La storia di Macerata a piccole dosi, XXXII puntata

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Liberamente tratta da “Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche

di Adversi, Cecchi, Paci

 

Fine ‘700

 

Dopo la strage la punizione

Finite le stragi e il saccheggio il comando di Macerata fu preso dal Pontavice, si chiusero tutte le chiese, vennero incarcerati i fiancheggiatori degli insorgenti, i maceratesi subirono una pesante tassazione tanto che “in ogni abitante di Macerata si ravvisava lo squallore e la morte”. Furono condannati alla fucilazione molti forestieri e fu ucciso anche un maceratese, reo di essere disertore dalla Legione del Musone.

 

Francesi di nuovo cacciati

L’occupazione francese durò poco. Infatti già il 20 luglio gl’insorgenti guidati dal Vanni sconfiggevano le truppe del Pontavice presso Montolmo. Contemporaneamente i rivoltosi, comandati dal generale De La Hoz, attaccavano nel fermano e nel camerinese mettendo in serie difficoltà i francesi che dovettero sguarnire la città di Macerata, sulla quale si diressero immediatamente sia i militari del De La Hoz che gli uomini del Vanni, dello Sciabolone, dello Scatasta e del “Regnicolo”. Il 30 luglio i francesi abbandonarono la città e “andiedero con loro una quantità di persone: uomini, donne e andiedero in Ancona e terminò la Repubblica”.

 

La reggenza “Imperiale-Regia-Pontificia”

Mentre i francesi, alle otto di mattina, se ne andavano i maceratesi facevano altrettanto dirigendosi, per paura di un nuovo saccheggio, verso la campagna circostante. Alle ore 13 giunsero gl’insorgenti che accamparono le loro truppe a Santa Croce, a Fonte Scodella e nella villa degli Aurispa sul Potenza e ci fu il “cambio della guardia”, installando questi in città una “Imperiale-Regia-Pontificia reggenza della Marca di Fermo e Ancona”: insomma Macerata era di nuovo la “capitale” della Marca. Della reggenza facevano parte il Commissario imperiale-regio-civile De Cavallar, il Vegliatore alla polizia dello Stato pontificio Gianfrancesco Compagnoni-Marefoschi (nobile maceratese che assunse il titolo di Sopravvegliatore alla reggenza), il conte Eufemio Vinci da Fermo (presidente economico), il recanatese Carlo Galamini (presidente di polizia), e i reggenti conte Ignazio Paccaroni, conte Eugenio Savini, cavalier Annibale Parisani, Girolamo Possenti, conte Giuseppantonio Ciucci, conte Filippo Simonetti, Francesco Tesei, Pietro Santamariabella, cavalier Pierpaolo Neroni. La residenza fu fissata presso il convento dei Barnabiti.

 

Arriva Pio VII e si ripristina il governo pontificio

Il giorno 9 agosto giurarono i priori e fu nominato il Governatore; un mese dopo si ripristinavano la Rota e l’Università. A metà novembre i francesi furono cacciati da Ancona dagli austrorussi con il De Cavallar che rifiutò in questa impresa l’aiuto degli insorgenti dicendo “che si trattengano pacifici e quieti, nelle loro case”. Il 31 gennaio 1800 Macerata perse il titolo di “capitale” a favore di Ancona dove fu fissata la Cesarea-Regia Provvisoria Reggenza dello Stato. Nelle varie città venne costituito un governo provvisorio di tre membri che per Macerata furono Giuseppe Ercolani, Gregorio Ugolini e Antonio Romani. Di queste tre persone il Governatore Ubaldini lodò “la savia ed energica condotta tenuta per lo spazio di quattro mesi nelle più ardue circostanze”. Il 25 giugno, proveniente da Venezia, arrivava a Macerata il Papa Pio VII accolto con grandi festeggiamenti e il giorno stesso si proclamava il ripristino del Governo pontificio.

 

Cambia governo ma non cambia la musica

Il 9 luglio arrivava a Macerata il delegato apostolico Monsignor Giacomo-Carlo Borromeo il cui governo non fu facile in quanto diversi maceratesi auspicavano il ritorno dei francesi. Il Borromeo emanò un decreto di espulsione contro forestieri sediziosi ed esiliati mentre il Papa emanava un editto contro le conventicole e le voci sospette. C’era un clima di diffidenza e perfino nell’arruolamento di soldati per contrastare il contrabbando furono esclusi coloro che avevano servito nelle truppe regolari dopo il 1797. Il malcontento aumentò per la noncuranza del delegato apostolico Ciavoli succeduto al Borromeo, crebbe per le difficoltà annonarie in cui versava la cittadinanza, aggravate dalle requisizioni di grano ordinate dal comando austriaco della piazza di Ancona.

 

Bonaparte si riprende Ancona

Dopo la vittoria di Marengo il Bonaparte dette disposizioni affinché Ancona fosse consegnata alle sue forze (25 gennaio 1801) e il delegato apostolico ne dette notizia ai maceratesi pochi giorni dopo, proibendo di disturbare i soldati d’oltralpe in quanto il governo francese aveva dato assicurazioni che le truppe di passaggio e di stanza in Ancona non avrebbero arrecato mutamenti allo Stato. Questo però non impedì al generale Murat di requisire grano e cavalli o d’imporre una tassa sostitutiva alla requisizione. I Comuni, che non navigavano certo nell’oro, si dimostrarono renitenti per cui i francesi minacciarono di inviare truppe nei paesi morosi.

 

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