Le tombe picene scoperte a Pollenza sotto il monte Franco

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Le università nostrane (leggi Camerino e Macerata) scavano in Sicilia, in Africa, in Albania, in Grecia… e poco nel territorio maceratese. Sarà che vanno all’estero per accordi governativi internazionali (leggi: paga lo Stato e li manda dove vuole fregandosene dei siti archeologici italiani… leggi: per noi turismo mancato), o sarà che la Regione Marche è stitica nei confronti dell’archeologia (leggi: a questi ignorantoni che je frega de quattro ossi e due vasi rotti, meglio brigare con gli ospedali…), fatto sta che il sottosuolo dell’antico territorio piceno (leggi metà regione da Ancona fino ad Ascoli), ricchissimo di storia (e di reperti di ogni tipo) viene lasciato in un cantuccio, in attesa che arature e tombaroli armati di cercametalli facciano sparire i nostri tesori.

 

Villamagna

Abbiamo scritto nel numero scorso di una necropoli picena che è tutta da scoprire interrata nei pressi di Villamagna (leggi: qui scavano a singhiozzo su ruderi altomedievali e romani, figurati se si trovano tre centesimi per indagare un sito ben più importante, non fosse altro perché è più vecchio di almeno mille anni rispetto a Roma).

 

Monte Franco

E adesso scriviamo di un’altra necropoli, appena indagata per più volte e subito richiusa, quella che si trova a Moie di Pollenza, per intendersi sotto al monte Franco, vicino Passo di Treia. Scavi effettuati una prima volta nel 1959 a seguito di lavori agricoli con rinvenimento di un sepolcreto di notevoli dimensioni con tombe databili VIII secolo a.C.; sempre dopo che un contadino con l’aratro ha tirato fuori qualche cosa, nel 1992 si è ancora scavato rinvenendo ulteriori sepolture Picene, chiaramente presto coperte e lasciate lì, dopo aver messo in salvo i reperti rinvenuti.

 

Gli scavi del 2002

E arriviamo al 2002 quando uno sfigato costruttore ottiene il permesso di erigere a cento metri dalla zona archeologica un insediamento artigianale. Primo passaggio con la ruspa e saltano fuori altre tombe ancora più rilevanti! (leggi: in Soprintendenza mai venuto il sospetto che la zona da indagare sia molto più ampia rispetto alle scoperte casuali?) Sono tombe maschili e femminili, persino una tomba con dentro un cavallo con tutti i suoi finimenti in ferro e bronzo: mica roba da poco, un pezzo unico non solo nella nostra regione ma in tutto il territorio medio e alto adriatico.

 

Riconsiderare la nostra storia

Sono dei rinvenimenti che vanno ben oltre l’archeologia in quanto tale, che vanno ben oltre le possibili conseguenze turistico-economiche… vanno oltre perché sono una conferma che questo era un territorio ricco, interconnesso con altre culture (leggi: tipologie dei manufatti rinvenuti),  dove l’etnia prevalente era quella picena, il che porta a riconsiderare tutta la storia del territorio Piceno, che è stato ben più importante di quanto fino a oggi si è “fatto” credere. Sono verità scomode? In una zona ristretta tra Villamagna e Treia le necropoli non si contano, senza dimenticare le mura di Septempeda che di tipologia romana hanno ben poco. Anche gli ultimi scavi a Colfiorito parlano di Piceni ricchi, armati, attrezzati con carri da trasporto, che si piazzano su alture dominanti gli altri insediamenti e che sono presenti in quella zona, incrocio di popolazioni, per scambi commerciali. Quindi, basta con la favoletta che i pecorai della Sabina vengono a civilizzare i rozzi indigeni, perché nel Piceno di rozzi indigeni non c’è traccia, mentre ci sono tracce rilevantissime di un popolo ricco, evoluto che aveva carri da guerra e da trasporto e strade (leggi: le tre Salarie che sono solo nelle Marche).    

Fernando Pallocchini

24 maggio 2018

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