Ricordiamo Dante Alighieri, a 750 anni dalla sua nascita, con “La Trapunta di Stelle”

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Molti avranno notato leggendo la “Divina Commedia” come tutte e tre le cantiche dantesche si chiudono con la parola: Stelle!

Inferno: E quindi uscimmo a riveder le stelle!

Purgatorio: Puro e disposto a salire le stelle!

Paradiso: L’amor che muove il sole e l’altre stelle!

La fine di ogni cantica dantesca parla di Stelle perché così Dante vuol dimostrare che il suo viaggio non riguarda solo l’aldilà e basta… bensì l’aldilà nell’aldiquà: l’uno dentro l’altro. Poiché Presente ed Eternità, stanno l’uno nell’altro.

Siamo convinti, erroneamente, che vita eterna sia sinonimo di futuro e così abbiamo inventato utopie per portare il futuro nel presente… che delusione! Perché un’utopia non provoca altro che disperazione. In conclusione confermiamo che “La poesia di Dante è Trapunta di Stelle”. Ed è pervasa dall’amore, inteso secondo la concezione del Dolce Stil Novo, il quale significa: Elevazione. Cioè un sentimento che porta a migliorare se stessi.

È sempre l’amore che spinge Dante a scrivere la commedia, quell’amore nato come un miracolo, un’emozione così forte ed essenziale, scaturito dall’incontro con Beatrice quando ambedue avevano solo 9 anni. E sentimento, poi suggellato al secondo incontro, quando avevano 18 anni. Così scrisse Dante nella Vita Nova: “Spero che Dio mi dia abbastanza giorni per scrivere di Lei quello che nessuno ha mai scritto per Nessuna”.

Dopo la prematura morte di Beatrice, avvenuta a soli 24 anni per un parto complicato (era maritata con Simone dei Bardi, alto aristocratico fiorentino), Dante attraversò un momento di traviamento morale, intellettuale: un disorientamento totale. Che serve però a dare la spiegazione ai famosi versi: “Mi ritrovai in una selva oscura, che la dritta via era smarrita”. Con la stesura della Divina Commedia Dante intende redimersi, riscattarsi, purificarsi e, con la guida di Virgilio e Beatrice, percorrere il suo viaggio dagli inferi sino alla beatitudine del Paradiso, per poter alfine con anima pura ammirare le stelle!

Questo è un percorso che ciascuno di noi, volente o nolente, affronta nella vita: Inferno, Purgatorio e Paradiso sono insiti nel nostro essere e Dante suggerisce che sta a noi il potere di saperli vivere nel modo migliore per poi godere dello splendore delle stelle. L’abilità del Sommo Poeta nello scrivere e descrivere, in modo così fantasioso ma vero, luoghi, personaggi e la visione di Dio dal suo mondo celestiale, la creatività che usa nel narrare un mondo inusuale per un essere Terreno, ha quasi una sensazione di magia. Si sussurra infatti che Dante fosse attento al mondo della cabala numerica (come il suo primo incontro con Beatrice a 9 anni, ripetutosi a 18: 9+9+9) ma attento anche nel suo esprimersi nella descrizione di episodi mitologici e da legenda, come quello dell’Araba fenice, nel XXIV canto dell’Inferno:

Che la fenice more e poi rinasce,

quando al cinquantesimo anno appressa:

erba né biada in sua vita non pasce,

ma sol d’incenso lacrime e d’amomo,

e nardo e mirra son l’ultime fasce.

Il primo storico a menzionare la fenice, fu il greco Erodoto nel 500 a.C.; per giungere poi dopo altri a Ovidio, nelle sue Metamorfosi, dove descrive cosa utilizza la fenice per costruire il suo nido (mirra, cannella, incenso). Dante riscrive, ampliandolo, tutto ciò che già scrisse Ovidio.

In realtà menzionare la fenice ha una relazione con il significato della commedia, poiché il suo morire e risorgere dalle proprie ceneri ogni 500 anni, rappresenta la nostra morte e resurrezione. Diviene quindi simbolo dell’Anima immortale e della Purificazione. Dante intende suggerirci che la meta del nostro viaggio terreno è il Paradiso! Anche se il punto di partenza è l’inferno e consiglia di affrontarlo accostandoci con chi abbia l’animo gentile di colui che racconta la vita in versi. Il Sommo Poeta si prefigge di trasmettere, anche se in forma allegorica, un insegnamento di natura morale e religiosa.

Dante è considerato il padre della lingua italiana nonché pilastro della letteratura mondiale. A distanza di 700 anni (dalla morte) possiamo asserire che ha compiuto mirabilmente il suo impegno. Ricordiamolo, ogni volta che guardiamo brillare una stella in cielo!

Fulvia Foti

15 aprile 2021

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