Considerazioni politiche su Italia e Ue del dopo Covid19

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Erano tanti i contagiati da Covid19 (in questa crisi abbiamo riscoperto la grande professionalità dell’esercito e delle eccellenze nella ricerca), che forse si doveva scegliere chi aveva la priorità a essere curato, ma ormai pare che siamo proieittati verso la ripresa produttiva, la seconda “fase”, con tutte le cautele del caso e con una chiara intesa tra Governo, Regioni, Comuni: spero che tutto non torni come prima schiacciando un bottone in attesa del vaccino.

Gli attori politici, sopratutto le forze politiche di  maggioranza, opposizione, hanno prioritariamente l’obbligo di vedere la situazione economica (l’ufficio Parlamentare per il bilancio afferma che il Paese sconta un meno -15% del Pil) che si presenterà davanti a loro, dopo il coronavirus, non con gli occhi dell’emergenza, ma con quelli della consapevolezza delle cose non fatte o eliminate della indispensabile  ricostruzione (le strutture produttive tutte, in particolare quelle in grande sofferenza: turismo, spettacolo), dello sviluppo, della crescita, di un Paese che per ripartire ha bisogno dell’Europa, dei suoi solidaristici  investimenti , e non di “patti” fantasiosi con paesi antidemocratici e dittatoriali tipo la Cina.

Mi auguro che l’Europa si muova con passo spedito nel contesto della globalizzazione, nella competizione tra le aree economiche del mondo, ma dopo un congruo piano per aiutare le economie dei paesi europei dopo la devastazione del coronavirus (forse incentivato anche dai problemi dell’inquinamento atmosferico nelle grandi aree industrializzate e, questo punto, per una migliore qualità della vita: perché non rivalutare le aree interne e i piccoli Comuni oggi abbandonati?), ciò proprio per realizzare una diversa struttura economica, vedere il territorio europeo decarbonizzato, la Ue non può dimenticare l’investimento da 1000 miliardi per il new deal, il futuro e per un ambiente pulito.

Ci accompagnerà nella transizione, tra le altre cose, il famoso “Immuni” (tracciamento tecnologico volontario dei contatti sospetti centralizzato o articolato) che, oltre i problemi di “privacy”, potrebbe rivelarsi non utile, perché, ammessso che tutti lo usino o ne siano capaci, solo il 61% degli italiani sono possessori di smartphone strumento indispensabile per essere captato da Immuni (anche se ultimamente si parla più poco del progetto).

Veniamo ad alcune cose concrete: nessuno è contrario a un rapporto sociale e a investimenti comuni, non solo sulla Sanità, tra pubblico e privato, ma i cittadini, con questa politica, hanno dovuto assistere alla fuga della mano pubblica dal territorio, alla chiusura di ospedali, al drastico ridimensionamento dei reparti di malattie infettive, al taglio degli operatori sanitari (ne è prova la continua ricerca, solo in questi giorni, di operatori per le residenze per anziani che non possono essere realizzate sul modello degli “ospizi”, ma gli ospiti devono essere assistiti in tutto anche perché la nostra società invecchia e continuerà a invecchiare.

In Germania, paese della Ue maggiormente criticato, dove non c’è stata polemica tra Stato e Regioni, sono arrivati i soldi per i lavoratori autonomi e dipendenti (non come in Italia dove i lavoratori attendono ancora la cassa integrazione e gli autonomi i 600 euro); c’è una economia solida, una sanità diffusa nel territorio, la pandemia ha colpito meno permettendo a quel paese di ripartire prima: l’Italia ha fatto molto in una situazione difficile, è intervenuta sulle strutture ma porta con sé la debolezza della propria economia.

Voglio ancora soffermarmi su alcune questioni che vanno affrontate immediatamente, prima che il qualunquismo, la lotta tra i poveri, l’indifferenza, si impadronisca delle persone. Il Mezzogiorno, che con il Covid19 ne è uscito non male, non può rimanere senza lavoro e quando va bene il lavoro è in nero, instabile e precario, così che i giovani fuggono dalle loro terre e la “gente” è preda della malavita, un quanto contraltare allo Stato.

Con questa pandemia sono stati fatti tanti passi avanti nei controlli, e allora: possiamo trasferire questi  risultati in una lotta vera – non a parole – e concreta contro l’evasione fiscale? Queste e molte altre cose dobbiamo cambiare, perché lo dobbiamo ai giovani, alle nuove generazioni.

Lattanzi Giulio

21 maggio 2020

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