Un pezzo di storia dell’alto-maceratese: la rocca di Colonnalta

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Nel 2002 due sarnanesi, l’arch. Giuseppe Gentili e l’italocanadese Renzo Giannini, avevano comprato da una sanginesina il maniero, diroccato e seppellito nella vegetazione alla Théophile Gautier. Benché in territorio di San Ginesio, comune e comunità montana negarono aiuti al restauro, iniziato invece dai due bloccando i crolli e dandogli visibilità da Pian di Pieca. Dal 2007 due campagne di scavi, con studenti della Sapienza guidati dal professor Pio Pistilli, trovarono salone, pozzo, granaio nel maschio, monete e ceramiche. In seguito anche vari convegni con Rossano Cicconi (storia locale), Medardo Arduino (struttura   militare)   e  Aurora  Capomasi  (malta  cementizia). Rocca Colonnalta, da colonna alta sul confine della centuriazione augustea del Piceno, risale al secolo XI-XII. È intrigante per orientamento, planimetria rettangolare e leggende. Era imprendibile (muri calcarei di m 1,6) e affine, con torri rotonde in stile angioino o crociato, al Krak dei Cavalieri (Hisn al-Akrād in arabo, Fortezza dei Curdi) del 1144 in Siria. Fu avamposto dei Brunforte, poi di San Ginesio sui Varano camerti giunti a Col di Pietra. Infine, cava di pietre per i villici.

La leggenda – Mia nonna Viola di Gabella Nuova (Sarnano) mi narrava che c’era un telaietto d’oro, difeso dal diavolo col vento crescente.

La storia – Il Consiglio di Credenza di San Ginesio (8 ottobre 1758) concesse a Domenico Ilari da Osimo di fare “scavi a Rocca di Colonnalto col supposto di esservi grosso ripostino o tesoro” ma con due vigilanti, Giuseppe Antonio Ragoni e Vincenzo Michelangeli. Nessun seguito in archivio forse per l’esito negativo dello scavo. Dopo il terremoto del 2016 l’oblio. 

Il disegno – “Rocca di Colonnalta ritornata nell’oblio”, china di Vermiglio Petetta, disegnata nel 2009 per la Gazzetta Italiana di Cleveland. È appesa in Ohio.

Vermiglio Petetta

Foto Alberto Monti

22 dicembre 2018

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