La campagna Agip in Kazakhstan

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di Giuliano Pietroni (terza puntata)

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Primi insediamenti e disavventure

Durante gli estenuanti incontri preliminari si riuscì a ottenere dal governo kazako che uomini Agip e Bg s’insediassero, ufficiosamente, negli uffici della società che gestiva il campo, per verificare il pozzo in blow out da mettere in sicurezza, comprendere la situazione logistica del campo. Il tutto finalizzato alla stesura del progetto e alla risoluzione dei problemi del futuro insediamento delle risorse umane previste. Il piccolo gruppo dei dipendenti Keeig dislocato ad Aksai dal 1993, in forma ufficiosa, senza visto di lavoro ma solo turistico, subì svariate disavventure e si trovò ad affrontare problemi insormontabili: dialogare con dirigenti kazaki che parlavano solo russo, senza interpreti inglesi; vivere in una zona priva di provviste alimentari per cui erano obbligati a rientrare ogni 28 giorni con le valige cariche di prodotti alimentari. Il rientro avveniva di notte via Hannover a Oremburg (Russia) con aerei charter della Kirghizistan Airlines privi di cinture di sicurezza sui sedili, con le ruote dei carrelli lise. Da Oremburg proseguivano per Aksai di notte, con auto a nolo, attraversando il confine russo senza interpreti, con valuta straniera e obbligo di dichiarazione in lingua russa. Aksai offriva nulla, era un deserto e i residenti per approvvigionarsi coltivavano nelle loro dacie i prodotti necessari alla sopravvivenza, prodotti vietati dalle direzioni Agip e Bg in quanto non sicuri a causa del suolo contaminato da esplosioni atomiche su alcuni pozzi del campo, che i russi volevano utilizzare come bacini di riserva per il gas estratto e non trasferito sulle tre linee di gas line. “I nostri uomini – racconta Pietroni – erano obbligati a recarsi a Oremburg per acquistare carne e verdure, diventando anche cuochi a turno. Al rientro a Reading vedevamo i loro volti stanchi e frustrati per quanto non potevano fare in loco”.

 

La vita ad Aksai

La città di Aksai si trova all’estremo occidente del Kazakhstan, in una zona arida e pianeggiante, con clima polare d’inverno e tropicale in estate. Il vento invernale soffia dalla Siberia con una potenza terribile, accumulando banchi enormi di neve ghiacciata e trasformando la zona in un deserto nevoso. Nella stagione fredda si toccano i – 35°, con strade impercorribili perché ghiacciate, mentre in estate si raggiungono i + 45°; le baracche erano caldissime sia in inverno che in estate in quanto prive di condizionatori. Aksai era stata costruita per gestire il Karachaganak, abitata principalmente da personale russo aveva alti edifici eretti dai cecoslovacchi durante il periodo russo. C’era il Municipio, un presidio ospedaliero, la stazione ferroviaria collegata con la rete Mosca-Almaty, scuole e asili ancora funzionanti ma la città cominciò a risentire della partenza dei russi, sia per la manutenzione delle strade, degli edifici che per la mancanza di economia vitale. L’area del mercato per i residenti kazaki non esisteva più, si trovavano solo tavolinetti ove alcune donne esponevano mele, semi di girasole, pesce essiccato e niente più.

continua

 

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