A Treia presentato “Il sospiro di Medusa” di Morena Oro

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Un lumicino sulla condizione femminile è stato acceso il 18 novembre 2018, alle ore 18, nel Centro “Adesso Yoga” di  Treia, diretto da Barbara Rossetti. L’occasione di questa presa di coscienza è stata la presentazione del libro “Il sospiro di Medusa” della poetessa Morena Oro. Non si è trattato di un evento “tradizionale” bensì di una vera e propria vivificazione del testo in forma espressiva, con  recitazione, movimento, cambi di scena e d’abito.  Chiamarla “performance” è persino riduttivo poiché le trasformazioni continue hanno fatto pensare non alla esibizione di  una sola donna bensì a una  moltitudine.
La rivisitazione di Medusa, messa in scena da Morena Oro,  parte dal quotidiano di una personale esistenza al femminile, con tutte le sue ombre, speranze e segreti per congiungersi poi al  mito, come narrato da Ovidio, che fa da premessa a tutta la vicenda. 

La storia mitologica

La dea Athena  trasforma in mostro una delle tre Gorgoni, la bellissima Medusa, dalle dorate chiome, unica mortale tra le sue sorelle, perché officiando nel tempio  dedicato alla dea attira le attenzioni del dio  Poseidone che, attratto dalla sua grazia, non esita a possedere la giovinetta  lì sul posto. Athena offesa dal gesto impudico non se la prende però con il dio violentatore ma punisce l’innocente vittima dello stupro, trasformandola in quel demone che conosciamo, che mai più avrebbe potuto attirare o dare amore. 
Delitto e castigo all’inverso? Athena compie questo atto d’ingiustizia per invidia e gelosia di una donna contro un’altra donna? Sta di fatto che la bella Medusa viene trasformata in un essere spaventoso, oscuro e tetro come l’antro in cui sarà costretta a vivere,  trasformando in pietra chiunque avesse posato su di lei  il suo sguardo. 
Per impadronirsi di questo suo terribile potere infine il semidio Perseo con l’inganno uccide la disgraziata Medusa, le recide il capo ponendolo in una sacca magica e fugge alla vendetta delle Gorgoni salendo in groppa al cavallo alato Pegaso, nato dal sangue sgorgato dal corpo di Medusa morente. Perseo userà il potere  rimasto nella testa recisa di Medusa, inghirlandata di serpi velenose, per sconfiggere i suoi nemici ed infine conquistare i favori della dolce e remissiva Andromeda, altra faccia del femminile condiscendente.

L’attualità
Questa tragedia inquietante non appartiene solo alla mitologia di un lontano passato ma si riproduce anche oggi negli eventi quotidiani. Donne indifese, violate e rese oggetto di egoistico desiderio, strappate alla vita come fiori recisi dalla madre terra allo scopo di goderne l’effimero possesso. 
Donne soppresse psicologicamente e fisicamente dopo l’uso come succede a un  fiore appassito, divenuto “sporco”, non più tentatore ma rifiuto da gettare. Una cicca schiacciata con disprezzo dopo averne succhiato e bruciato la linfa, una linfa che però in questo caso è solo veleno. Godere del senso di possesso è una droga compulsiva che mai è in grado di saziare.

L’interpretazione di Morena Oro
E qui vediamo, nell’interpretazione di Morena Oro, che la donna oltraggiata si fa Kali, vendicatrice di Sati, lei che trasforma la vita in morte ma che dalla morte è in grado di riportare la vita. Ma è tutto in questa simbologia che si manifesta il “Sospiro di Medusa”? 
No, non c’è un apice e nemmeno un risultato di causa-effetto. Medusa rappresenta la donna nella sua interezza celata, nel suo mistero senza fine. Talvolta amata in lontananza, come Silvia, come Madonna o Dulcinea, oppure come serva che più non serve, consumata e poi resa sterile. Senza degnarla di uno sguardo di riconoscenza umana per il bene vissuto assieme, ma acido gettato in volto e  sordido odio di un cuore divenuto pietra.
È la storia di milioni, miliardi, di donne che si ripete come un riflesso condizionato, dovuto all’ignoranza. La vittima sacrificale si trasforma in carnefice e viceversa ma l’anima è la stessa…
E quello esalato da Morena Oro non è un semplice sospiro ma un urlo lancinante, inquietante, traboccante di amore negato eppure offerto. Un grido liberatorio che richiama alle proprie origini.
Fiat lux o ritorno alla tenebra, al vuoto primordiale?

Il verso
“Ora è l’acquietarsi –  esclama l’autrice in una delle sue poesie – Ora è l’acquietarsi di ogni richiamo a favore dello spietato ascolto del naturale fluire dei nitidi vasi comunicanti”. Così nella recita e nella vita improvvisamente tutto s’acquieta. ci si ferma davanti al tavolo delle buone vivande offerte da Silvana. È questa una quiete dopo la tempesta? Forse è la quiete che si percepisce prima, un attimo prima della deflagrazione. Non fa mistero di ciò Edi, mentre Barbara indica la via introspettiva come una soluzione al dramma dell’incomprensione, intanto Paola scruta e indovina mentre le altre donne presenti si aggirano silenziose.
Sarà questa la fine del mondo o l’inizio di un nuovo mondo? Sembrano così interrogarsi quei pochi maschi, spettatori sfortunati e benedetti, che si danno un tono attardandosi in convenevoli come nulla fosse accaduto. Di fronte all’insondabile En Sof. 
Paolo D’Arpini

19 novembre 2018

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