Tolentino, niente impianto per recupero fanghi biologici

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È stata adottata dalla Provincia di Macerata nei giorni scorsi la decisione finale con cui è stato espresso il giudizio negativo di compatibilità ambientale sul progetto dell’impianto di recupero di fanghi biologici tramite essiccamento e successiva termovalorizzazione, con produzione di energia termica ed elettrica, ubicato in Contrada Cisterna del Comune di Tolentino (MC) e proposto dalla Biorecovery S.r.l..

Gli Enti coinvolti – Si conclude così il procedimento avviato ad aprile 2019 e che, oltre alla Provincia di Macerata, ha visto coinvolti anche il Comune di Tolentino, l’ARPAM, l’ASUR e l’ASSM s.p.a. i quali, dopo un’attenta analisi degli impatti e delle caratteristiche tecnologiche e gestionali, hanno ritenuto di non autorizzare l’impianto a causa degli effetti negativi per l’ambiente e per localizzazione del sito individuato.

Le motivazioni del giudizio negativo – Riguardo all’aspetto localizzativo il progetto ha evidenziato la non idoneità dell’area proposta rispetto all’esigenza di tutela della popolazione, con particolare riferimento alla necessità di assicurare un’adeguata distanza dell’impianto dal centro abitato, in cui sono comprese zone residenziali, commerciali e destinate a servizi pubblici e di interesse pubblico, nonché da funzioni sensibili. Queste ultime sono state individuate nella presenza, nell’immediato intorno dell’area d’intervento, dell’attuale sede del Liceo Classico e Scientifico “Filelfo”, delocalizzata a seguito degli eventi sismici: destinazione scolastica che sarà confermata per le scuole comunali, anche dopo la realizzazione del nuovo polo. La stessa localizzazione risulta particolarmente penalizzante per la presenza di numerose abitazioni: il Comune di Tolentino ha verificato che nel raggio di 2 km dall’impianto risultano stabilmente residenti 282 nuclei familiari, per un totale di circa 800 persone, e che nella stessa area è previsto a breve l’insediamento di ulteriori nuclei familiari, a seguito del sisma.

Impianto più di smaltimento che di recupero –  Anche l’analisi delle specifiche caratteristiche tecnologiche hanno determinato il giudizio negativo di compatibilità ambientale. I rilievi hanno riguardato l’esatta natura dell’intervento, che è risultato connotarsi più come impianto di smaltimento che non di recupero, rispetto alla gerarchia dei rifiuti e quindi la mancanza di una utilità rispetto ai notevoli sacrifici ambientali che inevitabilmente l’impianto produce. Inoltre, la proposta progettuale non ha contemplato nessuna possibile alternativa, che risulta essere condizione essenziale per la valutazione ambientale.

Produzione energia insufficiente – Analogo giudizio negativo è stato espresso pure dal punto di vista energetico, dato che l’impianto produce energia insufficiente per l’autoconsumo, richiedendo notevoli quantità di risorse idriche e gas metano; aspetti messi in risalto dalla stessa ASSM per l’eccessivo impatto sia in termini di disponibilità che di ricadute sulle attuali reti di distribuzione.

Altri impatti negativi – Il giudizio negativo ha valutato anche i notevoli impatti sulle altre diverse componenti ambientali (aria, clima, rumore, suolo e sottosuolo, ecc.) nonché gli impatti cumulativi dell’impianto con quelli prodotti da altre realtà già presenti nella zona, evidenziando come la sua realizzazione andrebbe ad aumentare ulteriormente la pressione ambientale sull’area, già di portata significativa.

Tutela della salute – “La decisione è in perfetta coerenza con quanto perseguito dall’Amministrazione provinciale, da quelle locali e dall’ATA – afferma il Presidente Antonio Pettinari – nel puntare alla migliore organizzazione nel settore dei rifiuti, con particolare attenzione allo smaltimento, tutela del territorio sotto il profilo ambientale, paesaggistico, storico-culturale sempre tutelando la salute della nostra comunità, evitando qualsiasi forma di incenerimento. Obiettivo confermato più volte all’unanimità dal Consiglio provinciale e dell’Assemblea dei sindaci, in seno all’ATA”.

28 maggio 2020

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