Oggi i giovani pigiano i tasti dei cellulari e un gioco è stato dimenticato: lu cucuzzaru

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Eh sì cari amici, siete tutti talmente intenti a smanettare sul telefonino che vi siete dimenticati di insegnare ai vostri figli i bellissimi giochi della vostra infanzia.

Ricordate “lu cucuzzaru”? Nelle Marche era diffusissimo e lo avrete certamente giocato, voi di una certa età, ma sapete come e dov’è nato? Il termine cucuzzaro deriva dalla parola cucuzza – dialetto siciliano – e sta ad indicare la zucca (e lascia sott’intendere pure la marchigianissima “capoccia”). Nello specifico, la frase in questione viene pronunciata durante un antico gioco per bambini chiamato, appunto, “gioco del cucuzzaro”.

Le regole sono semplici ma mettono in prova l’attenzione e la velocità di risposta dei partecipanti. Per prima cosa un bambino viene nominato, attraverso una conta, come cucuzzaro, ovvero come capogioco temporaneo che ha il compito di dare il via alla partita e assegnare a ogni partecipante le cucuzze, cioè un numero a piacere a seconda del numero dei partecipanti.

Parla per primo il cucuzzaro, pronunciando ad alta voce una frase del tipo: “Sono andato al mercato e ho comperato…” proseguendo la frase con un numero, tra quelli assegnati alle cucuzze, a piacere. La cucuzza nominata (a esempio la numero tre), risponde: “E perché tre?” e il cucuzzaro: “E quante sennò?” A questo punto la cucuzza dice un altro numero tra quelli in gioco, oppure chiama in causa il cucuzzaro, pronunciando, a esempio, la frase: “Tutto il cucuzzaro!”, il quale prosegue scegliendo un altro partecipante al gioco. Se la cucuzza con il numero chiamato non risponde prontamente, viene eliminata dal gioco o deve pagar pegno.

“Tutto il cucuzzaro”, oltre a essere una divertente attività ludica, è diventata anche una espressione di uso comune per intendere “tutto quanto”, per indicare chi vuole prendersi la totalità delle cose.

Alberto Maria Marziali

13 agosto 2021

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