Poesia e riflessioni: Hesse, Leopardi, Tagore e Shakespeare

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Afferma Hesse… “Anche la più piccola opera d’arte, uno schizzo di sei tratti di matita o una strofetta di 4 versi tenta l’impossibile, vuole chiudere il caos in un guscio d’uovo”. Potenza dell’arte e della poesia…

 

Hesse

“Nelle sue 77 poesie d’amore Hesse ci fa conoscere l’eros. Quale tipo di Eros? Di slanci romantici e audaci… platonico e sensuale di voli spirituali sino alla conquista di una innocenza attraverso la sofferenza e il dolore. Nell’insieme la poesia di Hesse ci trasmette serenità che ci porta a star bene e ci lascia sprofondare nel mondo dell’Amore. La sua poesia va dunque letta come il contrappunto!

 

Tagore

Ora ci trasferiamo nel magico mondo di Tagore in quei paesaggi dell’anima… creati da boschetti ombrosi, rive di fiumi… giardini con fior di loto… un quotidiano ricco e popolato da una quotidianità di intima sacralità nella quale anche il piccolo fiore selvatico crea l’armonia. L’amore presente nella poesia di Tagore è un amore verso Dio, che poi si trasforma in amore universale e diventa amore umano Terreno fino a essere amore sensuale con desideri e fremiti tanto da chiedersi se il poeta stia parlando di Dio o della donna amata? E sembra che egli giochi su questa ambiguità…

 

Leopardi

Con Leopardi confermiamo che la poesia è la sommità del discorso umano; e per il poeta la poesia è rispetto della natura poiché essa è perenne ed equivale a una grazia o consolazione. Leopardi, che ha sprezzanti giudizi sulla storia, sulla scienza e sulla ragione, ha verso la natura un atteggiamento di pura riverenza. Vede più incanti nel cielo stellato che nella propria anima… Ama la luna con la sua immutabilità che ha la sola intenzione di rischiarare: scende nello infinito seno del mare, ma dopo l’oscurità porta la rassicurazione dell’alba.

 

Shakespeare

E quindi arriviamo a W. Shakespeare. Egli ha come modello e s’intreccia con Petrarca ma è anche riflesso in quel neoplatonismo riscoperto dagli umanisti italiani. Ricordiamo che Shakespeare è un drammaturgo e che parlando di poesia, s’intende far riferimento ai suoi Sonetti, nei quali è però improbabile che abbia inteso realmente aprirci il suo cuore, sempre pervaso dalla figura dell’enigmatico Amleto. Amore e poesia sono strettamente legati e la poesia pretende sincerità. Anche la gelosia però è presente ma viene abilmente tollerata con una rassegnazione non lontana dall’indifferenza. Ciò che turba è il timore della morte, anche per W. Shakespeare: Tempo/Morte… A cui nulla può opporsi, né la poesia, né l’amore possono alzare una barriera per ottenere l’eternità! E così il timore, di tutti noi mortali, come dei poeti, è: la falce! In realtà, la poesia può avvicinarsi all’Eternità: a noi sono pervenuti i versi “Cantami o diva del Pelide Achille…”. dal 600 a.C.. Perché non osare sperare che qualcosa dei nostri versi sopravviva nel tempo futuro e quindi anche alla morte? W. Shakespeare non è un imitatore, la straordinaria incandescenza del suo linguaggio è, in ultima analisi, la semplicità d’aver saputo innestare su modelli ricevuti da altri, utilizzando il meglio. Ecco perché la chiave della grandezza di Shakespeare è Shakespeare, egli è sempre uguale a se stesso!

Amare la poesia e comprenderla ci rende migliori, e riusciamo ad amare e perdonare anche ciò che non avremmo mai pensato…

 Fulvia Foti

 

“A Silvia”

Giacomo Leopardi

Silvia, rimembri ancora….

Lingua mortal non dice

Quel ch’io sentiva in seno.

 

Silenzio

di Fulvia Foti

È diverso il silenzio

stasera, e mi parla di te…

ha un profumo di

soffice neve e il

calore di un focolare.

 

Un silenzio d’intesa,

d’emozioni sopite

nell’urna del cielo

che osa e sussurra:

Non disperare!

 

Il silenzio di parole

che non trovano voce

e risalgono fino alle stelle…

 

Parole, poi, scritte con

sommessa timidezza e

intrise di palese verità!

 

Perché il tempo

della vita non

attende le parole

del silenzio.

3 luglio 2019

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