Vergin di servo encomio…

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di Medardo Arduino

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(in foto, al centro, Medardo Arduino)

 

“Vergin di servo encomio…”, questo titolo l’ho già scritto perciò penso di poter rilanciare un appello alla correttezza del dibattito culturale che ha circondato le ultime “non” scoperte del Centro Studi San Claudio. La mia opinione scientifica l’avevo già avanzata in tempi non sospetti, recentemente ho da rimproverare ai “SanClaudisti” solo un esagerato amor di terra e di storia, forse anche un pizzico di sovrastima. Ho seguito in disparte il dibattito sulla stampa online, è sempre lecito esternare le proprie opinioni, lasciandole però nel campo delle opinioni, ovvero col modesto o nullo valore che queste hanno se non supportate da robusti e corretti riferimenti. Non condivido le espressioni di alcune critiche come questa, della quale allego lo scan (non mi interessa citare la fonte esatta, è solo un esempio e di infimo valore, ma utile, secondo me, a chiarire il mio pensiero a riguardo).

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In effetti detengo un brevetto di pilota civile, ma la licenza di volo è scaduta da moltissimo tempo, se fosse ancora valida potremmo volteggiare in squadriglia nei cieli della Francia Salica Picena. A parte l’inciso aviatorio, mi permetto segnalare quanto segue: per asserire, quantomeno nel mio caso, che si tratta di interpretazioni inesatte invito questo critico a spiegare quali, dove, come e perché le mie interpretazioni, per la verità effettivamente molto personali e metodologicamente rigorose, sono o lo possono essere. Le mie conclusioni, per il momento da nessuno contestate, sono pubblicate e quindi confrontabili, se non ci sono precisi e documentati riferimenti l’estensore della critica può tenere per sé le sue opinioni. Nel mio saggio sulla tumulazione del Carlone, ho copiato da testi sette-ottocenteschi i brani latini sui quali ho basato il mio confronto col monumento. Invito chi è interessato, al modico sforzo economico di leggere sul mio saggio cosa ho scritto e non solo le opinioni di chi forse non l’ha neppure letto. Per quanto riguarda ciò che “giornalisticamente” si scrive facendolo passare per pura storia, riporto alcune frasi dell’articolo su http://ilfattostorico.com/2014/02/26/le-ossa-nella-cattedrale-di-aquisgrana-sono-di-carlo-magno/. In questo articolo divulgativo ricco di immagini e in calce al quale si è svolto il dibattito che mi coinvolge come autore, mi permetto di riportare gli scan dello stesso, sottolineando parole e frasi che non sono l’esatto corrispondente dei testi degli autori antichi da cui tutti hanno attinto e che sono in pratica solo tre: Eginardo, Widukind e Ottone di Lomello. Mi sono permesso di sottolineare dove queste “interpretazioni” divergono, secondo me, dal significato della frase originale cui dovrebbero aderire. Invito gli interessati a farsi una personale opinione in materia, soprattutto sul fatto che dettagli inesatti generano poi false convinzioni. Il confronto deve essere fatto sulla stesura originale in latino e non sulle troppe “libere” traduzioni, ivi comprese, ma non è la prima volta che lo dico, anche alcune di don Giovanni. A cui però, lo ribadisco sempre, riconosco il merito di aver aperto uno spiraglio sulla incredibile vicenda della verità storica della “antica” Francia Salica Picena e di averlo tenuto aperto fino a tutt’oggi. Sulla famosa sepoltura l’articolo dice:

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Ho sottolineato le cose che le fonti originali non dicono. Non ci sono note documentali che il tugurio imperiale sia ancora originalmente intatto, quella di Ottone è la prima visita a noi nota… Nel testo del cugino di Ottone III non si fa alcun accenno alla cripta che è diventata ormai per tutti il luogo di sepoltura; la “visione” invece evoca altri aspetti che non le precise parole del testo originale. Lomello scrive della “cathedra” sulla quale la mummia era seduta e non c’è scritto trono e neppure marmo. Non c’è alcun accenno agli abiti imperiali ma solo ai guanti, i vangeli non sono nominati. In che modo si può stabilire che sono io in errore?

 

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Tale frase non ha riscontro preciso negli Annali Aquensi, la semplificazione della vicenda così come scritta nell’articolo introduce aspetti non descritti e in pratica inventati come la sepoltura sotto il pavimento della cattedrale. L’unico riferimento preciso alla ricomposizione dei resti è nella nota sul “sarcofago di marmo” (quello appartenuto all’Imperatore Augusto, che nulla può provare sia l’esemplare col ratto di Proserpina, anche perché un imperatore come Augustonnon fu certamente deposto in un sarcofaguccio, sempre che sia tale e non una vasca, così piccolo e anonimo anche se romano antico.

 

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Il ritrovamento “per divina rivelazione” dei resti del Carlone fatto da Federico I che molti dubbi sollevò addirittura quando avvenne, è ulteriormente compromesso dallo sparpagliamento delle reliquie. Nell’articolo sulle ossa attuali si assume però, e senza formule dubitative, che in uno dei due contenitori: il reliquiario di Federico II o la vasca di Federico I, ci siano davvero i resti dell’Imperatore, anche se nessuno lo ha in precedenza documentato e potrà mai più dire, soprattutto dire che le 90 e passa ossa siano tutte dello stesso scheletro senza i mezzi della moderna scienza (analisi del D.N.A), ma l’affaire delle ossa è spiegato non senza alcune contraddizioni… ma fatte in segreto…

 

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Sarcofago o reliquiario?, novantaquattro più quelle del reliquiario dorato?

 

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E questa da dove viene? Uno, nessuno o novantaquattro reperti? Nel 1988, o nel 2010? Bisogna ammettere che la cosa è perlomeno confusa, non si annunciano realtà sconvolgenti lavorando su un solo osso quando se ne hanno altre 93 a disposizione… a mio avviso. Mi ha colpito il fatto che nonostante l’enorme importanza del ritrovamento, nessun giornale tedesco a grande tiratura abbia, che io sappia, scritto una riga a riguardo. Il modo col quale sia i tedeschi sia i francesi sfruttano le memorie storiche poco mi importa. È l’atteggiamento di preconcetta chiusura di alcuni marchigiani che non capisco: le Marche sono un museo a cielo aperto di meraviglie architettoniche antiche oltre quanto madre natura ha disposto intorno a loro. Si chiamano beni culturali e il diritto associa a un bene un valore economico. Noi li abbiamo e li vogliamo negare, si contesta per annullare e non migliorare, vi offro perciò qualche esempio di come oltralpe ci si arrabatti a trovare pretesti di storia a fini turistico-alberghieri: esempi che i negatori della Francia Salica forse non vogliono vedere. Ecco Ponthion dove gli storici d’oltralpe vorrebbero la residenza di Pipino il breve: (in villa quae dicitur Pons Hugoni adducere iussit) Da ponthion.free.fr/fr_home.html

 

…En 754, eut lieu la rencontre de Pépin le Bref et du Pape Etienne II dans le palais de Pépin à Ponthion: 
cette rencontre fut un évènement fondateur de l’Europe Carolingienne.  Charlemagne, agé de 12 ans, fut envoyé par son père à la rencontre du pape pour l’escorter jusqu’à Ponthion lors de cette célèbre entrevue le  6 janvier 754. Ponthion fut aussi le lieu de séjour de femmes illustres: Brunehaut à l’époque mérovingienne, et Berthe au grand pied, mère de Charlemagne. Que reste-t-il de ces présences illustres à Ponthion, petit village blotti au bord de la Saulx, en Champagne?

 

 

Ecco cosa resta…

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Cet endroit dégage une atmsphère tout à fait romantique, car rien ne laisse supposer qu’il fut un lieu de première importance, voici plus de 1000 ans. Aucun reste tangible, aucun signe hormis une pancarte plantée en bordure d’un champ (Niente c’è all’infuori di un cartello piantato sul bordo di un campo…). Questo lo scrivono loro… almeno ci fosse stato un pancake o un pain d’èpices per un veloce spuntino, solo un “pancarte”. E questo è tutto quello che si può dire di un luogo che avrebbe ospitato la residenza del leggendario Re: non c’è nulla; ma non importa: una società locale si interessa di aumentare la visibilità di questo luogo senza alcuna traccia di storia, salvo, come dice Eco, …il nome. Certo mettere a Ponthion il pons Ugonis o Ponticonis è altrettanto azzardato che metterlo a S.Angelo in Pontano, non bastano tre lettere per localizzare un sito: Pipino era un ricco possidente terriero in quanto erede di Carlo, il più ricco o quasi dei Franchi come scrive Eginardo, perciò ci dobbiamo aspettare di trovare un palazzo privato contornato da orti, stalle, vigneti e frutteti, il palazzo è magari ottenuto “ristrutturando” una domus patrizia romana. S.Angelo in Pontano al tempo di Pipino era molto probabilmente un sito inospitale buono al massimo per un chiuso per pecore, troppo scomodo per un Maggior Signore che si avvia a divenire Re. Il vero sito lo si deve cercare con serie prospezioni e una attenta analisi dei documenti. Ho già scritto della cappella palatina Bismarckiana di Aachen, segnalando solo quello che semplicemente sul web tutti possono verificare: una splendida e ricca ricostruzione che niente o quasi ha a che vedere con l’eventuale costruzione d’età carolingia, quella che nessuno è più in grado di riconoscere se mai fosse esistita: altrimenti i migliori e più seri archeologi del mondo: i tedeschi (che hanno scavato e scavano in tutto il mondo con grande competenza e perizia), l’avrebbero già trovata. Resta il fatto che è un sito visitato da turisti di tutto il mondo e… scusate se è poco. Last but nost least: a proposito di “Per me è partita chiusa” mi pare lo disse anche il prelato che rifiutò di guardare nel cannocchiale di Galileo. Fleming invece non buttò la coltura microbica ammuffita, ma ci mise un occhio… amen.

 

Nota del Direttore

Come va il mondo… dove niente hanno s’inventano di tutto e di più pur di incrementare il turismo che porta ricchezza, realizzando perfino falsi storici clamorosi; qui che tutto abbiamo di un’epoca tanto importante come quella carolingia… troviamo cripte del 700 con i cartelli segnaletici che, invece, indicano XII secolo! E se qualcuno si mette a indagare per rimettere in ordine la storia, a tutto vantaggio del nostro territorio, viene deriso, contrastato e criticato. Così sia! ma non ci sta mica tanto bene…

 

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