Francesco Facciolli

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di Fernando Pallocchini

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Ogni 4 anni si svolge a Montecarlo il “Mondial du théatre”, un festival mondiale del teatro amatoriale. I partecipanti devono presentare lavori che siano espressione della tradizione teatrale del proprio paese, oltre che rappresentazioni complesse dovendo esprimersi attraverso la parola, la mimica, il ballo, la musica, i colori e i costumi. Delle 74 associazioni nazionali solo 24, previa selezione, sono ammesse. L’Italia nel 2009, su centinaia di compagnie, ne selezionò 3 tra cui “Il teatro dei Picari” che, infine, approdò a Montecarlo tra le migliori 24 al mondo con lo spettacolo “Pulcinella” di Manlio Santanelli per la regia di Francesco Facciolli, che interpretava Pulcinella. Il successo dei Picari e di Facciolli fu grande. Tanto grande che Francesco è stato chiamato a tenere nella XV edizione del festival (dal 19 al 28 agosto 2013) un workshop sulla Commedia dell’Arte. I corsi saranno due, uno questo e l’altro su Mimo e Pantomima tenuto da Juraj Bencik del Cirque du Soleil. Grande, grandissimo onore dunque. Chi è Francesco Facciolli, napoletano adottato da Macerata 30 anni fa?

Lo abbiamo incontrato.

 

Ciao Francesco, figlio d’arte?

“Con un nonno che negli anni ’50 recitava con Edoardo De Filippo e Totò e un padre scultore e pittore la vena artistica non poteva mancare per cui nell’80 l’avventura cominciò in un piccolo gruppo di cabaret, eravamo in tre con Scilla (ndr: la sua futura compagna di vita) e Antea”.

 

Quando sei arrivato a Macerata?

“Sono giunto in questa bella parte d’Italia nel 1983, poi nel ‘90 rincontrai Scilla. Non eravamo più quei ragazzini che ne combinavano di tutti i colori, ma un uomo e una donna che si amavano per cui nel 1992 ci siamo sposati”.

 

Come si è manifestata la passione per il teatro?

“C’era un corso di teatro a Montecassiano, organizzato dal “Gruppo libero teatro”, al quale ci iscrivemmo. Dopo un anno l’insegnante smise e mi chiesero di continuare in sua vece. Poi c’è stato l’incontro con Sante Latini e, nel ‘95, l’ingresso nei Picari di cui assunsi la direzione artistica nel 1998. Il fatto più importante, la cosiddetta chiave di volta, fu quando andai al teatro Feronia di San Severino Marche e ‘inciampai’ nel copione di Pulcinella assistendo a uno spettacolo tagliato su misura per Massimo Ranieri.”

 

Come nasce l’approccio con la Commedia dell’Arte?

“Devo fare una premessa: prima del 2002 l’economia del gruppo teatrale era andata ko, con un passivo di circa 6 milioni di lire. Una situazione che ci spinse verso il riuso di scene e costumi, alla invenzione di uno spettacolo rapido ed economico e mi fece creare La ridiculosa historia de Pulcinella cornuto immaginario. Così scoppiò un vero, grande, amore!”

 

Cominciò subito l’avventura del Pulcinella?

“No, ero consapevole che non eravamo pronti ad affrontare un testo del genere per cui frequentammo dei corsi di formazione tenuti da Michele Monetta (mimo e commedia dell’Arte), Claudia Contin e Ferruccio Merisi (Commedia dell’Arte e improvvisazione). L’analisi comparativa della diversità tra la Commedia dell’Arte del nord (Contin) e del sud (Merisi) mi ha portato a elaborare una mia sintesi centrale, se così posso dire un po’ celiando”.

 

Cosa è la Commedia dell’Arte?

“E’ una forma teatrale che vive tra il ‘500 e il ‘700, non segue testi scritti ma un canovaccio, fa uscire il teatro dalle corti e dalle chiese per portarlo nelle piazze (quattro botti e poche assi di legno sopra a mo’ di palcoscenico), divenendo così un bene intangibile che viene riconosciuto economicamente… anche in natura!”

 

Che c’è nel futuro di Francesco Facciolli?

“Partendo dal socratico So di non sapere c’è una formazione continua, che avviene anche insegnando, infatti quando trasmetti agli altri ti si offre la migliore occasione per imparare. Non voglio essere un attore professionista ma vorrei vivere di teatro, attraverso la passione, con iniziative legate alla ricerca, cercando di ‘contagiare’ quante più persone possibile. Lo vedo quando teniamo corsi ai bambini, oggi troppo usi alla virtualità, che restano contagiati dalla verità dell’esperienza reale. Del resto questa passione, in famiglia, l’ho presa… per contagio!”

 

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