Il rosso fiore della violenza XXVII puntata

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M., 20 dicembre 1972

Mario, Amore mio unico, tra pochi giorni è Natale e per me sarà il primo Natale triste: il non saperti tra noi e il non vederti spegne ogni mio entusiasmo. Il paese è pieno di luci e di colori, di brusio e di voglia di cantare: la magia di questa festa si ripete inevitabilmente ogni anno, eppure sono convinta che mai come in questi giorni il prossimo dimentica il suo prossimo; ognuno pensa a se stesso e alla stretta cerchia della propria famiglia, disinteressandosi completamente del resto del mondo. Se un sacerdote nella sua omelia natalizia accenna alle sofferenze del mondo tutti piangono commossi, ma appena escono dalla chiesa ognuno corre indaffarato per i negozi a fare acquisti, dimentico di tutto e di tutti. Forse anch’io mi sarei comportata ugualmente se ti avessi avuto vicino, perché il mio cuore, pieno di gioia, allora avrebbe pensato solo a noi. Sono persuasa che anche il tuo sarà un Natale triste perché forse ci contavi troppo su quel permesso che il tuo Colonnello ti aveva promesso: ma non disperare, il nostro incontro sarà tanto più bello e tanto più sentito quanto più lunga sarà stata la nostra separazione! Tuo padre sta bene e anch’egli sente molto la tua mancanza, ma tace perché non vuole la comprensione degli altri. È testardo come un mulo! Sono convinta che mi voglia molto bene, ma in quanto a dimostrarlo non se ne parla. Mi fissa con i suoi occhi penetranti che ti scendono fin dentro l’anima e ti rubano i pensieri nel più perfetto silenzio. Mi viene da ridere pensando che l’unica cosa che scioglierebbe la sua lingua sarebbe la perdita della sua dannata pipaccia con la quale sembra farci l’amore. A volte ho la tentazione di rubargliela, mentre sonnecchia, e poi di costringerlo a pagarmi un riscatto di baci e di carezze. Perdonami, Amore mio, capisco che oggi sono acida come una vecchia zitella, ma mi sento sola anche in mezzo a questa tribù selvaggia che è la mia famiglia: litigo con tutti e strapazzo i bimbi di casa. Eppure anche questo Natale passerà come tutti gli altri e tutto ritornerà piatto e ripetitivo come sempre. Il tempo fa fatica a girare la ruota dei giorni per chi ha il cuore pieno di malinconia. Riguardati Amore mio, e pensami intensamente come io ti penso. 

Ti bacio con trasporto, la tua piccola Carmela.

N., 15 febbraio 1973

Papà Caro, i mesi trascorrono lentamente e il nuovo mondo in cui vivo prende forma e sostanza: la vita comunitaria e la disciplina di caserma lentamente ti entrano nel sangue e il pregresso libero ragionamento della mente viene imbrigliato da una rete di condizionamenti che ti fanno accettare il rapporto gerarchico, l’autorità dei superiori e l’obbligo del saluto. Ho la percezione d’uno che passa volontariamente dal privilegio di uomo libero, ma disoccupato, a quello di uomo condizionato, ma libero dai bisogni. Il soldo che percepisco ha ora un valore diverso da quello che aveva quando ero costretto a chiederlo a te. Non che mi serva molto. Le mie necessità sono scarse, anzi ho preso la decisione d’inviartene una parte come saldo di quello che ti devo. Non offenderti ti prego perché sono orgoglioso di farlo. Come stai in salute? Io spero bene per te, per quanto riguarda la mia non sono mai stato meglio: gli esercizi ginnici, le marce, la vita all’aria aperta hanno irrobustito il mio corpo e hanno reso scattanti i miei riflessi. L’Istruttore sa fare bene il suo mestiere, riuscendo a trasformare il più flaccido di noi in un perfetto atleta. Mi sorge tuttavia il sospetto che tutto questo lavoro al corpo abbia lo scopo, neanche tanto nascosto, di non farci usare molto il cervello. Mi sento colpevole di averti lasciato solo  e non me lo perdonerò mai, ma tu lo sai bene perché l’ho fatto. Spero con tutto il cuore di venire a trovarti per trascorrere così qualche giorno insieme, ma non so quando. Mi raccomando papà qualsiasi cosa ti necessita, fammelo sapere e io cercherò di accontentarti. Carmela mi scrive di te quasi tutti i giorni e mi tranquillizza sulla tua salute e sul tuo umore. So che i compaesani ti rispettano e ti vogliono bene e questo per un figlio è la prova di quanto giusto e buono sia il suo papà: sono orgoglioso di te e non ti cambierei mai, neanche con il più ricco e il più importante degli uomini. Tu mi hai insegnato cosa sia la dignità umana e quanto essa valga e vada difesa in ogni circostanza. Stanne certo che io non ti deluderò mai. Riguardati e cerca di continuare a volermi bene come te ne voglio io. Un abbraccio affettuoso e un arrivederci a presto.

Tuo affezionatissimo Mario.                        

continua

03 ottobre 2016

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