Sulla Chiesa di S. Claudio si hanno documenti scritti dall’XI sec. Nel 1212 i Maceratesi l’assalirono distruggendone il tetto (allora a terrazza e poi ricostruito con capriate e 4 spioventi) e gli altri edifici circostanti. La Pieve di San Claudio aveva e ha estese proprietà terriere e solo per questo dal 1600-1700 si iniziò a chiamarla “Abbazia”, di cui era parroco lo stesso Arcivescovo di Fermo. Esternamente è formata da due corpi identici sovrapposti; la facciata è stretta tra due torri ornate da bifore (bifore che risalgono alla ristrutturazione del 1926, mentre in origine si potevano ammirare delle monofore). Le torri, alte 16 metri e del diametro di 4,5 metri, sono uniche nelle Marche e simboleggiano i due poteri: imperiale e spirituale. Tutta la Chiesa è costruita in mattoni, su cui spicca il portale in marmo bianco della parte superiore.
La Chiesa al piano inferiore, come in quello superiore, è a pianta quadrata con croce greca inscritta. Quattro pilastri dividono lo spazio in nove campate; gli archi sono a tutto sesto e le volte a crociera. Sullo sfondo si possono osservare tre absidi e altre due nelle pareti laterali che, nell’insieme, con le torri della quarta parete, oltre ad abbellirla la rendono più adatta a sopportare i terremoti. Nel catino absidale centrale della Chiesa inferiore si notano due affreschi del 1486 di pittore anonimo, raffiguranti a destra San Claudio e a sinistra San Rocco.
Dall’alto in basso: piantina Germigny Des Prés; piantina San Claudio al Chienti; piantina Aachen.
Due scale a chiocciola, all’interno delle torri, e una terza importante scala esterna collegano i due piani. Non conoscendo la data di costruzione di questa enigmatica e unica Chiesa, gli studiosi ne hanno ipotizzato l’edificazione tra il VI sec. (tesi di G. Rossi) e l’XI sec. (tesi di F.Mariano[1]).Quest’ultimo, nel capitolo “Le Chiese d’influsso deuterobizantino”, l’ha inserita fuori dallo stile romanico, insieme con altre quattro strutture: Germigny-des-Près (Francia), Santa Maria delle Moje (An), Santa Croce dei Conti (An), San Vittore alle Chiuse (An). Il Mariano le pone tutte tra le chiese di origine bizantina e le classifica anche come modello di quella carolingia di Aquisgrana del 792. “Il modello planimetrico delle quattro chiese marchigiane risulta quindi dalla contaminazione fra la pianta bizantina e quella greca quadrilobata (IX sec.)”. Si segnala, forse, così il primo stile deuterobizantino, in Europa, nell’oratorio carolingio di Germigny-des-Près sulla Loira (806). Il professore di storia dell’arte Giovanni Carnevale, ribaltando la storia ufficiale dell’alto Medioevo, la pone nell’VIII sec. e dal 1992 afferma che la chiesa di San Claudio è la vera basilica di Santa Maria Mater Domini di Aquisgrana. Per primo individua un elemento di straordinario interesse in una lettera che Theodulf ha inviato a Carlo Magno e che è riconosciuta come autentica da tutti gli storici: il colto ecclesiastico e Vescovo di Orleans afferma di aver fatto costruire nella sua diocesi, a Germigny-des-Près, una chiesa identica a quella di Aquisgrana. A dimostrazione si confrontino la piantina di San Claudio, di Germigny-des-Près, di Aachen in Germania (considerata dai tedeschi la capitale carolingia ma do-ve si vede solo un edificio del XII sec. eretto su terreno vergine) con le fotografie dell’interno delle tre chiese.
Dall’alto in basso: interno Germigny Des Prés; interno San Claudio al Chienti; interno Aachen.
Come si può facilmente osservare nelle piantine la chiesa del maceratese è quadrata con cinque absidi come quella francese, mentre la chiesa tedesca è praticamente rotonda e senza absidi. Per quanto riguarda gli interni delle tre chiese prese in esame, sono da notare, nelle fotografie pubblicate qui accanto, i quattro pilastri centrali della chiesa di San Claudio che sono uguali a quelli di Germigny-des-Près, pilastri che ad Aachen non ci sono affatto. L’Imperatore Ottone III, morto nel 1002 e seppellito davanti all’altare della chiesa di Aquisgrana, è stato ritrovato durante i lavori di ristrutturazione del 1924-1926 nella chiesa di San Claudio nel posto precisamente indicato, con una spada al suo fianco e lunghi capelli giallo-rossicci, come gli abitanti del posto hanno potuto vedere e testimoniare. Lo studioso ha anche evidenziato che, a esempio, soltanto in un clima mediterraneo si possono coltiva-re i prodotti descritti nel noto “Capitulare de Villis”. Lo stesso vino cotto è prodotto solo nelle nostre zone: Alcuino, intellettuale della rinascenza carolingia, parla della “Cappella tra i vigneti” ma le viti non crescevano nella zona di Aachen durante la piccola glaciazione del V-IX secolo.
22 ottobre 2016