Come nascono i modi di dire: “Perché si dice zuccone?”

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Quando si parla di zucche ci si riferisce a quelle, circa 120 varietà, che Cristoforo Colombo ha importato dall’America insieme con altri vari prodotti. Eppure in Italia, già da tempi antichissimi, ne parla Plinio nella sua opera: c’era infatti la “Lagenaria siceraria” la cucurbitacea, zucca appunto, che i nostri hanno da sempre coltivato e usato. Questa, avendo forma rotonda con un prolungamento sopra poteva, una volta vuotata, seccata e dotata di un foro rotondo chiuso da un tappo di legno, essere usata come borraccia per contenere acqua o vino. Le più grandi, tagliate alte, potevano diventare contenitori di vario tipo. Alcune, attraversate da un ramo che fungeva da manico, erano usate come innaffiatoio per dare acqua alle piante dell’orto. Naturalmente erano anche, dato il sapore della loro polpa, mangiate, sia crude che cotte in varie maniere. Era detta cozza o cucuzza e poi zucca da cui zuccone e, naturalmente, dal nome della cucurbitacea, è scaturito il popolare gioco del “cucuzzaro”. Dare dello zuccone, per dire a una persona di non essere di eccelso comprendonio, non è di oggi. Seneca, nella sua Apokolokintosis,contro l’imperatore Claudio, usò non solo zuccone ma anche i derivati cetriolo o cetrula, per dare del tontolone o citrullo allo zoppicante imperatore. Quindi la nostra “lagenaria siceraria”, o zucca europea, è stata utile non solo come alimento e come contenitore ma anche per dire il fatto suo a chi “in zucca” non aveva granché. Oggi, visto lo stato in cui è ridotta la nostra Italia, possiamo dire che, per vari anni, la più grande e costosa varietà di zucche è quella che abbiamo coltivato, purtroppo, con i nostri voti e le nostre tasse, a Montecitorio.       

Cesare Angeletti

12 giugno 2018

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