A Villa del Cerro gli allievi di Boldrini stupiscono

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Marco Rossi, titolare di Villa del Cerro che ha ospitato il 5 luglio l’Esposizione dell’Ingegneria Umanistica del Minimo Teatro, ha risposto così a un cliente che chiedeva informazione su cosa stessero facendo gli attori: “Questi dicono una parola per volta… per non sbagliare”. Tale risposta liquida in modo semplice l’essenza, molto complessa, di ciò che è avvenuto in sei ore trabordanti di stimoli intellettuali, di segnali che indicano nuove vie ai confini del linguaggio. Già, una parola per volta, studiata, praticata, teorizzata e poi fissata nel gesto verbale, tanto da divenire suono di riferimento, poi ancora scalata, giocata, combinata con altre parole tanto da divenire poesia di riferimento per l’essere in relazione. Ciò che per anni e anni gli allievi studiano tra le quattro mura del Minimo Teatro, diretto da Maurizio Boldrini, di tanto in tanto esce allo scoperto, si espone come in questa occasione e colpisce per differenza sostanziale e operativa. Non si tratta più di teatro, ma di segnali vivi a beneficio dell’umanità che non sopportano la catalogazione in categorie. Infatti, fin dall’apertura dell’Esposizione dedicata agli artisti Silvio Craia, Mauro Mazziero, Mariano Prosperi, Giuseppe Teobaldelli ed Emilio Villa, il numeroso pubblico ha inteso che non si trattava tanto di una esposizione di opere, se pure messe a bella vista con la loro importanza artistica e documentativa, bensì di una esposizione dell’essere artista, opera umana che si è e che contemporaneamente si testimonia. “Arte – Momento su tutto il nulla” di Carmelo Bene nell’interpretazione della classe di Ingegneria Umanistica ha aperto al colloquio tra artisti, condotto da Mauro Mazziero con acume e simpatia, hanno preso la parola Silvio Craia, un monumento vivente di esperienza e gli anni che lo curvano un po’ non hanno fiaccato minimamente il suo essere perennemente fanciullo, giocoso delle materie, sberleffo costante alle mummificazioni museali.

Ingegneria-Umanistica-la-classe

Craia ha anche testimoniato le sue vicende con Emilio Villa, il personaggio più grande del ‘900 per  le (de)generazioni delle arti. Poi Giuseppe Teobaldelli Teo de Baldus Maceratensis, con il suo corpo esile, quasi trasparente e la sua cultura sconfinata, tratta il marmo con disinvoltura e gesto raffinatissimo, quando poi la sua mano si produce in disegno è inarrivabile, è stato anche trasmesso il suo film d’animazione “Progettazione di un grido”, poesia pura. Felice Prosperi parla dell’opera e della personalità di suo fratello Mariano, un artista prematuramente scomparso, una miniera di segni che eccedono la storia dell’arte, con i quali la storia dell’arte dovrà necessariamente confrontarsi nei prossimi decenni.  A seguire “Enciclopedia per l’attore finito”, fotografie di Silvia Castellani e Marco Di Cosmo, illustrazioni per l’omonimo libro di Boldrini edito dalla Bulzoni di Roma e “Note appese sul filo della memoria” mostra-audizione dall’archivio Minimo Teatro, che ha visto la testimonianza di un unico allievo, fra i tantissimi di Boldrini, Demis Sobrini, un allievo “storico”, capace di far fermentare le indicazioni percorrendo  una sua strada autonoma tra scrittura, pedagogia e cinema. Dopo un ricco e prelibato buffet del Ristorante Villa del Cerro, tocca al poeta Guido Garufi introdurre il pubblico alla “Via Carmelo Bene”,  documentazione scenica dal vivo della drammaturgia scalare inventata dal Minimo Teatro. Garufi raccoglie l’invito di presentare uno spettacolo che non ha visto, l’introduzione diventa una poesia vulcanica e preveggente, lampo folgorante di un poeta totale. Inizia lo spettacolo, ma non è uno spettacolo, forse sì, forse no, gli attori e le attrici sono su un palco e ci sono anche le luci teatrali, ma è indescrivibile, irraccontabile, è una mina,  ecco,  che esplode nel cervello per disarmante semplicità e mette sotto gli occhi e a portata d’orecchio gesti e voci incontestabili nella loro vitalità.  Al termine dello spettacolo,  per conforto Guido Garufi  legge alcune sue poesie, Demis Sobrini dice dell’impulso e dell’incisione dell’espressione, il poeta Giampaolo Vincenzi  fa un’analisi scientifica di ciò che il pubblico ha partecipato, dal suo intervento un estratto: “Carmelo Bene ha detto una volta – Scagionata l’azione, la volgarità dell’agire e patire, si è fuori dall’opera, siamo di là dal senso, siamo totalmente di là dal non ritenerci più attori di nessuna azione, nemmeno attori di un misfatto, l’atto coincidendo con il suo immediato svanire – Che cosa significa questo? Significa che il percorso di ricerca di Carmelo Bene, che Maurizio Boldrini e i ragazzi del Minimo Teatro hanno messo in evidenza, è quello di andare oltre il senso comune dell’attore, oltre il senso comune del fatto. Quello che è stato fatto qui non è altro che la liquidazione dell’atto teatrale. Qui non c’è stato più teatro, c’è stata verità”.  Ecco i nomi degli artefici di tanto lusso necessario:Giorgio Maria Cornelio, Jennifer De Filippi, Valentina Lauducci, Serenella Marano, Fabio Monteverde, Elisabetta Moriconi, Michele Palmieri, Luca Rossi, Luisa Sanità, Lorenzo Vecchioni, David John Watkins, regia Maurizio Boldrini, assistente alla regia Carla Camilloni, inserti video Luca Rossi.  Alle 24 la lunga maratona si è conclusa  con un brindisi e l’ascolto di due record poetici “Stanza Ricordanze” da testi di Cesare Pavese, Giacomo Leopardi, Giovanni Prosperi, voce cantante Lucio Matricardi, voce recitante Maurizio Boldrini, musiche di Leo Ferré, Mauro Luciani, Lucio Matricardi, Mauro Navarri e “Florida para Siempre” composizione di Héctor Ulises Passarella, voce cantante Cinzia Zabala, voce narrante Marisol Passarella, bandoneon Héctor Ulises  e Roberto Passarella.

Patrizia Mancini

09 luglio 2016

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