La decadenza di Roma, dell’impero romano, simili alla Roma e all’Italia di oggi

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Si sente spesso dire che la storia deve considerarsi come una “maestra di vita” perché ripetendosi spesso dovrebbe far prevedere il futuro. Lo affermava anche Winston Churchill: “Chi non conosce la storia non può prevedere il futuro”. La storia si ripete (Tucidide). Cicerone diceva che non conoscere che cosa sia accaduto nei tempi passati, sarebbe come non sapere di essere stato un bambino. La storia è la somma totale delle cose che avrebbero potuto essere evitate (Konrad Adenauer). La storia è madre della verità, emula del tempo, depositaria delle azioni, testimone del passato, esempio e annuncio del presente, avvertimento per il futuro (Miguel de Cervantes).

Sotto viene riportato l’elenco delle cause principali della decadenza dell’impero Romano, come descritte da Francesco Crivelli, in “Storia Cronologica dei Romani Volume I. Verona1823”  

“Allorquando le Legioni Romane attraversarono le Alpi ed i mari, per estendere le loro conquiste, perdettero a poco a poco lo spirito patrio, per quella distrazione a cui li spinse la novità dei costumi, la moltitudine dei trattenimenti, la squisitezza dei piaceri e conseguentemente dimenticando li soldati i loro doveri e la obbedienza verso la Repubblica, incominciarono a riguardare il Generale come loro padrone, ed a riporre in esso tutte le loro speranze e la loro prosperità. Da ciò ne accadde che la Repubblica perdette il diritto sulle truppe, perché i soldati non più furono quelli dì Roma, ma li seguaci di Mario, di Cinna, di Carbone, di Sertorio, di Silla.

Questo sovvertimento dell’ordine politico e militare dello Stato, era però figlio di cause antecedenti, e della corruzione generale dei cittadini, il cui carattere ben diverso da quello degli antichi eroi di Roma annunziava in breve la caduta e lo sterminio della Repubblica stessa.

Sfidato Mario da un fierissimo Teutono a singolar tenzone, rispose, alle minacce di quello spregiando, se ha fretta di morire si appenda ad un laccio, ma invitato alla pugna da un Gallo di gigantesca statura, il Tribuno Muzio Cordo uscì in campo, vinse il nemico ed ottenne onori e ricompense.

Qual cangiamento, qual differenza di costumi! Allora la forza, il coraggio, la destrezza erano le virtù colle quali si affrontavano i perigli, in quest’epoca si cercava di vincere col numero delle truppe, cogli stratagemmi…

Una corona di quercia, di ellera (edera) o di gramigna bastava nei primi tempi della Repubblica per ricompensare le vittorie dei Consoli, il valore dei Tribuni, il coraggio dei Soldati. Dopo la seconda guerra Punica si riguardavano quei premi come inezie e puerilità e tutti incominciarono a desiderare ricchezze, terre, palagj e preziose suppellettili. Il Consolato, la Questura e tutte le altre cariche dello Stato si ottenevano un tempo in guiderdone dei servigi prestati alla Repubblica, e posteriormente li maneggi, gli intrighi, la prepotenza e le più stomachevoli adulazioni erano li mezzi con cui salivano li cittadini ai primi onori del Governo.

Che più? Quelli ambiziosi candidati introducevano in Roma intere Città e Nazioni per comperare li suffragi e quei Comizj. Altre volte Giudici integerrimi della virtù e dell’onore, divennero assemblee di sedizioni, perché composte di adulatori, di parassiti, di ipocriti e di creature vendute all’orgoglio ed alla tirannia dei grandi.

E quale è stato il frutto di tanti disordini? Che Roma venne lacerata dalle civili discordie di Mario, Cinna, Carbone e Sertorio; che dovette posteriormente piegare il collo al giogo di un Dittatore perpetuo, dopo la rinunzia del quale due grandi Capitani cioè Pompeo e  G. Cesare disputandosi l’impero della Repubblica sotto il pretesto di tutelare la libertà della Patria, innalzarono lo stendardo dell’Anarchia per farsi despoti dello Stato, tutte conculcando le leggi e le più sacre istituzioni onde arrivare alla meta bramata”.

Ogni riferimento all’attuale situazione italiana è puramente casuale. Allora l’élite veniva selezionata con il “cursus honorum”: sceglievano gente che aveva dimostrato le proprie capacità. Ora ci affidiamo agli unti da un Giove arroccato su un Olimpo qualsiasi.

Quel puzzone di Cesare, a piedi, sbaragliò Galli, Elvezi, Belgi, Germani, Bellovaci, Spagnoli e pure Greci, Cartaginesi, Britanni. Con parte dell’immenso bottino portato a Roma, il Senato organizzò 20 giorni di feste; Cesare non andava a Bruxelles, in ginocchio a chiedere l’elemosina. E non si ha notizia di alcun crollo dei ponti costruiti da Cesare.

Speriamo, almeno, che quella pletora di (pagatissimi) Generaloni delle numerose legioni della sanità pubblica riescano ad addomesticare un animaletto piccolo piccolo.

Nazzareno Graziosi

5 gennaio 2021

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