Maccarù marchisciani a spasso: una vacanza sulle Dolomiti

Ricordate i nostri quattro amici: Goffredo, Giovanni, Peppe e Franco turisti a Monaco? Lasciato il suolo tedesco la loro avventura continuò… 

 

A Pozza di Fassa

Con armi e bagagli, attraversammo l’Austria per raggiungere, dopo la settimana bavarese, la Val di Fassa, dove sapevamo soggiornare comitive di maceratesi; esattamente presso l’Albergo del Cervo a Pozza di Vigo di Fassa. Ci rilassammo con qualche corsa a Cortina, dove fu possibile assistere a una partita di hockey allo Stadio del ghiaccio. Poi il quartetto si sciolse, perché Peppe e Franco, appellandosi a inderogabili esigenze familiari, decisero di rientrare a casa per la festività del San Giuliano. Trovarono modo di aggregarsi a un pullman che riportava indietro alcuni dei gitanti che erano a fine turno.

 

La 600 Multipla

Rimasto in compagnia di Giovanni (e soprattutto della eroica 600 Multipla) ebbi l’opportunità di godere appieno del paesaggio e delle magiche atmosfere dolomitiche, che sperimentavo per la prima volta. Giovanni  era già pratico delle zone, così scorrazzavamo con la preziosa Fiat, caricando ospiti occasionali o unendoci a gruppi che per lo più provenivano dalle nostre parti. Come quello di una squinternata allegra comitiva di ragazze di Fano, capitanate da un sacerdote, intraprendente e pieno di iniziative. Insieme con loro salimmo fino ai 3300 metri del ghiacciaio della Marmolada, con una lunga scarpinata a piedi da Pian de’ Fiacconi. Si scherzava, si rideva per un nonnulla, ci si scambiava dispetti innocenti e battute più o meno di spirito.

 

Il crucco imbalsamato

Rischiammo di essere presi a colpi di alpenstock da un crucco, lungo, secco e imbalsamato nella sua stereotipata livrea di scalatore, il quale si offese a morte perché non capivamo o fingevamo di non capire la differenza che intercorre tra le espressioni  tedesche  “Guten Morgen” o “Guten Tag” corrispondenti al nostro essenziale “buon giorno”. Il tizio, con la ruvida gutturale pronuncia teutonica,  dietro le nostre insistenze, si sforzava di chiarire il busillis, disegnando sulla neve con l’alpenstok una grossa sbilenca forma di orologio. Noi insistevamo nel gioco, con atteggiamento ironico e risolini non troppo mascherati. L’alpinista, accortosi della  malafede dell’uditorio, vibrò in giro un paio di sciabolate con il bastone e se ne andò verso l’alto inveendo e masticando insulti arrotati. Accompagnammo la sua uscita di scena con un lungo applauso di sfottò.

 

MC – Macerata o Montecarlo?

Ci fermammo un paio di giorni a San Vito di Cadore. Arrivammo persino a Brunico e di lì, superando i confini con l’Austria, salimmo a visitare il celeberrimo ghiacciaio del GlossGlockner. Per raggiungere il punto panoramico si doveva pagare un pedaggio salato e l’addetto al casello di entrata,  scambiando la targa “MC” per quella di… Montecarlo! ci gratificò di un largo sorriso di deferenza e rispetto, quasi fossimo due miliardari in incognito.

 

In galera?

Al rientro – passando per San Candido – per poco non finiamo in galera (sic!) perché da incoscienti, avevamo filmato la zona di confine italo-austriaco. E le guardie ci avevano beccato. Il paesaggio, al tramonto, era oltremodo affascinante e coreografico, con le nuvole sistemate al punto giusto sopra  lo sfumato crinale delle montagne circostanti. Va a sapere che non si potevano riprendere i passi di confine! Alt perentorio da parte degli agenti, controllo accurato dei documenti, del bagagliaio e requisizione della cinepresa. Ci trattennero un paio d’ore in una stanza piena di luce e di colori, con le finestre e il balcone colmi di fioriere variopinte, che forse avremmo apprezzato in momenti migliori. Eravamo lì a roderci fegato e unghie, quando sull’uscio della nostra “prigione” apparve un ufficiale degli Alpini, allampanato, con baffi, pipa e tabacco profumato. Ci sentimmo perduti. 

 

Il colonnello maceratese

Il graduato, con fare molto cortese e compiacente, si presentò: “Sono il Colonnello De Feo di Macerata; che vi succede ragazzi?” Chiarimmo la situazione e le nostre apprensioni si sciolsero ipso facto come neve al sole. Il colonnello, su segnalazione degli addetti al posto di frontiera, aveva esaminato i nostri  documenti  e si era assunto ogni responsabilità in merito alla lieve manchevolezza dei due giovani concittadini. La cinepresa ci fu restituita, con le scuse dell’ufficiale e di tutta la piccola comunità delle guardie. Poi dovemmo attendere un’altra oretta perché il De Feo ci chiese se avremmo acconsentito ad accompagnarlo al centro abitato di Innichen, distante qualche chilometro dal posto di frontiera, evitando così l’uso di un mezzo militare. Potevamo rifiutare la cortesia, dopo lo scampato pericolo?

Goffredo Giachini

13 gennaio 2019

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