Il rosso fiore della violenza XXX puntata

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Il Commissario Sirtori accompagnò il Questore nel suo ufficio: “Sono cani arrabbiati, ecco cosa sono, sempre a caccia di un osso da spolpare e,se lo trovano, non lo mollano nemmeno a fucilate” – “Fanno il loro mestiere” rispose il Commissario. “Io, Alberico, proprio non ti capisco! Sei sempre pronto a giustificare tutto e tutti. Non so mai dove cavolo ti trovi, se dalla nostra parte o da quella opposta. Non perdi mai le staffe, sempre freddo come un ghiacciolo!” – “Le staffe le perdo anch’io, solo che sto at-tento a non perderle con chi ci può nuocere e la stampa lo può fare. D’altronde, non è stato proprio lei a consigliarmi di temerla?” – “Maledetta la Stampa! sempre tra i piedi a rompere le scatole, come se non avessimo abbastanza guai a cui far fronte. Ecco questi sono i pregi della cosiddetta democrazia..!” E stava per lanciarsi in una filippica sui bei tempi andati, quando ognuno doveva stare al suo posto, a bocca chiusa e per giunta sull’attenti, ma si trattenne appena in tempo. “Figlio di puttana – pensò il Commissario, e avrebbe voluto dirglielo a voce spiegata – non t’è bastato uscire indenne dalle purghe del dopoguerra. Oggi tu sei anche un privilegiato che ci mangia nel piatto della democrazia e, per riconoscenza, ci sputi sopra!” – “Sirtori, mi raccomando, organizziamoci bene per questa manifestazione sindacale, non vorrei che quel giornalista fosse anche uno iettatore. Veramente carina quella biondona, non ti pare Alberico?” – “Non solo è carina, ma è anche intelligente” rispose per accontentarlo. “Utilizza gli allievi sottufficiali per il servizio d’ordine, vedremo come reagiranno alla loro prima prova del fuoco” – “Se mi posso permettere, signor Questore, io consiglierei d’usare più prudenza con loro. Sono inesperti e non sappiamo come reagiranno se ci sarà qualche complicazione!” – “Motivo di più per saperlo! C’è sempre una prima volta per tutti e per tutto! Non avere di questi scrupoli: io sono stato mandato sul fronte greco dalla sera alla mattina e mica mi sono permesso di andare a protestare con il colonnello comandante. Benedetto Alberico, ho l’impressione che tu abbia sbagliato mestiere, frate ti dovevi fare, frate, frate…” e scoppiò in una risata assordante. “Vai in culo! Se scoppia una grana, saranno cazzi tuoi!” pensò il Commissario. “Vai, vai, Alberico e scusami, stavo solo scherzando” – “Le pare, signor Questore, sempre ai suoi ordini!” Il dottor Sirtori salutò e uscì in cerca d’aria pura e di spazi liberi. E si recò fuori città per raggiungere in cima a una collina una vecchia locanda dove si cucinava all’antica. La buona cucina e gli ottimi vini erano le sue uniche debolezze. Aveva fatto amicizia con l’oste, un’anziana e brava persona cui piaceva tanto parlare dei bei tempi andati. Il Commissario era un buon ascoltatore, specie se aveva davanti a sé un buon piatto di fettuccine. “Commissario, oggi lei non è del suo solito umore, vero?” – “Purtroppo no!” – “A causa degli attentati?” – “E degli attentatori” rispose lui laconicamente. “Ho capito, oggi lei vuol essere lasciato in pace” – “Ho bisogno di pensare”. L’oste si allontanò per mettersi a sfaccendare attorno al girarrosto che rosolava polli e conigli. Il Commissario si abbandonò ai suoi pensieri e, riandando indietro nel tempo quando bambino andava a trascorrere le feste natalizie in campagna dai suoi nonni, trascorreva giornate intere davanti a un vasto camino, ascoltando la nonna che gli narrava tante storielle, mentre friggeva dolci natalizi. Egli, poi, nell’arco di pochi anni, perse tutti i suoi parenti più stretti a causa dei bombardamenti degli aerei alleati che radevano al suolo tanto gli obbiettivi militari quanto intere città, falciando vite umane innocenti. A dieci anni fu messo in collegio dal tutore e vi rimase fino a diciotto, quando si arruolò nella Polizia facendo una brillante carriera. Non si era mai voluto sposare perché, affermava, non essere la vita d’un poliziotto condivisibile con le necessità e gli impegni d’una vera famiglia: la solitudine lo aveva reso solo e malinconico. Egli spesso pensava ai poveri genitori dei terroristi: tutte brave persone, laboriose e dedite all’educazione della prole. Più di tutti gli faceva pena il povero avvocato Barilatti il quale non voleva arrendersi all’idea che sua figlia fosse davvero una terrorista. Quel padre amareggiato, dimesso dall’ospedale, viveva relegato su una poltrona e volontariamente isolato per la vergogna e per il dolore.                                   

continua

02 gennaio 2017

 

 

 

 

 

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