Il romanzo storico: “La battaglia dei Campi Catalaunici” – IX puntata

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Elvio, da amico affezionato qual era accettò e, giustificata la sua assenza con il Principalis del suo contubernium (plotone di soldati composto di otto uomini), si sistemò di guardia all’esterno della tenda. Il resto di quel giorno ed anche il successivo passarono così, fra un dormiveglia e un altro, parlando a volte Terenzio a voce alta, pronunziando incomprensibili parole e alzandosi di scatto dal giaciglio sul quale poi ripiombava ben presto, incapace di riprendere piena conoscenza, rassicurato dalla presenza dell’amico.

Arrivano gli alleati – A sera segnali di tromba anticiparono l’arrivo di un numeroso gruppo di armati. Erano le avanguardie degli alleati Visigoti. Nel campo manifestazioni di giubilo e di sollievo si moltiplicarono man mano che altri reparti sopraggiungevano, sempre più consistenti ed organizzati. Precedeva la cavalleria, che aveva già vittoriosamente combattuto contro le retroguardie di Attila ad Aurelianum provata ma trionfante per l’esito di quegli scontri che pure erano stati sanguinosi non avendo gli Unni ceduto se non quando era stata assicurata la via della ritirata per il grosso delle orde al comando di Attila. I fanti erano attesi per il giorno successivo poiché la lunghezza del tragitto non aveva consentito, ad uomini che avevano già partecipato ad uno scontro armato, di procedere in maniera più spedita.

Arriva anche Ezio – E così per tutto il resto della giornata, fintanto che una marea di Visigoti, Alani e Burgundi invase tutte le piane attorno al castrum fortificato innalzando variopinte tende e accendendo innumerevoli fuochi per scaldare le vivande. Ezio e Teodorico erano stati fra i primi ad arrivare e subito si introdussero nell’accampamento, lasciando ai Visigoti di sistemarsi all’esterno dello stesso, tanto grande era il loro numero. Ezio, da buon comandante che sapeva farsi amare dai suoi uomini, cercando di conoscerli personalmente e preoccupandosi per quanto possibile dei loro problemi, fra le prime cose si interessò per conoscere la sorte dei due equites Camillo e Terenzio, lasciati sul luogo dell’agguato di qualche sera prima. Apprese così del ritorno di Terenzio e della morte di Camillo e, volendo congratularsi con il superstite, lo mandò a cercare per averlo l’indomani alla sua presenza.

Il rapporto al comandante – “Eccomi, Magister”. Terenzio, sbarbato e in buona forma grazie al meritato riposo che gli era stato concesso dopo l’avventuroso ritorno al Campo, si presentò di primo mattino nella tenda del Comandante Generale. Questi l’interrogò sulle vicende successive al suo allontanamento dal luogo dell’agguato e il “nostro” raccontò brevemente gli accadimenti soffermandosi in particolare sulla orribile fine del Decurione Camillo, che era rimasta impressa nel suo sensibile animo. Lo avevano colpito in particolare la ferocia con cui gli aguzzini avevano infierito su quell’uomo rimasto inerme nelle loro mani e la mancanza di qualsiasi accenno di umanità anche nei confronti del suo corpo, abbandonato alla mercé degli animali selvatici, quasi fosse un loro simile.

Traditori nell’accampamento – Al termine del racconto, che aveva emozionato anche il Magister pur veterano di tante battaglie, Ezio fissò lo sguardo negli occhi di Terenzio: “Soldato, ho ascoltato il racconto, ma tu mi nascondi qualcosa”. Terenzio non aveva mai saputo mentire e dunque, di fronte a quella domanda che in qualche modo si attendeva, decise che era giunto il momento di rivelare il tradimento della Guida. “Magister! Ho atteso il suo ritorno perché non mi fidavo più di alcuno. Quando il drappello si è allontanato e sono andato a vedere ciò che stava succedendo al Decurione assistendo così alla sua orribile fine, ho visto un’altra cosa che mi ha sconvolto: chi guidava i miserabili assassini era la Guida Ruhr! Ripensando che ci aveva condotto ad attraversare il fiume in punto diverso da quello in cui eravamo arrivati ho compreso che era al corrente della presenza lì degli uomini in agguato. Ho anche pensato che questi erano stati avvertiti di quella missione che era stata decisa all’improvviso, per cui non poteva essere stato il Burgundo che non aveva avuto il tempo di farlo in quanto impegnato nei preparativi per formare il drappello. In una delle sere precedenti, io mi trovavo fra le guardie incaricate di vigilare per la sicurezza dell’accampamento ed ho all’improvviso notato delle luci intermittenti provenienti dalla zona in cui poi siamo caduti nell’agguato. L’avevo subito riferito al Capoguardia, ma lo stesso non diede peso alla cosa ritenendola un fenomeno naturale. Solo dopo ho capito che quello era un segnale per qualcuno all’interno del castrum. Quando sono tornato non ho riferito ad alcuno questo fatto perché temevo di mettere in allarme il destinatario del segnale, riservandomi di svolgere prima qualche accertamento per riferire una cosa più sicura”.

Ezio vuole conoscere meglio Terenzio – Ezio era visibilmente impallidito. Con tutti i problemi che lo pressavano in attesa dello scontro con gli Unni, pure un traditore nel castrum ci voleva? “Hai fatto bene, soldato”. Ezio aveva compreso che Terenzio non era uno sprovveduto e, dopo aver brevemente meditato, si lasciò andare e chiese: “Di dove sei?”. “Vengo da Ricina, nel Piceno. Ho servito nelle guarnigioni campali ed ora sono qui, ai tuoi ordini”. “A conoscere questi fatti siamo solo in due. Dopo quello che mi hai riferito temo della lealtà anche dei miei collaboratori più vicini, perché la missione era segreta e conosciuta solo da pochi intimi”. Una ispirazione improvvisa si accese nella sua mente. “Da come parli capisco che sei istruito. Sai leggere e scrivere? Chi ti ha insegnato? Perché sei ancora un semplice eques e non sei almeno un principalis?”. “Magister! Mio padre Pertinace era il maestro del borgo in cui vivevamo in pace. M’insegnò lui facendomi anche assistere agli spettacoli che venivano rappresentati nel nostro Anfiteatro e che lui contribuiva a far svolgere, tant’è che mi ha dato il nome del famoso Publio Terenzio Afro. Sono entrato nell’Esercito per una questione di cuore e volevo farmi una posizione per poter formare una famiglia. Ho sempre svolto con lealtà il servizio, obbedendo agli ordini ricevuti e non ho mai premuto per avere il grado perché mi auguravo che qualcuno si accorgesse di me senza dovermi proporre da solo”.

Al diretto servizio del generale – “Da questo momento sei al mio diretto servizio. Prendi le armi. Lascia la tenda che hai sin qui occupato e ritorna con il tuo Centurione. Farai parte della Guardia addetta al mio servizio”. Terenzio, soddisfatto e commosso, ringraziò subito dentro di sé il Buon Dio per quanto gli stava capitando e pensò al vecchio padre lontano che lo stava aspettando, perché aver avuto per sorte un così bel riconoscimento ed un posto tanto ambìto, significava per lui il compimento di un sogno cui non aveva mai ardito sperare. Ed era tutto vero quello che aveva dichiarato al suo Comandante perché negli anni dall’inizio del suo servizio nell’Esercito di Roma si era sempre onorevolmente comportato senza chiedere riconoscimenti o favori. Rintracciato il Centurione, tornò poi con lui da Ezio che personalmente dettò i suoi ordini e così, seduta stante, entrò a far parte della Guardia personale di Ezio. Fuori di sé dalla gioia e spinto dalla necessità di raccontare a qualcuno quanto gli stava accadendo, cercò Elvio anche per ringraziarlo dell’aiuto fornito nel riposo al ritorno all’accampamento. “Sono sicuro che tu avresti fatto altrettanto per me”. “Ma io non lo dimenticherò”.

Investigatore – Nel nuovo incarico Terenzio ricevette subito il compito di investigare sulle persone più vicine al Magister militum, le uniche al momento sospettabili per la possibilità di venire come tali a conoscenza della missione serale al campo dei Visigoti. Una ventina di soggetti in tutto, compresi gli eunuchi addetti ai servizi della tenda e della tavola del Comandante, che potevano aver origliato e così appreso della missione che doveva rimanere segreta e che invece – a cose fatte – non lo fu. Certo il primo ad essere rimasto meravigliato che un simile incarico fosse stato assegnato a lui era stato lo stesso Terenzio, che da semplice eques si era ritrovato componente della Guardia del Comandante, con funzioni investigative. Ma Ezio con la sua esperienza e conoscenza degli uomini già altre volte aveva avuto di queste favorevoli intuizioni specie nelle convulse vicende dell’ascesa al potere nell’Impero, con l’eliminazione dei Generali suoi concorrenti Felice e Bonifacio. Sapeva scegliere i collaboratori anche solo guardandoli negli occhi e non si era mai dovuto pentire delle scelte così compiute; con Terenzio era convinto di aver trovato un’ottima soluzione perché nessuno avrebbe mai immaginato che un soldato semplice com’era stato fin lì potesse svolgere una missione così delicata e di fiducia, potendo agire indisturbato e senza dare nell’occhio.

Il bagliore notturno – Il “nostro” si mise subito al lavoro e la prima idea fu quella di verificare se i segnali si ripetessero. Attese dunque pazientemente la sera, scegliendo con accuratezza un posto di osservazione che gli consentisse di individuare, per una fortunata combinazione, entrambe le posizioni: quella di effettuazione e quella di ricevimento delle segnalazioni. Anche quella sera la luna comparve presto in cielo e, col calar delle tenebre, illuminò la brughiera mettendone in rilievo asperità e vegetazione. I Legionari, sopraffatti dalla stanchezza accumulata nello svolgimento dei tanti lavori di preparazione allo scontro, dopo aver consumato una sostanziosa cena a base di carne di bue e verdure cotte -il tutto innaffiato con il Falerno venuto dall’Italia- si ritirarono ciascuno nella propria tenda. Solamente Terenzio vegliava in attenta osservazione di quanto avveniva all’intorno. Il silenzio era periodicamente interrotto solo dalle grida delle sentinelle che si chiamavano a distanza, alternandosi come di consueto. Ogni trambusto era ormai cessato anche nei vicini accampamenti dei foederati allorquando, quasi al compimento dell’ora quarta notturna, parve a Terenzio di scorgere in lontananza di nuovo il bagliore che aveva osservato in uno dei giorni precedenti.

Un’ombra furtiva fra le tende… – Immediatamente lo sguardo corse alle tende del castrum trincerato. Con il cuore in tumulto Terenzio riuscì a percepire un momentaneo scintillio, così veloce da non poter essere localizzato con esattezza. Non si arrese, precipitandosi incuriosito verso la direzione sospettata senza riuscire a trovare traccia di quanto cercava. Troppo poco, ma era già una conferma della esistenza del complotto che temeva. Pur vigilando ancora per il resto della notte, non avvistò alcun altro segno e così, stanco e un pochino deluso, decise di ritirarsi. Fu in quel mentre che la vide! Un’ombra furtiva sgattaiolava veloce fra le tende. La raggiunse… continua (per leggere le puntate precedenti  inserire nel motore di ricerca del sito www.larucola.org la dicitura “la battaglia dei campi catalaunici”)                                                              

Giuseppe Sabbatini – con illustrazioni di Lorenzo Sabbatini

3 novembre 2020

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