Ricordi semi-seri di un vacanziere maceratese anni ‘60

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Agli inizi degli anni ’60 i ternani e i folignati inaugurarono, nessuno ha mai capito perché, una moda: l’incartamento delle gomme delle macchine! Appena arrivati, scaricata l’auto, correvano a trovare degli scatoloni che, aperti, erano messi con grande cura a protezione delle quattro ruote della vettura. Era normale vedere, nei nostri paesi di villeggiatura, tutte le auto con targa umbra avere lo stesso trattamento. La cosa è durata fino a qualche anno fa. Dopo la sistemazione a casa c’era per i bambini il rito della… purga. Sì, perché i medici affermavano che il cambiamento di clima poteva creare difficoltà a livello intestinale e quindi era buona norma ripulire l’apparato digerente. Sale inglese o olio di ricino e primo giorno, anziché al mare… al cesso! Sulla spiaggia c’erano gli “orari canonici”. Si arrivava tutti alle 8,00 per non perdere ore di sole e alle 8,15 cominciava, sotto tutti gli ombrelloni, la prima litania: “Mamma, posso fare il bagno?” E la risposta era sempre la stessa: “No, perché hai fatto colazione e devi digerire!” La richiesta (sempre più pressante) e la risposta (sempre più scocciata) si rinnovavano ogni 5 minuti finché alle 9,00 le madri, sull’orlo di una crisi di nervoso, davano il “via libera” ai bambini che sciamavano verso l’acqua. Verso le 9,45 era l’ora delle signorine che entravano in acqua a passettini, bagnandosi con grazia la pancia,le braccia e le spalle. Ciò invitava i giovanotti a tuffarsi loro vicino per schizzarle tutte. E qui avveniva, nel 95% dei casi, una simpatica scenetta. Il ragazzo attirava l’attenzione della fanciulla, si lanciava in una corsa pazza e, dopo un “volo sconsiderato” andava a “panciare” violentemente contro l’acqua. Si rialzavano contratti dal dolore mentre una smorfia-sorriso si stampava sul loro volto a dire: “Visto che tuffo?” Tutto restava calmo fino alle 10,30. Le spiagge di allora non avevano attrezzature igieniche né bagni quindi, a quella ora, iniziava la processione delle persone più anziane che si alzavano da sotto l’ombrellone, entravano in acqua, si immergevano fino alla vita, si bagnavano gambe e braccia con espressione beata e beota. Poi si davano una scrollatina… avevano fatto… e potevano stare tranquilli almeno fino all’ora di pranzo con la vescica svuotata! Ed ecco un’altra cerimonia. Essendo le spiagge prive di casotto per cambiarsi ci si toglieva il costume cingendosi in vita con un asciugamano. Per i giovanotti l’operazione era semplice e veloce; ai bambini pensavano le madri che, poi, intervenivano per le signorine in quanto si temeva che cadesse il telo di spugna creando scandalo. Allora le “tutelatrici dell’intimità” con un enorme telo si mettevano in cerchio e consentivano alle leggiadre miss di cambiarsi il costume senza correre nel rischio di cadute… osè. La tintarella era d’obbligo per far schiattare d’invidia coloro che erano rimasti a casa, in città. L’esposizione al sole era favorita dall’uso di una “crema solare casereccia” e di grande efficacia: 2 cucchiai di olio di oliva e uno di acqua erano emulsionati sbattendoli con due forchette in un piatto. Questo prodotto veniva profumato, a volte, con due gocce di acqua di colonia ed era a costo zero. L’acquisizione della tintarella veniva facilitata dal fatto che, in genere, non c’erano tutte le comodità per lavarsi, quindi la pulizia personale era fatta in modo sommario e fugace. Ho conservato nella mente la frase che diceva un fratello di mia madre quando ci raccontava della sua villeggiatura e concludeva: “…poi siamo tornati a casa, ci siamo fatti un bel bagno e buona parte della tintarella è rimasta in fondo alla vasca!”

21 novembre 2016

 

 

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