Come eravamo alla scuola dell’Aeronautica Militare a Macerata

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C’era una volta… “un re!” diranno subito i miei dodici lettori e mezzo. No – amici – avete sbagliato. C’era una volta una Scuola aeronautica, a Macerata… Così avrebbe iniziato il suo dire il buon Collodi, padre di Pinocchio e Geppetto, e così mi permetto anch’io di scrivere perché sia chiaro a tutti con quale spirito leggero noi della ancora non doma Associazione Arma Aeronautica (A.A.A.) ci accingiamo a celebrare un Anniversario (il 20°) che diversamente saprebbe tanto di tristezza e di fine. E purtroppo forse è così per altri, ma non per noi, che nella Scuola abbiamo militato, lasciandovi un pezzo della nostra vita, che è stato bello e fondamentale, soprattutto per crescere.

 

Ero l’Ufficiale più amato e ricercato…

Dunque è con un po’ di ironia e con tanta gioia che lasciamo queste poche memorie, pensando sempre a quei giovani forti e allegri, che animavano le aule e le sale così come pure le vie e le piazze della Città, colorandola di azzurro per merito di quella Scuola che da venti anni non c’è più. Fra gli altri ricordi uno bellissimo: quello di essere stato l’Ufficiale più ricercato e amato da tutti. Non per la figura o per il carattere; semplicemente perché ero l’Ufficiale pagatore, sognato, desiderato e atteso ogni 27 del mese dai tanti che -come i biblici Ebrei- aspettavano in quel dì… la manna dal cielo.

 

Centro radar di Potenza Picena… l’inaccessibile

E così era anche nell’altro Ente aeronautico della Provincia, il Centro radar di Potenza Picena, che dipendeva amministrativamente dalla Scuola, laddove -al mio arrivo con buste paga e contanti si sguarniva la postazione e tutti accorrevano per la bisogna nella garitta di guardia fuori del recinto, ove ero costretto a sostare per distribuire le paghe; nella perenne e interminabile attesa del sospirato permesso di accedere alla base operativa e così di poter disporre almeno di un tavolo per raccogliere le firme di ricevuta. Permesso che, in tempi di guerra fredda come erano quelli del 1964, forse doveva essere firmato dal Presidente U.S.A. Lyndon Johnson o da un suo facente le veci, e che pertanto ritardò così da arrivare solo al termine della mia permanenza in azzurro! Pagai pure l’ultimo stipendio nella garitta, ove ormai mi ero abituato a farlo, rinunziando anche quella volta a un comodo ufficio e non misi neppure un piede nella base. Stranezze della vita.

 

I Cappellani

Premesso quindi che la Scuola mi ha regalato il bellissimo rapporto con due Cappellani, che non sono più ma che voglio ricordare: Don Ettore Nascetti e Mons. Antonio Carloni (il primo, per affetto e pur febbricitante, venne e celebrò nella Basilica della Misericordia il matrimonio con la mia amata sposa Franca; il secondo perché per più di trenta anni è stato poi infaticabile guida spirituale e amico di tutti i nostri associati A.A.A.), due curiosi episodi legati alla Scuola voglio raccontare. Uno drammatico, anche se davvero particolare.

 

Monsignor Antonio Carloni

Il telegramma urgente

Ero di picchetto la sera di un sabato e il Battaglione degli allievi specialisti se ne era andato, con armi ed elmi in testa, a presidiare i seggi di una tornata elettorale che doveva svolgersi il giorno dopo. Nella Scuola, immersa nella nebbia, eravamo rimasti soli io e il bravo telefonista cieco Candido Mariotti, dipendente civile. Non vi dico quante contrarietà successero quella sera: dai materassi che servivano per certe postazioni sguarnite (toccò rintracciare il Maresciallo consegnatario, che se ne era andato al cinema con la famiglia) e tanti collegamenti da realizzare, in totale assenza di istruzioni. Ma la cosa più grave doveva capitare nella notte: l’arrivo di un telegramma urgente inviato a un allievo. Mi ritenni autorizzato ad aprirlo e venne fuori che il padre del destinatario era giunto in fin di vita e chi aveva scritto chiedeva di inviare subito il figlio al suo capezzale. Ricerca affannosa pur senza indirizzi: Candido mise a frutto tutta la sua insospettabile capacità (e diventammo amici) e all’una di notte uno sconsolato Russo Gennaro (nome di fantasia…), recuperato in un posto sperduto, si presentò per ricevere la ferale notizia. Cercai di consolarlo ma lui, letto il telegramma e constatata la sua provenienza, sciorinò un bel sorriso e disse tranquillo: “Non sono io”. Era un caso di omonimia. Io e Candido cominciammo di nuovo a sbattere la testa e dopo una nuova tormentosa ricerca riuscimmo infine a rintracciare il povero malcapitato, finito anche lui in lontano Comune della Circoscrizione, e a farlo tornare in Caserma verso le 3 del mattino, dandogli modo così poi di proseguire verso la sua triste destinazione. Casi della vita, direte. Ma vi assicuro che non fu facile né piacevole.

Il fantasma

L’altro episodio che volevo raccontare è più gioioso. Si era sparsa la voce che, nei pressi delle camerate della truppa, era stato visto nelle notti precedenti aggirarsi un fantasma. Dopo qualche giorno, ancora di picchetto, fatto il contrappello con i soliti neghittosi a ritirar-si all’ora stabilita, feci la mossa di andarmene. Mi appostai invece nei pressi e attesi pazientemente l’ora X. Puntuali verso mezzanotte iniziarono i lugubri ululati e il fantasma comparve nel bel mezzo del corridoio che separava le camerate. Breve inseguimento; il fantasma si rifugiò nei cessi e di lì, saltando la finestra che era al piano terra, si eclissò in mutande. Mi rimase il lenzuolo fra le mani e cessai di rincorrerlo. Eravamo tutti ragazzi; mi sembrò che la lezione fosse stata già salutare e così lasciai tutti a dormire, annegati di risate, fra le coperte.

Questa era la naja -ragazzi- e mi fanno pena i tanti suoi detrattori che credono, avendola “sospesa” per non dire abolita, di aver fatto chissà quale opera meritoria. Hanno fatto un bel guaio invece, perché quella disciplina e quella istruzione che la vita militare regalava a tutti ora non si apprendono più, mentre farebbero ancora comodo a parecchi… La Scuola Aeronautica di Macerata ai tanti specialisti e alle tantissime reclute di istruzione e disciplina ne ha impartite a iosa ed è questo che conta, perché la sua Storia così non si cancella.

Ten. Avv. Giuseppe Sabbatini

21 dicembre 2018

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