Appignano, intricata vicenda di fondi pubblici e amianto privato

Intricata vicenda ad Appignano, dai risvolti farseschi se non fosse che ci vanno di mezzo la salute e i soldi dei cittadini. Si tratta dei vecchi capannoni Furiasse, delle loro coperture in eternit ormai obsolescenti e di una serie di documenti ufficiali.

A esporre la questione in conferenza stampa è il Consigliere comunale della Lega Luca Buldorini, coadiuvato dagli altri due Consiglieri di minoranza Elisa Pelagagge e Felice Munafò e con il supporto dell’avvocato Daniela Pigotti, leghista.

Tutto ha inizio dal 2011 quando parte la legge contro l’amianto con le aziende che devono mettersi in regola con la rimozione o, nei casi consentiti, con la copertura delle lastre a mezzo di apposite resine.

Il tetto del capannone Furiasse non viene bonificato per cui un comitato di cittadini, preoccupato per la salute pubblica e degli scolaretti della vicina scuola, nel 2013 fa una segnalazione all’Asur, che interviene e nel 2014 intimandone, considerato lo scadente stato di conservazione della copertura, la rimozione entro un anno.

Passa l’anno, la situazione resta invariata per cui il comitato torna alla carica e il Comune emette una ordinanza di bonifica che, però, resta senza attuazione pratica.

Nel 2016 il comitato presenta un esposto alla Procura della Repubblica che condanna la proprietà a rimuovere 350 mq di tetto.

Arriviamo al 2017 con ancora un nulla di fatto, tanto che l’Asur diffida il Comune di Appignano che, questa volta, provvede ad affidare i lavori che vengono eseguiti con soldi pubblici, con avvio di procedura di recupero dal privato… mai avviata.

Fermiamoci un attimo perché la situazione si complica.

In quel periodo l’attuale Sindaco di Appignano, Mariano Calamita, era Consigliere comunale e nel caso in oggetto si prefigurava per lui un conflitto d’interessi essendo il fabbricato di proprietà dei suoceri. Oggi il conflitto continua a esistere, nonostante il signor Calamita in campagna elettorale abbia detto il contrario, affermando che la struttura era pignorata e in vendita all’asta, quindi non più di proprietà.

Così non era in quanto il codice civile prevede che il bene torni al proprietario dopo che la terza asta va deserta, e l’immobile (in vendita da 10 anni), pur svalutato, in quelle condizioni non faceva gola ad alcuno.

Nel febbraio 2018, il Sindaco Messi dà 30 giorni di tempo alla famiglia Furiasse per la bonifica, che non viene effettuata, tanto che il comitato presenta un altro esposto.

A questo punto esce fuori una perizia effettuata da un tecnico di parte e non del Comune in cui si evince che la tettoria non è più fatiscente per cui non c’è necessità di rimozione ma solo di “incapsulamento”, al che provvede il Comune con 16mila euro di denaro pubblico, senza garanzia di riaverlo indietro.

Dalla documentazione emerge anche altro: al catasto risultano frazionamenti interni allo stabile grande mentre ciò non risulta al Comune… mistero. 

La storia fosse finita qui… ma così non è perché il Comune di Appignano, con un drone, ha monitorato il territorio alla ricerca di tettoie in amianto, per essere “amianto free”, affinché i privati lo eliminassero, stimolati in questo da un fondo economico, con il quale sarebbero stati rifusi della spesa sostenuta per una quota pari al 30%, fino a esaurimento fondi.

Chiaramente non tutti lo hanno fatto, sia per mancanza di denaro, sia per ignoranza e costoro saranno soggetti, oltre alla rimozione pure a una multa.

Un fatto è certo, a pagare sono sempre i cittadini: con i soldi pubblici per risanare una struttura privata e con i propri per ottemperare a un obbligo amministrativo.

Fortunatamente ci guadagna la salute di tutti.

A fine conferenza stampa il battagliero e documentatissimo Luca Buldorini ha affermato che presenterà un esposto al Prefetto.

12 ottobre 2019

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