Imbarbarimento italiano

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di Raffaella D’Adderio

 imbarbarimento italiano

L’Italia non riesce a essere global, non è quasi mai trendy e non è più neanche glamour, perciò ha smesso di essere oggetto di sguardi da fuori confine. Le è rimasto di essere cafona, trash e omologata. Questo il risultato di un restyling coattivo dovuto alla recessione. Ciò che di questo fenomeno involutivo deve spaventare non è tanto e solo la restrittività economica (che pur pesa), ma la velocissima regressione che ha intaccato e pregiudicato fortemente l’aspetto culturale, sociale, politico del nostro paese e della popolazione in tutte le sue stratificazioni. Un imbarbarimento a tutto tondo che fa sempre più proseliti e funge da apripista a usi e costumi lontani dalla proverbiale eleganza e dal savoir faire italiani. Sopravvive un tessuto sociale in cui povertà, ignoranza, villania dettano lo stile inconfondibilmente sgradevole dell’Italia di oggi. Il bel Paese, un tempo culla dell’arte, della cultura, dell’artigianato doc e di lusso e guida di bon ton e stile, sta fermo a guardare il deterioramento delle proprie tradizioni culturali, diventando fanalino di coda dell’Europa e oggetto di scherno di altre nazioni che hanno saputo superare l’impasse della crisi. L’Italia sta facendo i conti col passato che ritorna, sta riattivando pensieri da regime e lasciando menti succubi di dispotismo. La crisi è una buona scusa per peggiorare le condizioni dei lavoratori, le richieste di diritti ineludibili e per far credere che spetti ai soliti pagarne il prezzo. Inoltre, si è tornati a un modus operandi ricattatorio e senza via d’uscita che blinda le intelligenze e impedisce pensieri più liberi e più assetati di conoscenza perché soggetti all’impellente bisogno di sopravvivenza. Da ultimo, ma è l’aspetto più preoccupante: l’assuefazione a irrispettosi scempi di tutto ciò che è cultura, al dilaniamento dei sentimenti umani, al “famo come ce pare” pagato da chi si illude che gliene stiano facendo concessione solo perché munito di accesso ai social network o alla carta di credito sempre in rosso. Nel vortice inarrestabile: il calpestìo dei diritti e l’azzannamento del prossimo come fosse il peggior nemico. E’, inoltre, sempre presente la convinzione che essere come tutti gli altri e pressapochisti come chi è al potere sia “fico”, lasci più libertà d’azione e rappresenti la cosa più vicina alla normalità.

 

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