Il mare Adriatico avvicina i popoli da quattro millenni

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Premessa – Nei vari corsi di studi, i docenti hanno sempre cercato di inculcare verità assolute, supportati dai testi inseriti nell’elenco stilato dall’istituto scolastico. Nella mia vita professionale e nel nuovo interesse per la storia, prima di credere alle verità imposte, ho cercato di approfondire gli argomenti, senza preconcetti e senza portare “il cervello all’ammasso” (questo è un modo di dire dei nostri contadini che, “ammassato” il grano nel deposito consortile senza prezzo convenuto, spessissimo subivano spiacevoli sorprese; il pagamento avveniva dopo la vendita, alla quale nessuno assisteva… basta ricordare lo scandalo dei Consorzi Agrari).

 

Fonti dai testi antichi

Non mi ha mai convinto la prosopopea di Roma madre di ogni civiltà e del diritto. Con pazienza mi sono dato alla ricerca di fonti, acquistando e consultando vari volumi, preferibilmente antichi, compreso “Le Antichità Romane”, di Dionigi di Alicarnasso (nato nel 100 circa a C), volgarizzate dall’Ab. Marco Mastrofini (edito a Milano 1823). L’abbiamo citato a lungo ne “La rucola n° 235” in “I primi popoli italiani”.

                                              

Punti da prendere in cosiderazione

 1 – Pelasgi (Πελασγο) Secondo gli antichi, i Pelasgi erano un popolo di navigatori e guerrieri vissuti in Grecia in un periodo anteriore alle immigrazioni elleniche, poi anche in Asia Minore, Creta, Sicilia, Etruria, Italia meridionale, ecc. (da Istituto Treccani);

2 – Dionigi di Alicarnasso narra che l’oracolo di Dodona convinse i Pelasgi, afflitti da scarse risorse alimentari, a trasferirsi in Saturnia (Italia centrale). Filisto di Siracusa (Siracusa, 430 – 356 a.C.) data questa emigrazione  80 anni prima della guerra di Troja (1250 a. C.?).

Nota – Dodona, antichissimo polo religioso dei popoli pre-ellenici, nel centro dell’Epiro presso Giannina. Era considerata la sede del più antico oracolo della Grecia, prima di Delfi. L’oracolo era scritto su lamine di piombo, alcune sono visibili nel museo di Atene.

3 – le navi dei Pelasgi, per il vento da mezzogiorno o per imperizia, approdano sulle foci sud del Po.

 

Adriatico via di comunicazione

Noi, popolo evolutissimo, abbiamo la certezza che nei millenni prima di Roma, vivessero solo genti senza ingegno, esperienza, fantasia e senza la voglia di conoscere il mondo in cui abitavano. Sarebbe opportuno avere un po’ più di dubbi, un po’ di modestia e di buon senso. Il globo girava anche prima di Roma e continuerà a girare anche senza di noi, come pure le correnti superficiali dell’Adriatico, che giravano con modalità assimilabili alle attuali. Per comprendere il passo di Dionigi di Alicarnasso abbiamo ripreso in considerazione le correnti adriatiche e si è tentata una rielaborazione esplicativa. Nessuno mette in dubbio le capacità nautiche dei Pelasgi, ma logica vorrebbe che, prima di affrontare le grandi distanze e le turbolenze del Mare inferiore, come  allora  veniva  chiamato il Tirreno, abbiano fatto “pratica” nelle acque più quiete del mare Superiore (Adriatico) più vicino, più piccolo e più mansueto (tutti i piloti di formula uno hanno cominciato dai kart…). Le loro imbarcazioni non rassomigliavano certo a catamarani veloci, erano solo modesti natanti con i quali solcavano il mare a poca distanza dalla costa. I loro nocchieri si sono ben presto accorti della presenza di correnti che influivano notevolmente sulla velocità e sulla facilità del trasferimento.

 

Le correnti

Molti sono a conoscenza che la circolazione delle correnti sulla costa slava ha una direzione verso Nord Ovest e sulla costa italiana verso Sud Est. Si crea così anche un continuo ricambio di acque. In alcuni punti una parte della corrente sulla costa slava vira a sinistra e si ricongiunge con le acque che lambiscono l’Italia, rendendo evidente la praticità di andata e ritorno dalla Grecia in Italia e dalla Italia in Grecia. Di questo fenomeno naturale abbiamo trattato in “Correnti superficiali dell’Adriatico” (http://larucola.org/2016/08/13/correnti-superficiali-delladriatico/), qui vogliamo solo fornire un sostegno all’attendibilità di quanto riferisce Dionigi di Alicarnasso:

1 – I Pelasgi, in osservanza del vaticinio dell’oracolo di Dodona, cercano di raggiungere l’Italia centrale e certamente non era la loro prima esperienza;

2 – conoscevano rotta e tempistica per la traversata;

3 – non si può escludere che in quella circostanza abbiano trovato un forte “vento da mezzogiorno”. Non sempre lo scirocco e il libeccio spengono i natanti verso nord. In Adriatico,  questi venti  agevolano i  natanti che risalgono sulla costa slava;

4 – probabilmente quell’episodio avvenne nel mese di gennaio o nella prima metà di febbraio quando era ed è attiva la corrente di cui alla lettera “B” della figura 1;

5 – quest’ultima ipotesi è corroborata da G. Pozzoli e altri  in “Dizionario storico mitologico” (Livorno 1834) tomo 3°: Faunali, feste che gli abitanti dei villaggi celebravano due volte ogni anno in onore di Fauno, cioè il giorno undici, tredici e quindici di febbraio, onde celebrare il passaggio di questo Dio dall’Arcadia in Italia, e il nove di novembre, oppure il cinque di dicembre, per la sua partenza, per ottenere la continuazione della sua benevolenza. Gli altari di Fauno avevano molta celebrità anche al tempo di Evandro; vi si bruciava dell’incenso, si facevano delle libagioni di vino; e gli agnelli e i capretti erano le vittime che vi s’immolavano (Mit. de Banier t. 1).

Questo passo fa supporre che i primi re latini siano stati di origine pelasgica, perfettamente integrati con gli aborigeni, come da altri supposto.

 

Considerazioni

L’Adriatico è un piccolo mare, perfetto per il piccolo cabotaggio con barche primordiali, coadiuvate anche dalle correnti. In tempo antichissimo doveva essere abbastanza trafficato dai vari popoli rivieraschi per necessità commerciali, per voglia di avventura e conoscenza, per la fuga da sconfitte militari o da calamità naturali. Gli scambi commerciali, culturali, di tecnologie e strutturali dovevano essere intensi e continui. Non deve destare meraviglia sulla sovrapponibilità dalle varie divinità; lo scudo “Ancile” dei Salii Piceni era dai Greci detto “Argolico”: erano entrambi “ovati”. Gli stessi “Salii” non erano dissimili dai “Cureti”. Si tralascia la diatriba sulla primogenitura, causa di dotte dissertazioni tra gli storici del 1600 e1700. In territori ristretti, con facilità di collegamenti, le civiltà sono spesso sovrapponibili. Il Piceno e in particolare la sua parte sud, era particolarmente facilitato ad accogliere quanti provenissero da est (vedi corrente “A”). Molti di quanti arrivavano nel Piceno forse avevano per meta altre destinazioni comprese le coste del Tirreno (più difficoltose da raggiungere via mare). La Salaria, certamente preromana, era la via di smistamento degli immigrati che preferivano la strada a navigazioni molto più lunghe e incerte.

Nazzareno Graziosi

22 aprile 2018

 

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