Una breve antologia di racconti dis-umani: “La stravagante accolita di zio Liberto”

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“La stravagante accolita di zio Liberto”, scritto a quattro mani (in genere l’attività di scrittura avviene con una sola mano a stringere la penna ma oggi, con l’avvento quasi totale dell’informatica, la tastiera esige due mani equiparando la scrittura al suonare in coppia il pianoforte… a quattro mani, appunto) da Mara Giammarini e da Giorgio Peci (illustrato da Alessandro Rocchi, edito da Edizioni Simple), è ben rappresentato dalla copertina: un insieme di personaggi, quasi una galleria nobiliare (poco nobiliare, considerati gli atteggiamenti ritratti salvando la bella donna e il pensatore leopardiano) con i volti contornati da cornici assortite in vari stili. Forse più congerie che accolita, trattando il libro di esseri umani, ma le scelte vanno rispettate.

Come è il libro? Lo spiegano, bene, i due autori in quarta di copertina: “Ironico ma tremendamente reale. Spaccati di vita quotidiana della nostra gente, quella vera, quella dei borghi e delle campagne marchigiane, che s’intrecciano con un lavoro incompreso e anche un po’ incomprensibile, l’Assistente Sociale. Storie narrate da uno di noi, Eugenio Liberto, di mestiere ‘cercatore d’oro’, e accolte dai professionisti dell’aiuto.

Attraverso le sue narrazioni gli autori ripercorrono le disgrazie e le meraviglie dell’unico capitale di cui si possa davvero disporre, quello umano”. Sono tredici storie (veramente sarebbero quindici perché la “entratina” che dà inizio alla narrazione e “caffè e ammazza caffè” che la chiude sono le altre due) che scivolano via (ma, attenzione, potrebbero anche lasciare un segno) tra il (molto) serio e il faceto-ironico con inserzioni linguistiche da scaricatori portuali che attualizzano il “parlato” rispetto al comune uso della scrittura generalmente più forbita.

Andando oltre le singole storie, cosa ci mostra il libro? Ci mostra una società accelerata, con la velocità che ha preso il sopravvento sulle persone in ogni ambito del vivere: tutto e di più subito, anche prima di subito. È così inevitabile che rimanga indietro una lunga scia di derelitti, di persone che non si sono adattate  o che, peggio, hanno subìto la voglia di arrivismo altrui divenendone vittime. Voglio denaro facile – spaccio droga – consumo droga – mi prostituisco – genero un figlio – mi suicido – figlio in affido – ambiente familiare poco idoneo – e così via… (la storia di Eugenio).

Gli Assistenti Sociali fanno quel che possono inseriti in uno Stato che favorisce l’andazzo sociale, che pone lacci e laccioli burocratici, che è tirchio per le categorie socialmente svantaggiate; su cento soggetti riescono a salvarne ben pochi.

Nessuna società fin dall’antichità è perfetta. Ricordate la leggenda spartana del Monte Taigeto? Oggi, dopo tanti secoli da questo punto di vista va un po’ meglio, ci sono strutture di accoglienza e Assistenti Sociali. Il problema è che la nostra società, guidata ovunque da politici di scarsa efficienza, di scarsa consapevolezza, spesso corruttibili e corrotti, continua a partorire situazioni che generano soggetti socialmente deboli, che non riuscendo a salire sul treno in corsa si autoemarginano più o meno consapevolmente. Un libro che dietro l’ironia lascia intendere una società in difficoltà, nascosta da oro fasullo.

Fernando Pallocchini

13 settembre 2020

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