Salvaguardare la dote per non perdere le proprietà comunali

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Il documento più antico che ci è pervenuto della terra di Montolmo è nel Regesto dei Vescovi di Fermo a cui il castello dipendeva: si tratta di una pergamena del 1076 nella quale il Gastaldus Monti Ulmi doveva offrire al Vescovo un maiale per il Natale e dei meloni per la Festività della Madonna. Interessante notare la denominazione ancora longobarda dell’amministratore, chiamato appunto Gastaldo. Sempre nel Regesto Fermano compare una pergamena del 1077 in cui si menziona il castellum filiorum Bovezonis et pertinentia Montis Ulmi. La lotta che si sviluppò  tra il Vescovo e il Marchese nell’ambito dello scontro tra Papato e Impero favorì l’emancipazione dal regime feudale di Montolmo e degli altri castelli del territorio; bisogna però precisare che nelle Marche alla emancipazione contribuirono i feudatari ecclesiasti che si prodigarono attraverso franchigie  e  concessioni, sia in chiave anti imperiale, sia a causa della sempre maggiore forza dei nascenti comuni.

 

Il trattato tra Montis Ulmi (Corridonia) e Podii et Macerate (Macerata ancora non unita)

Tant’è che l’atto di franchigia Liber Iurium del 1115 del Vescovo Azzo (o Azzone) di Fermo, sancisce formalmente la nascita del comune di Montolmo anche se va precisato che in contropartita l’atto imponeva ai cittadini ancora una serie di obblighi. La pergamena datata 9 maggio 1219 presente nell’Archivio Storico di Corridonia  sancisce la stipula di un trattato in dodici punti concluso tra gli uomini di Montis Ulmi… Podii et Macerate. La comunità di Podii è quella del  Podium Sancti Iuliani che si trovava nella zona dell’attuale Duomo di Macerata, mentre quella di Macerate è relativa al Castrum Maceratae, nella zona dell’attuale sede delle Poste Centrali. Le tre comunità si garantivano reciproca assistenza militare con cavalieri e fanti (cum militibus et peditibus) e soprattutto si accettavano i confini attuali che evidentemente erano incerti e che fin d’allora vennero fissati dal fiume Chienti (aqua fluminis clenti sit media nostra et media vestra).

 

I firmatari

Alla firma, mentre per le comunità maceratesi sono presenti il Podestà, il giudice del Comune, il Massaro e il Sindaco, per Montolmo invece era presente il solo Sindaco Bonaventure Angeli e il Massaro Philippi Manentis. La carica medioevale di Sindaco non era ben definita, in questo caso rappresenta un delegato, un procuratore, mentre il Massaro, termine di origine sempre longobarda, era il Tesoriere del Comune, colui che sovraintendeva agli aspetti gestionali dei beni e delle finanze.

 

Risoluzione delle controversie

Il punto IV del trattato stabilisce che le liti tra gli uomini delle diverse comunità fossero state risolte entro 20 giorni tramite Leges: probabilmente il Diritto Romano usato come diritto comune.

 

Salvaguardia dei terreni

Il punto VIII sanciva che nessun castellano potesse essere accettato dalle altre comunità se non con il parere favorevole della comunità di provenienza: norma che voleva cautelarsi sul fatto che possessori di terre potessero passare ad altri comuni facendo di fatto spostare la proprietà delle stesse. Per meglio comprendere citiamo il De iure dotium (Diritto di dote) presente nello Statuto Comunale di Montolmo del 1326, statuto sollecitato in senso più popolare (ad populum) dal Marchese che aveva mandato un suo rappresentante a Montolno; fu redatto in tempo strettissimo e approvato in via definitiva dal Rettore delle Marche con la solita clausola salvi i diritti, la giurisdizione, e le immunità della Chiesa. Il “Diritto di dote” ci è giunto solo in allegato a una causa di un forestiero che aveva sposato una donna di Montolmo: purtroppo degli Statuti di Montolmo del 1200 rimangono solo tracce.

 

Statuto del 1326

Dello Statuto del 1326 abbiamo invece la parte citata nel De iure dotium e frammenti relativi a “Ponti e cavalcavia” in cui il notaio Giovanni da Montolmo nella copiatura aveva aggiunto (forse solo per farsi pagare il lavoro aggiuntivo), il “Proemio” e il “Protocollo finale” da cui si apprende la data del 18 gennaio 1326, la Commissione di  diciannove persone addetta alla compilazione (quattro uomini a terziere, il Defensor  e sei Priori), e la suddivisione dello Statuto in quattro Libri: Governo e Pubblici Uffici, Diritto Penale e Polizia Urbana, Procedura Civile, Edilizia.

 

Il “Diritto di dote” e l’obbligo di residenza

Ritornando al “Diritto di dote”, lo storico Lodovico Zdekaur (1855-1924) ritiene che riprenda il Diritto Longobardo trovandosi simile in diversi comuni: in sostanza la norma esclude totalmente dalla successione le figlie “dotate”, cioè che avevano ricevuto la dote. Ritorna quindi la questione del pericolo dell’acquisizione di terre del comune da parte di forestieri che il De iure dotium risolve obbligando lo straniero che sposa una femina manseata (proprietaria terriera) di risiedere stabilmente nel comune; dato che il comune non poteva fisicamente obbligarlo, chiede che prima del matrimonio contragga a favore del comune stesso una garanzia in beni del valore che sia almeno equivalente a quelli della futura sposa, garanzia da trascrivere nel Catasto comunale. Se il forestiero dopo il matrimonio non avesse fissato la dimora in Montolmo, il comune avrebbe escusso i beni della moglie: addirittura per cambiare domicilio occorreva l’autorizzazione preventiva del Rettore, del Defensor (Magistrato) e del Consiglio Speciale.

 

La deroga contro i “bellimbusti”

Da ciò si deduce che il comune cercasse in tutti i modi di impedire lo smembramento del suo patrimonio fondiario. Inoltre da tali obblighi si apprende che Montolmo avesse un suo Catasto e che i beni della moglie fossero accatastati insieme con quelli del marito. Dato che era frequente la norma che concedeva al marito dopo un breve periodo (anche solo un anno) la proprietà di una parte della dote, se la moglie fosse stata abbandonata, gli Statuti prevedevano, contro i bellimbusti in cerca di dote, una deroga a detta norma. Sempre secondo lo Zdekaur, lo Statuto montolmese fu influenzato sia dal quello di Fermo (il più vecchio pervenuto è del 1507), sia da quello del comune di Ancona dove le norme del De iure dotium sono ancora presenti nello Statuto del 1566. Interessante notare che lo Statuto di Montolmo del 1326 fu promulgato nella camera dove il Marchese era solito dormire quando era in visita nel comune (ubi dominus Marchio solitus est iacere), fatto che prova che egli girava personalmente anche i piccoli comuni.

Modestino Cacciurri

27 luglio 2019

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