“Drammaturgia a scalare” con gli allievi del Minimo Teatro

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L’artista Mauro Mazziero, in una delle sue presenze al  Minimo Teatro di Maurizio Boldrini, ritrasse gli attori in scena mossi dall’aria della poesia e pose sul disegno il timbro del Minimo messo a rovescio. “Drammaturgia a scalare”, presentata domenica scorsa dalle classi della Scuola di Dizione Lettura e Recitazione e di Ingegneria Umanistica, rovescia le forme studiate della tradizione classica in tensioni e combinazioni attoriche che obbligano a un nuovo codice di scrittura testuale e teatrale.

 

“Base della prova”

Nella prima parte della serata “Base della prova” si inizia con il conforto della tipica timbrica del Minimo applicata a brani didattici. Trenta minuti in cui la poesia testuale è in equilibrio con la poesia dei corpi e delle voci di quattro bravissime allieve al primo anno di corso: Martina Del Bianco, Elisa Frascolla, Chiara Marresi, Francesca Pesaresi. Uno strano equilibrio in cui ci sono imprevedibili scarti di senso, procedimenti ritmici che superano quelli della danza e della musica, mandando alla deriva occhi e pensiero.

 

Piccoli allievi

Dopo 10 minuti di pausa, tocca al saggio di due ragazzini, i più piccoli allievi di Boldrini: Gianmarco Giorgi (12 anni) e Nicolò Marcattili (10 anni). Ci si aspetterebbe un po’ di accondiscendente tregua per gli ospiti spettatori, invece i due fanciulli passano con disinvoltura da Shakespeare, Leopardi, Palazzeschi, Montale, Pinter, Govoni a testi da loro stessi composti con un ritmo serratissimo e con l’estro da consumati attori sono capaci di mutare rapidamente dalle tecniche del comico all’umore della tenerezza struggente.

 

“Altezza dell’esempio”

A seguire il cuore della serata: “Altezza dell’esempio”, monologhi e dialoghi esemplari per la comprensione dello sviluppo delle forme drammatiche. In scena Valentina Lauducci con un “Riccardo III” straripante di colori espressivi e trascolorazioni; Lorenzo Vecchioni e Alessandro Corazza in una funambolica parodia di “Otello e Jago”; Lorenzo Tombesi in geometrica sospensione monologante con l’Ulisse dalla “Pentesilea” di Kleist; Serenella Marano con le allucinanti parole del “Manifesto futurista” di Marinetti che l’attrice ha liquidato alla fine con un solo gesto; Francesco Bernabei colpisce con la “Blusa del bell’imbusto” di Mayakovsky e subito dopo restituisce l’anima melanconica del poeta con la sua lettera d’addio; Maria Chiara Mannetta e Simona Branchesi cambiano totalmente rotta con un frammento da “La lezione” di Jonesco, pazza imprevedibile ed esilarante versione; Francesca Pesaresi in un frammento da “Il guardiano” di Pinter schizza a nervi il gergale dell’autore; Serenella Marano, Elisabetta Moriconi e Jennifer de Filippi, rispettivamente al microfono con “Petrolio” di Pasolini, “Robespierre” e “Advocata” di Giovanni Prosperi, trasportano il pubblico in una dimensione di commozione pura.

 

“Area della sensazione”

Ore 23.00, la serata è molto calda, alla temperatura si sommano i gradi dell’emozione, è qui che inizia “a scalare” il vertice dell’inaudito, del mai visto: “Area della sensazione”, che vede artefici gli stessi attori e attrici della parte precedente. Qui il racconto cessa, il Minimo Teatro fissa e combina etimi verbali e gestuali fuori da ogni pregressa logica drammaturgica, un’ora di perfetto vuoto trasfigurato dalla luce.

A cura di Patrizia Mancini

5 luglio 2018

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