Non ha portato carbone la Befana del CIF ai maceratesi il 6 gennaio del 2020 ma un giro in città alla ricerca dell’acqua, quella “umile, pretiosa et casta” di francescana memoria ma di provenienza montana (Serrapetrona), che sgorga ancora abbondante in molte delle numerose fontanelle che negli anni ’50, quando l’amministrazione comunale era retta dal Sindaco Otello Perugini, decoravano con molto buon gusto la città, sia nel centro storico come nelle periferie.
Il depliant delle fontane – Sono ben 18 quelle riprodotte a colori, con l’indicazione della loro collocazione, nel depliant curato da Luciana Monachesi, che si è avvalsa della impostazione grafica di Silvio Craia. A queste 18 ne sono state aggiunte altre 4 che vennero successivamente rimosse e sostituite con comuni prese in metallo o in marmo. Il depliant è assai interessante perché offre una rapida ma completa visione d’insieme di tutta la produzione, ma rimanda per uno studio molto più approfondito alla recente pubblicazione “Fonti, Fontane, Lavatoi, Fontanili” degli autori Iommi, Troscè, Pasquali. Con la sua iniziativa il CIF ha voluto richiamare l’attenzione su questi piccoli ma preziosi manufatti che sono talmente ben inseriti nel tessuto urbano da passare quasi inosservati, salvo d’estate quando sono sempre disponibili a dare al passante assetato un sorso di ottima acqua fresca.
Guglielmo Brizi alias Gujè lu Murató – Quando 70 anni fa le fontanelle comparvero in città furono oggetto di consenso ma anche di critica, se ne parlò pure in versi, come quelli scritti da Guglielmo Brizi, in arte “Gujè lu murató” come si firmava. Brizi era in effetti un operaio edile qualificato, diremmo oggi; allora si diceva “prima cucchiara”. Lui esprimeva le proprie idee, anche politiche, in un dialetto verace, che pizzicava senza mordere le autorità che, ovviamente, non erano del suo partito.
Un raro volumetto: “Joppe le Casette” – Di lui è in circolazione un volumetto, stampato nel 1950, intitolato “Joppe le casette” e che reca in copertina una bella xilografia di Mainini con la riproduzione della fontanella antica degli orfanelli, presente un tempo davanti all’orfanotrofio maschile di via Cairoli. Il volume è reperibile solo presso la Biblioteca Statale o, se si è fortunati, sulle bancarelle di libri usati. Si legge con qualche difficoltà, perché è tutto scritto in dialetto, ma ne vale la pena perché nei versi un po’ zoppicanti è presente la Macerata di un tempo, una città ferita, che dopo la guerra, tra mille difficoltà e tanta miseria voleva tornare a essere la Macerata “granne” di un tempo. E le fontanelle di Otello erano un ulteriore elemento di crescita. Ne da atto pure il nostro poeta con una lunga poesia dal titolo “La mania de le fondàne”, che termina, dopo varie critiche, in modo favorevole come si ricava dalle quartine seguenti:
Però sta-ssintì a-mme, / spetta u-momentu.
Chj ha fatto tutte / quesse fondanelle
Se mereta da faje / u-munumentu.
Perché ci-à misto… / ‘nsaccu de cannelle!
Siriano Evangelisti
24 marzo 2020