Avvenne settanta anni fa in quel di Corridonia…

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Per il rinnovo dei due rami del nuovo Parlamento, la domenica del 18 aprile 1948 si tennero in Italia le prime elezioni politiche dopo la Costituente.

 

De Gasperi – Togliatti

Erano in lizza le due principali forze politiche del momento: la Democrazia Cristiana, rappresentata da Alcide De Gasperi avente come simbolo lo storico scudo crociato con sopra la scritta “Libertas”, e il Fronte Democratico Popolare (Partito Comunista e Partito Socialista), guidato da Palmiro Togliatti e avente per simbolo l’effige di Garibaldi su stella rossa per sfondo.

 

Netta vittoria DC

Netta fu la vittoria della D.C. che ottenne il 48,51% e la maggioranza relativa, contro il 30,98% del Fronte Popolare. Il clima politico del Paese si evidenziò con una certa tensione conseguenza sia della campagna elettorale alquanto aspra che dalla precedente richiesta di aiuti agli Stati Uniti conseguente all’entrata dell’Italia nel blocco occidentale.

 

L’attentato

A meno di tre mesi dalla consultazione elettorale, mercoledì 14 luglio, alle ore 11:30, l’onorevole Togliatti, mentre usciva da Montecitorio in compagnia di Nilde Iotti, venne fatto segno di un attentato. Autore fu Antonio Pallante (1923-vivente), studente in giurisprudenza originario di Bagnoli Irpino ma formatosi politicamente nella destra siculo-calabrese convinto che, con tale gesto, potesse arrestare la politica filo-sovietica avviata da Togliatti, detto ironicamente dai suoi avversari il Migliore. Fortunatamente i colpi inferti, per la scarsa qualità dell’arma e dei proiettili, non causarono ferite letali tanto che il parlamentare, successivamente, rasserenò il Paese intero con un messaggio radiofonico dal letto dell’ospedale.

 

Moto insurrezionale

Nella stessa giornata, la conquista della “maglia gialla” in una tappa del Giro di Francia da parte di Gino Bartali contribuì a rasserenare, in parte, la popolazione. Il fatto nei giorni successivi generò in tutto il paese scioperi, proteste, episodi insurrezionali che la propaganda comunista volle far passare come moti spontanei generati dall’unanime indignazione;  dagli  ultimi documenti di archivio invece è emerso che si trattò di un vero e proprio moto insurrezionale, di vasta portata e rispondente a un piano preciso, in precedenza predisposto dall’apparato comunista e comunicato a tutti gli organi periferici.

 

Corridonia, l’assalto

Il 19 luglio successivo, a Corridonia, verso le ore 14:30 di un caldo e sereno pomeriggio estivo, alcuni facinorosi del P.C.I. assalirono l’edificio antistante la chiesa di San Pietro adibito a teatro (l’attuale “Lanzi”, a quel tempo chiamato “San Filippo Neri”) e i sovrastanti locali, che erano sede dell’Azione Cattolica, rovesciando sulla piazza antistante mobili, suppellettili, infissi, libri, impianti scenici e ogni altra cosa che coprirono (ironia della sorte) con il rosso sipario del teatro, per poi appiccarvi il fuoco.

 

L’incendio

Per accelerare la combustione, chi comandava questa masnada, di cui volutamente omettiamo il nome, spillò dal serbatoio del suo motorino una quantità di benzina che riversò nella catasta innalzata, poco avanti la porta principale della chiesa. Subito le fiamme si diffusero sviluppando un furioso incendio che provocò il panico per il rischio di diffondersi negli edifici circostanti; il Parroco, Monsignor Giuseppe Miti, assistette atterrito dietro le persiane della casa parrocchiale adiacente avvertendo le Forze dell’Ordine che intervennero tardivamente anche per la precaria situazione nazionale che interessava anche le stesse Forze dell’Ordine.

 

In Tribunale

Il fattaccio era quasi concluso ma si riuscì a individuare alcuni degli incendiari, poiché altri si erano già dileguati. Questi vennero deferiti all’Autorità Giudiziaria e processati presso il Tribunale di Macerata, difesi dall’avvocato On. Umberto Terracini, alto esponente del P.C.I. e uno dei padri della Costituzione. Monsignor Miti morì l’anno dopo e a detta di molti anche per questo episodio da cui mai si riprese.

Le testimonianze

Da testimonianze orali, alcuni giovani dell’Azione Cattolica, subito intervenuti, cercarono in tutte i modi di fermare e, nello stesso tempo, dissuadere gli assalitori dalle loro intenzioni. Ci furono colluttazioni tra questi giovani che, nella normale vita paesana, avevano addirittura rapporti di amicizia o di lavoro. In numero nettamente inferiore, i cattolici si difesero allontanandosi verso via Maso, lungo la quale vennero inseguiti e minacciati, si dice, anche con delle armi. Intanto il fuoco aveva fatto il suo corso.

 

Ulteriori ricerche

Per l’assalto fu volutamente scelto il lunedì, per evitare ulteriori testimonianze, perché c’era prospiciente alla piazzetta una barbieria il lunedì chiusa per turno. Va ricordato che Mons. Clario Pallotta (1921-1967), successivo parroco, negli anniversari dell’incendio e in occasione di elezioni, faceva tracciare davanti alla chiesa di San Pietro un cerchio nero con dentro la data del rogo. Non ci è dato momentaneamente conoscere il risultato della sentenza. A tal scopo ci siamo attivati presso l’archivio del Tribunale di Macerata per far luce su questo episodio sul quale speriamo di ritornare su queste pagine.

13 settembre 2018

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