La mia dimora

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di Franca Petracci

 

Padre, perché ti affanni?

La mietitura,

l’ammasso,

e infine l’accoglienza nella casa

fatta della tua luce.

E’ troppo. Lascia stare.

A me va bene così.

Mi basta la penombra della lampada

la voce della pioggia

gli alberi…

E uno sguardo alla luna.

Mi basta una quartina di Khajjam.

Mi basta quella canzone di Dalla.

Amo il mistero dell’amore,

l’incontro di due mani

che premono e si tormentano

come a cercare l’anima.

Padre, perché t’affanni?

L’altro l’ho già trovato.

Io non cerco splendori impensabili.

Vorrei solo ancorare

la mia modesta fragile dimora

a un battito del cuore.

E quell’istante rendere infinito.

 

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