La storia vera di Banca delle Marche – XV puntata

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All’inizio degli anni ’90, le sollecitazioni della Banca d’Italia e dell’intero mondo bancario stimolano un’accelerazione nel processo di trasformazione della Cassa di risparmio in società per azioni, ai sensi della cosiddetta “legge Amato”, che propone il seguente schema:

1 – poiché gli enti pubblici, come le casse di risparmio, non hanno soci nel senso proprio del termine, ma l’as-semblea dei soci è solo un organo di indirizzo e di controllo della funzione e della gestione pubblica, è necessario individuare il soggetto o i soggetti ai quali intestare le azioni rappresentative del capitale delle nuove società per azioni;

2 – il problema viene risolto individuando nelle stesse Casse di risparmio, trasformate in fondazioni, tale soggetto, che pertanto rimane proprietario unico della banca s.p.a., nata invece dallo scorporo e dal conferimento in una nuova società dell’attività bancaria svolta fino ad allora dalla Cassa di risparmio;

3 – quindi formalmente è la Cassa di risparmio che continua, mantenendo le finalità di assistenza e di beneficenza svolte tradizionalmente, mentre nasce una nuova società per lo svolgimento dell’attività bancaria vera e propria;

4 – in realtà, come detto precedentemente, nella clientela e nel mondo che circonda la cassa, la sensazione e la percezione sono sostanzialmente opposte, in quanto è la banca che, al di là del nome identico o diverso assunto, sembra continuare l’attività della Cassa, mentre la fondazione viene percepita come un nuovo soggetto.

 

Il nome “Banca Carima”

Ma questi sono dettagli e invece c’è molto da lavorare per completare in tempi brevi il progetto e la segreteria è ovviamente in prima fila, sia come coordinamento interno del progetto sia come interlocutore necessario e privilegiato verso l’esterno, in primis verso l’organo di vigilanza. Si preparano i documenti necessari, compresi i testi dei nuovi statuti della banca e della fondazione: come d’abitudine, per non lavorare su testi “anonimi”, inserisco d’iniziativa il nome di Banca CARIMA SpA, sulla scorta delle molte indicazioni espresse anche in Consiglio di amministrazione sulla necessità che il nuovo soggetto bancario, non solo non sia, ma neppure appaia più un ente pubblico, ma adotti metodi di gestione propri delle aziende private. Il nuovo nome intende sottolineare questa trasformazione, sostituendo il termine cassa di risparmio con quello di banca, ma mantenendo il legame con la tradizione e le radici storiche con il termine CARIMA, che negli ultimi anni ha rappresentato una diffusa denominazione abbreviata della troppo complessa locuzione Cassa di risparmio della provincia di Macerata, ritenuta poco spendibile in ambito commerciale e pubblicitario. A lungo si discuterà in azienda se pronunciare CÀRIMA oppure CARÌMA, cioè sdrucciola o piana, ma alla fine prevale l’accentazione sdrucciola, forse sulla scia di CÀRIPLO, anziché quella piana più  normale e  giustificabile. Viene anche adottato un logo grafico, costituito da un fiore a cinque petali, proposto dall’avvocato Binni e riprodotto in una mattonella di ceramica toscana del XIV secolo, abbandonando lo stemma che, ai sensi del regolamento araldico, non può identificare un soggetto giuridico privato ed è quindi mantenuto dalla Fondazione, che conserva le caratteristiche pubbliche della trasformata Cassa di risparmio.

 

Il censimento delle proprietà

Un grossissimo lavoro viene svolto, in stretta collaborazione con la segreteria generale, dal notaio Antonio Cardarelli di Macerata, soprattutto per quanto riguarda il censimento di tutte le proprietà della Cassa di risparmio, al fine della loro nuova intestazione dell’ente proprietario. Lavoro improbo, perché le proprietà sono moltissime, tra filiali, appartamenti, annessi, pezzi di terra, opere d’arte, ecc. e molte sono ancora intestate al proprietario originario come la Cassa di risparmio di Camerino o di Recanati, senza che sia intervenuta la variazione in Cassa di risparmio della provincia di Macerata al momento della fusione provinciale del 1930. Inoltre bisogna definire quali proprietà restino alla Fondazione scorporante e quali siano conferite alla nuova banca, perché connesse all’attività bancaria vera e propria, che si va appunto a scorporare. In particolare, sono conservati dalla Fondazione il palazzo Galeotti, che ne sarà la sede per alcuni anni, e palazzo Ricci, con la collezione d’arte ivi contenuta e destinata ad arredamento del palazzo per 99 anni. Nella mia qualità assumo l’incarico di depositario della collezione d’arte per conto della Banca, che provvedo poi a consegnare… a me stesso (!) per conto della Fondazione, che non ha al momento dipendenti; la consegnerò poi a Luigi Vannucci, quando insieme con altri colleghi passerà alla Fondazione e si occuperà in particolare dell’attività artistica. A palazzo Galeotti sono conservati i quadri di Arnolfo Crucianelli, donati dal fratello Ghino, oltre le fotografie e i ritratti dei presidenti e i due quadri con gli stemmi della Cassa di risparmio, che per alcuni anni hanno decorato il mio ufficio: quello antico, metallico, ritrovato da Fernando Canullo nello spazio che circonda il muro perimetrale della sede maceratese dividendolo dal terreno circostante, fu fatto incorniciare come un quadro; l’altro, più moderno, fatto realizzare dal presidente Dante Cecchi al collega Giancarlo Corvatta, anche valente pittore, e usato per la pratica presso il consiglio nazionale araldico in occasione della richiesta di revisione dello stemma, con rifacimento del “picchio sorante” in un aspetto più naturale. Le lettere patenti, conservate presso la Fondazione, firmate da Sandro Pertini e da Silvio Berlusconi, piuttosto semplici in stile repubblicano, vanno così a sostituire quelle più arzigogolate e decorate precedenti in stile monarchico, firmate da Vittorio Emanuele III e da Benito Mussolini nel 1930.

1 maggio 2017

 

 

 

 

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