Victor Carlo Vitale, il prosecco e l’avventura

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Tanta agitazione per i musical e in pochi si ricordano da dove arrivino o, meglio, chi li ha “generati”, di chi siano figli. Chissà quanti di voi hanno sentito parlare di operetta, quanti sanno che si tratta di un genere musicale, nato nel 1856: “La vedova allegra”, “Il paese dei campanelli”, “Al cavallino bianco”, “My Fair Lady”… beh, allora intervisto un signore che di operette se ne intende, l’attore Victor Carlo Vitale. Ecco per voi la nostra chiacchierata.

 

Se tu fossi un supereroe, quale saresti e con quali poteri?

“Non ho visto Jeeg Robot ma due anni fa stavo a Napoli con mio nipote, appassionato di teatro e di cinema. Lui mi disse che intendeva creare un fumetto su un supereroe e, parlandone, la prima cosa che mi venne in mente è che i supereroi non esistono più! Sono morti tutti! Don Chisciotte non c’è mai stato! Probabilmente Cervantes si rivolterà nella tomba, ma così è. Un supereroe dovrebbe essere uno che ha vissuto una vita, che abbia un bagaglio, una cultura di vita tale da poter dire agli altri in che direzione andare o che direzione prendere per non farsi troppo del male. Perché è davvero difficile oggi e quindi probabilmente partirei dall’essere un supereroe molto povero, diciamo che se fossi un supereroe mi piacerebbe vestire i panni di Charlie Chaplin, che diventa un supereroe e fa del bene all’umanità, per riportarmi a quello che è un mito del cinema, del nostro mestiere, a cui si fa molto riferimento, quindi poverissimo, che ha dentro però una ricchezza straordinaria, in modo da poter regalare molto agli altri”.

 

Se tu avessi la macchina del tempo, dove andresti:  passato, presente o futuro?

“Nel passato, andrei sicuramente negli anni ‘’30, perché mi riporta a quello che probabilmente è stato il mio DNA e il mio collegamento con l’oggi, con quello che sono; a mia nonna, ai miei avi, a parte della famiglia di mio padre; persone che hanno tutte preso parte al mondo dello spettacolo. Mia nonna Enrichetta spesso e volentieri mi torna in mente, perché è il mio punto di riferimento. Per cui  vorrei vivere quell’epoca, perché, a mio avviso, è stata un periodo di creatività, di voglia di vivere il teatro, il cinema, e vivere appieno questo mestiere e per tante altre cose, per il bianco e nero, per l’abbigliamento… per tante cose! Per il futuro… non vorrei avere una grande visione del futuro, nel senso che mi piace molto vivere oggi, con un riporto a quello che è il mio passato, perché ho vissuto. Ho 50 anni ma tutti ‘pieni’, quindi quello che è il mio passato lo tengo come corazza, come bagaglio di esperienza e mi creo il domani, il mio futuro”.

 

Victor e l’avventura…

“Molto carina la domanda: è perfetta e mi rispecchia molto! Da quando ho scoperto che la vita è una cosa meravigliosa, l’avventura stessa è la vita. Pensarla in questo modo dà anche più energia la mattina, quando ci si alza, o quando si affrontano brutte giornate. Tutto è un’avventura! Essendo ‘terrone’, napoletano, quindi soffrendo anche la sindrome del fatalismo, per me l’avventura è veramente motivo di alzarsi la mattina, piede destro, piede sinistro e cominciare davvero l’avventura, di qualunque tipo sia. Con le donne ho avuto tanti problemi di questo tipo!”

 

Quale è il tuo drink preferito?

“Generalmente il mio drink preferito è il prosecco, perché adoro il vino ma di fronte all’inizio di una cosa, mi piace essere ‘bollicine’, un po’ frizzante, non mi piace il gasato, però adoro il vino, che riporta alla vita, alla vitalità e le bollicine sono una speranza di poter essere sempre brillanti, di aver voglia di comunicare positività, energia positiva”.

 

Cosa può fare Victor per salvare o per migliorare il mondo?

“Questo è stato il motivo per cui ho cominciato a fare l’attore. Ho iniziato a praticare questo mestiere, dicendo: o vado con Greenpeace, o con Medici senza frontiere, o con un’associazione simile. Ma dato che l’estro artistico c’era, e l’ho riconosciuto, mi sono detto: allora vado a fare questa missione, mi adopero perché penso e sono convinto che fare il mestiere dell’attore debba essere una missione. In questo periodo sto portando avanti l’operetta. Si tratta di favole in musica, con recitazione canti e balli. Quando torno in camerino, penso: caspita, oggi mi sono guadagnato quel pezzettino di gratificazione di vita! Ti racconto un aneddoto, era il 2004 e stavo a Figline Valdarno in tournée. Alla fine del mio spettacolo, c’era un gruppo di donne fuori dall’uscita ad aspettare, una mi venne incontro (ho ancora la sua faccia impressa nella memoria) e mi fece molti complimenti e poi disse: grazie, perché stasera mi ha fatto un grande regalo; tra un paio di mesi non credo di potere essere qui ancora in questo mondo… grazie! Ti ho raccontato l’aneddoto per ribadire la voglia di pensare che il mio mestiere sia davvero una missione, con l’idea di lasciare un pizzico di qualcosa, un ricordo nelle persone altrimenti si passa quasi inosservati, oggi è così veloce la vita! È già finito questo attimo, nel senso che non si ricorda più: è tutto così sfuggente… Invece quella che è la memoria storica nostra, culturale, degli incontri, delle persone, deve rimanere, per poterci arricchire, per poter dire di più”.

 

Così, Amici, cerchiamo di avere la possibilità di dire e fare di più. Nel frattempo in alto le flûtes e… alla prossima!

24 maggio 2017

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