell’Olmo”. Il Duca di Savoia gli offre un vescovado che Bonifazio rifiuta con la ripuganza al ligarsi. Lo stesso Papa Paolo V vuole sfruttare la sua fama di oratore per inviarlo presso la corte di Francia, e Urbano VIII lo manda in missione presso il Duca di Urbino per trattare la rinuncia al suo ducato. Celeberrimo è il panegirico in lode di San Carlo Borromeo (1605) al Duomo di Milano, in cui esalta uno dei protagonista della pietà Controriformista, uomo heroico in tutte le virtù,  poiché la mancanza di una sola esclude il possesso delle altre. Ancor più importante per il significato è la chiamata dei gesuiti a Bologna nella cattedrale di San Petronio per la lode del loro fondatore S. Ignazio da Loyola. Il Tesauro nel Cannocchiale aristotelico (1654), opera in cui si delineano le caratteristiche del linguaggio barocco, cita il Bonifazio come epigono del vecchio stile, da cui però si era allontanato passando al nuovo [barocco] dei Predicatori Napoletani, i quali gli haveano insegnato à predicare con maggior diletto del Popolo, senza sudare (p.383). Il Montolmo non scalò la gerarchia del suo ordine poiché era contrario alla vita comune, cioè alla messa in comune di beni personali, poiché come disse, questa era solo un equivoco legale, dato per consiglio, non per commando (precetto), poiché questa era possibile solo nei conventi estremamente ricchi, dove si poteva somministrar tutto, o estremamente poveri, dove i confratelli possono contentarsi con poco. Rifiutò il ricco e prestigioso invito dei Cavalieri di Malta a predicar nella loro isola, per andar invece a officiar la Quaresima ad Assisi presso la tomba del Serafico, e lì dopo aver predicato, sorpreso da febbre morì il 21 aprile 1628: si racconta che volle assistere alle funzioni anche se morente su di un Cataletto (barella). Quale può essere oggi il valore di un predicatore del periodo massimo della Controriforma? Ammoniva gli uomini a perseverare con ogni sforzo nelle virtù cristiane. In questi tempi purtroppo, il povero Bonifazio può essere visto dalla Chiesa Romana solo come un bigotto quaresimalista della Controriforma. Oggi la parola d’ordine di Roma è: Misericordia! Già San Alfonso de’ Liguori in Apparecchi della morte (1758), citando Sant’Agostino scriveva:

 

“I peccatori vogliono peccare

senza perdere la speranza di salvarsi.

           Peccano e dicono: Dio è misericordioso,

farò questo peccato e poi me lo

confesserò… ma oh Dio, così dicevano

tanti che sono già dannati”

 

Concludo con una frase di una anziana signora che commentando le ultime aperture del Papa mi diceva: “Ma allora fino a 3 anni fa ‘sti preti ci ha raccontato un saccu de buscie… se lo sapìo… Ah..! Ma se rnascio!”

 

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