Capelli

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1910. Cingoli (Mc), Rosa aveva 7 anni ed era giunto il momento di ricevere il sacramento della prima comunione e, dopo una settimana, avrebbe ricevuto pure quello della cresima. Essendo femminuccia, doveva portare gli orecchini, che di norma si mettevano alla bimba appena nata bucando con un ago le orecchie. Una bambina senza orecchini sarebbe stata oggetto di disprezzo e scherno. La madre, Caterina, classe 1888, troppo povera per comprar-li, prese una decisione: si fece tagliare i capelli, vendette la sua lunga, grossa treccia e con il ricavato comprò un paio di graziose “buccole” in oro giallo a bassa caratura. L’obbligo di portare la veletta in chiesa, e il fazzoletto comunque usato per uscire di casa, corredato di cappello di paglia quando era nei campi, avrebbero nascosto il taglio, pensò. Invece l’assenza della treccia arrotolata in crocchia, fu presto scoperta dalla moglie del signorotto proprietario della casa e del terreno dove la famiglia viveva in mezzadria. “Che sfacciata, io che sono la padrona porto i capelli lunghi e lei che è la contadina si permette di tagliarli!” andava dicendo e lo disse talmente tanto che ne nacque uno scandalo con conseguenze estreme: la famiglia fu cacciata dalla casa e dal terreno e dovette cercarsi altrove un podere da farsi assegnare. I capelli ricrebbero, cancellando il disonore, ma la rancorosa rassegnazione di cui gli orecchini sono ancora testimoni, sì tramandò insieme con questo racconto per almeno due generazioni.  Una  piccola  storia  vera, nostrana, per meditare quanto, a dispetto della logica secondo cui i capelli debbano essere prima di tutto puliti per questione di igiene e di dignità personale, qui come altrove, da sempre, l’uomo li abbia invece curati secondo precisi dettami, in base alle variabili climatiche, alle mode, allo status sociale, al tipo di culto: capelli acconciati, capelli posticci, capelli rasati. Capelli ostentati e capelli nascosti. Ancora oggi la chioma subisce le tendenze politiche, economiche e sociali: celata e temuta in oriente dove per motivi religiosi si impongono vari tipi di veli; motivo di speculazione economica in occidente, dove è ostentata, molto curata in fogge e colori ma, in definitiva, è una falsa idea di libertà. Siamo obiettivi, colore e taglio sono sottilmente imposti dalla moda di stagione, un velo invisibile che ci condiziona e classifica in giovanetto/a, vecchio/a, alla moda o fuori moda, sciatto/a, sobrio/a! Una dimostrazione ancora più calzante? 2013. La BBC ha riferito che diverse campagne mediatiche della Corea del Nord approvano le acconciature ufficiali (pare siano 10 per l’uomo e 18 per la donna) e ridicolizzano le persone con i capelli lunghi. Uno show televisivo di stato ha addirittura avvertito il popolo che i capelli lunghi danneggiano l’intelligenza consumando la energia del cervello. 2016. A marzo in Corea del Sud si è svolta la gara mondiale di acconciatura ed estetica “Omc World Cup”. È lo stesso popolo… ma diviso e contrapposto e, soprattutto, distinguibile a colpo d’occhio. Come dire: il controllo comincia, letteralmente, dalla testa!

Simonetta Borgiani

18 agosto 2016

 

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