L’ultimo commento di Giulio è su “Navigator” e sciopero degli statali sbagliato

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Nota del Direttore – Questo che leggerete è l’ultimo articolo scritto per La rucola da Giulio Lattanzi, pubblicato nel numero uscito in gennaio e oggi sul sito web. Ci mancheranno i suoi scritti, sempre lucidamente critici.

Incipit dell’articolo – Ci sono due notizie che mi hanno interessato: la costituzione in un sindacato dei “navigator” e lo sciopero degli statali per il rinnovo contrattuale indetto – nel momento in cui sto scrivendo non ancora ritirato – per dicembre da Cgil-Cisl-Uil.

I “navigator” – I cosiddetti “navigator”, apparentemente legati alle disposizioni del reddito di cittadinanza, sono in effetti precari, nei fatti alle dipendenze dei centri regionali dell’impiego dei quali i Presidenti delle Regioni, prima o poi, oppure mai dovranno spiegare ai propri elettori la loro funzione e la capacità di produrre occupazione se in alcune zone non si è in grado di mettere assieme domanda e offerta di lavoro. Di norma i cittadini pagano senza sapere quali siano le strutture che sono solo una spesa. Tornando ai “navigator” esistono leggi di questo tipo in molti paesi dell’Europa, ma i limiti della legge italiana sono da riscontrarsi nella mancata divisione tra poveri e occupabili. Esisteva già nella normativa una legge specifica per la povertà, affidata ai Comuni, che si poteva integrare se non si fosse voluto mettere il timbro della propria parte a fini esclusivamente elettorali. Nel caso i 5Stelle. Non sono per niente convinto che serva un sindacato ulteriore per una parte di dipendenti pubblici legati a una legge come i navigator, serve unità e non la divisione dei lavoratori, perché agendo in questo modo si da ancora più potere a chi già lo detiene. Non vorrei, come nella scuola, che la proliferazione dei “sindacati” sia più legata alla ricerca di stabilizzazione degli iscritti nelle varie graduatorie piuttosto che ai contenuti di una scuola moderna e ispirata al futuro. Bisogna individuare un percorso unitario, occorre la formazione continua degli addetti al servizio mentre ai richiedenti lavoro si  richiede una sempre maggiore professionalità. È basilare mutare il servizio Regionale per l’occupazione per di renderlo efficiente, risolvendo la condizione dei dipendenti, perché così come è non funziona.

Lo sciopero – La seconda notizia è relativa allo sciopero di categoria degli statali proclamato dalle confederazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil per il rinnovo contrattuale. Il diritto di sciopero è sacro e inviolabile in democrazia, ma debbo dire con estrema chiarezza, interpretando il pensiero di molte persone in questa fase della pandemia, che sono contrario a questa iniziativa. Non solo per la difficile situazione pandemica da Covid19, ma per aver abbandonato la visione complessiva del Paese e privilegiato lavoratori tutelati non solo dal punto di vista salariale, rispetto a quelli deboli che attendono anche loro il rinnovo del contratto nazionale scaduto e la certezza a “vita” del posto di lavoro. Sono tanti i contratti scaduti, tra questi quello della sanità privata (non penso che quelli privati siano considerati lavoratori di un’altra serie), allora non si capisce perché si sia pensato solo allo sciopero degli statali, che hanno perso il 7% del potere di acquisto e la cui controparte ha aperto con consistenti proposte vicine all’80% di quanto richiesto. I pensionati (altra categoria quasi protetta) per i quali – non durante la pandemia, che ha tuttora effetti drammatici su economia e società – si sono fatte numerose manifestazioni con scarsi risultati, e pure loro hanno perso il potere di acquisto di più rispetto al 7% degli statali. Mi dispiace dello sciopero degli statali, perché questa scelta è “vecchia” se si pensa che attraverso i contratti si possano, anche se in parte, molto in parte, affrontare e risolvere i tanti “guasti” del Paese. A esempio per intervenire sulla sanità territoriale e sull’assunzione di medici e d’infermieri. Ci vuole un’azione unitaria e non di categoria, a livello delle confederazioni locali, regionali e nazionali. Negli anni ’80 le confederazioni, in un momento di crisi, ebbero il coraggio di dichiarare, per aiutare il Paese, che il salario non era una variabile indipendente. Oggi invece non si affrontano temi come produttività e semplificazione burocratica vera per i servizi dovuti ai cittadini lavoratori.  Questa chiamata della categoria ha appannato il ruolo confederale: l’unità di azione ha dimostrato i suoi limiti, mentre l’unità concreta poteva fare meglio!

Giulio Lattanzi

16 marzo 2021

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