Tanti amici riuniti intorno ai versi di Remo Pagnanelli

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Il Convegno su Remo Pagnanelli ha trascinato il cuore di Macerata: tutto esaurito alla sala della biblioteca Castiglioni di Macerata, per ricordare questa volta l’opera in versi di Remo Pagnanelli. 

Un pienone, davvero una sala affollata, con persone in piedi ai lati, al fondo della sala, e nel retro sala. Interessanti ed emozionanti le fotografie, che la sorella di Remo, Sabina, ha proiettato insieme con la lettura commovente, davvero commovente, fatta da Remo stesso e relativa ad alcuni frammenti, tra l’altro, dedicati ad amici. E di amici ce ne erano molti nella sala l’altra sera, volti che dopo 30 anni si riconoscevano in quelle foto, amici del liceo, amici dello sport, insomma un “animus” realizzato grazie anche alla perfetta lettura di Piero Piccioni e di Fulvia Zampa. Ha coordinato l’incontro Guido Garufi, sodale e amico intimo di Remo. Tanti gli interventi: quello di Enrico Capodaglio ha perlustrato la poetica di Pagnanelli attraverso l’analisi di un testo, davvero folto di difficoltà interpretative. Eppure ne è risultata la figura di uno scriba capace di usare la lingua poetica decentrandola su fonti inedite, persino veterotestamentarie. Il doppio registro usato dall’autore mostra anche indirettamente quanto Pagnanelli avesse a cuore le fonti letterarie esterne al suo testo, ma soprattutto la sua capacità di coinvolgere il tutto in un unicum e di dare alla poesia stessa il senso dell’inno e del canto. Guido Garufi si è, poi, soffermato su un testo apparentemente semplice e dal titolo allusivo Quasi un consuntivo, ipotizzando che Remo avesse scelto fin dagli esordi la proposta per una poesia più vicina alla prosa e alla narrazione e quindi più inclusiva del mondo e della storia. Intrigante l’intervento dello psicologo e psichiatra Piero Feliciotti, tra l’altro amico di Remo, che ha voluto affrontare un tema piuttosto sensibile, quello della morte. Feliciotti è riuscito a produrre una tesi certamente condivisibile: Remo, a suo dire, affronta la lingua della poesia dando a questa non una funzione unicamente estetica, ma soprattutto etica, Remo è un combattente che crede nella lingua della poesia, di una poesia che è così alta tanto da non diventare merce. La testimonianza di Umberto Piersanti si è basata quasi unicamente sul tema dell’io lirico che serpeggia e che ondeggia in tutte le raccolte, approfondendo in particolar modo il rapporto tra Remo e la natura. Filippo Davoli ha parlato della sua amicizia, della differenza di età tra i due, quasi 10 anni, ripercorrendo all’indietro i contatti, le interviste, le discussioni di quella metà degli anni 80. Alessandro Seri ha, infine, messo in luce come la nuova generazione poetica marchigiana abbia avuto in Remo un punto di riferimento e  in questo senso ha parlato di una distanza “fertile” tra le diverse generazioni –  pur sottolineando la grande differenza tra i tempi in cui viviamo e quelli di Pagnanelli connotati da una ricca produzione letteraria – e auspicando quasi leopardianamente il ritorno a una amicizia e comunicazione più globale, transegenerazionale, più viva e reale, in cui sia possibile “dialogare” tra poeti di differenti generazioni. Intense ed emozionanti le letture fatte da Piero Piccioni  e Fulvia Zampa. Insomma non si era mai vista tanta gente, così attenta e così presa dalle parole e da quei versi che ancora ci sono dentro, da quelle simbologie “adriatiche e fluviali” , da quel mondo di divinità in incognito che hanno fatto di Remo Pagnanelli indubbiamente un autore di riferimento nel nostro secondo Novecento.

20 febbraio 2018

 

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