Philipus Bergomensis, uno studioso poco incline a credere alle “favolette” storiche

Print Friendly, PDF & Email

Non sono pochi gli Italiani (e non solo gli italiani) disposti a credere ciecamente a qualsiasi  notizia e senza preoccuparsi della sua attendibilità e della contestualizzazione. Presso gli antichi greci e i romani, la commedia e le satire erano ispirate dal “Castigat ridendo mores”, ma forse mai  riuscirono a correggere i costumi ridendo. Più tardi Trilussa (Carlo Alberto Salustri – Roma 1871 /1950)  più di ogni altro ha cercato di ridicolizzare (inutilmente) gli infiniti vizi umani, a voi un breve estratto:

A immagginasse Roma anticamente, / pe’ quanto faccia, un omo se confonne…

Se sa: so’ tutte pappole ch’ormai / fanno ride li polli; ma l’antichi / se l’ereno bevute bene assai.

Questo vô di’ che l’ommini so’ pronti / a crede a tutto quello che je dichi / e a qualunque fregnaccia j’aricconti…

Caro Alberto, il tuo sarcasmo non stimola il cervello di quanti vivono, tranquilli, all’ombra  di favolette allegre e nella dogmatica certezza di verità assolute: “La civiltà Europea comincia con Romolo”. E giù una sequela di storielle per agevolare il sonno della ragione. Questo vizietto, in auge da millenni, gode di ottima salute e sopravviverà a lungo. Da sempre, alla laboriosa ricerca di dati e prove, si preferiscono la tranquillità dell’accettazione della notizia (semplificata). I nostri vecchi (spesso analfabeti) consigliavano prudenza e verifica: “L’oro luccica! ma non tutto quello che luccica è oro”!

Philipus Bergomensis

In ossequio a questo saggio precetto, si crede utile fare riferimento a nostri studiosi dei secoli passati, compreso Philipus Bergomensis. Foresti Giacomo Filippo (1434-1520) nasce nel 1434, nel Bergamasco, da nobile famiglia; molto giovane entra nel convento di Bergamo degli eremitani di S. Agostino. Assunse molti incarichi nel suo ordine religioso. Il devastante terremoto di Brescia del 1471 e la grave pestilenza del 1471, non gli impedirono di dedicarsi, alla ricerca di codici e altri documenti storici e al conseguente arricchimento della biblioteca conventuale. Per lungo tempo si  dedicò a una approfondita ricerca storica rapportata alla cronologia degli eventi.

La prima pubblicazione del “Supplementum chronicarum”  fu edita a Venezia nel 1483 da Bernardino Benali. Il successo dell’opera e la serietà dell’autore sono dimostrate dalle numerose riedizioni “aggiornate”: 1485 a Brescia; nel 1490 e nel 1492 a Venezia;  nel 1493 a Norimberga. Gli aggiornamenti dell’opera continuano  fino alla metà del secolo. Qualche “mala lingua” fa balenare il sospetto che sarebbe stato aiutato da Ambrogio Calepini. Notare che il Calepini (umanista e latinista, autore del “Dictionarium latinum”, monumentale opera di natura lessicografica ed enciclopedica – prima edizione 1502) visse dal 1458 nel convento agostiniano di Bergamo, dove morì nel 1511. E “Calepino” è restato per lungo tempo sinonimo di “dizionario”. Gli autori di questi due importantissimi libri vissero (e scrissero) nello stesso convento, dotato di una ricca biblioteca. Fu forse la loro collaborazione a rendere molto apprezzate le loro opere.

– Da Supplementum – supplementi delle chroniche. Venezia: Giorgio Rusconi, 1524 (pagine 739) – si riportano alcuni brani cercando di renderli comprensibili,  pur salvaguardando il fascino della scrittura del 1400.

“Del principio del regno de Laurentii” (pag 115) – Pico…, Re del Ausonia & figliolo de Saturno: come scrive Eutropio… successe al patre nel regno in Italia:& regnò anni XXXI, fu  homo certamente egregio, divinatore & de corpo fortissimo: el quale perho fu chiamato Pico & indovinatore: perchè haveva in casa uno uciello chiamato Pico el quale è negro & ha li piedi & el becco rosso & come una punta: & da questo uciello sapeva le cose future. E per questa cagione doventò eloquentissimo. Con la quale eloquétia tirò molti homini a sua obedientia & se li fece subditi…, come quello uciello con la lingua tira a sè le formiche, così questo Re li homini con la sua eloquenzia. Costui fu il primo che trovò il gioco della palla & lo insegna a suoi populi: come descrive Pli. Et nel suo regno edificò una città chiamata Laurento: la quale al presente se chiama Sabina & è discosta da Roma 30 miglia. & qui volse che fusse el principio, el capo & la sedia del suo regno & la chiamò Laurento: perché, come dice Papia, fu trovato uno arbore nella sua roccha che prima è nominata Nechaba: ma per quello arbore trovatovi volse che se domandasse Laurento. Et questo regno de Laurento fu molto celebrato & honorato in Italia: ebbe per donna Fauna: ovvero Fatua: la quale con suoi incanti  spesse volte faceva doventare istolti: & da lei hebbe uno figliolo chiamato Fauno: el quale li successe poi nel regno. E non essendo contento Pico del suo regno: crescendogli l’animo, procedendo più oltra prese uno paese assai grande & da se volse che fusse nominato Piceno: el quale al presente se dice la Marcha: nel quale sono molte città sotto lo imperio della chiesa: come Fermo: Ascoli: Ancona: Atria dal quale è nomato el mare Adriatico: & anchora molte altre città. Et benche habiamo dicto che questo paese nominato da Pico Piceno: vogliono alcuni che, più tosto havesse el nome da quello uciello Pico: per che in quelli tempi lo portavano per segno ne li loro stendardi. (nota – questa ipotesi è più attendibile della vulgata ufficiale che vorrebbe far derivare “Piceno” dal picchio che avrebbe guidato i giovani Sabini nelle Marche. Ipotesi difficilmente sostenibile: il “picchio” è, ed era anche in quei tempi, un volatile stanziale, pessimo volatore, assolutamente inidoneo all’impresa, fatti salvi miracoli e prodigi). Questa regione da Oriente ha el fiume che se chiama “la foglia” el quale già se nominava Isauro: da mezzo dì el mare magiore (Adriatico): & el fiume chiamato Tronto che è appresso Ascoli: & questo paese è d’ogni fructo copioso. Piceno provincia de Italia dal Pico occello: overo dal Pico Re, così chiamata: la Marca di Anchona hogi se chiama: benchè… primamente la Marcha Firmana sia stata chiamata. Li confini della quale dal Septentrione è Apenino monte: lo quale quella dal ducato Spoletino divide… Questa p(r)uincia… è abundante della copia de tutti li frumenti ma etiandio e di animali & bestie ripiena. Donde a dechiarare la grandeza della pruincia Plinio Veronese scrive che li marchesiani furono d’una grande moltitudine intanto che trecento millia in aiuto de Romani venuti fusseno… tra le clarissime città sono…: Pesaro citta dalli Romani edificata: la quale ha piccolo porto… Fano & Senogaglia: Urbío de nome antiquo… Agubio… Anchona citta anticha de Vino & de bia(d)e abundantissima.Valeria che adesso se chiama Camerino città antichissima: Fermo habitatione de Romani: & Ascoli città antichissima… Questa puincia è di situ & de natura fortissima. Alla quale tutti li monti circostanti sopravanzano: & difficilmente per quelli li exerciti passano. In questa provincia è Fabriano nobillimo castello & ornatissimo de tutta ltalia ove se fa, intra l’altre cose, optima carta da scrivere… & quale de artifici de ogni generazione pienissimo. Gli e anchora Recanati città, la quale da principio fu chiamata Ricineto… E cita citata la Vergene Maria, Loreto chiamato… Et qui e lo fine del sito de tutta la Marcha Danchona…

PAG 135 ( Principio del regno de Latini) – “De Latini Re, quella provincia diciamo essere, la quale al presente se chiama Campagna lazio: & questa una delle 18 provincie de Italia & haveva molti luochi: molto piu che alchuna altra provincia frequentata… Et pho se domandò provincia latina perche Saturno Re de Candia… in quelli lochi se nascose, come scrive Virgilio nel octavo libro del Eneida. Et la larghezza de questa provincia fu nel principio molto minore che quella che al presente e se chiama Campagna. Advenga che Servio dice: che proprio quelli se chiamono latini che habitavono circa a li piedi, ovvero radice del monte Albano. Li confini de questa puincia al presente di questa Campagna cominciando dalla marittima: cioe da HostiaTyberina: & finisce alla citta de Gaieta:dove sono anchora molte citta in piedi:& molte disfacte: Hostia, Sessa:, Rieti, Terracina & Gaietta & isole Pontiana: & Padiana, el monte Circeo anchora Velletre, Aricia gia citta, Anagnia, Penestrina, Tiboli, Toscoli: & Alba gia citta: da la quale furono dicti & nomati i Re Albani. In questa puincia furono populi liquali se chjamorono Aborigeni:, Rutili, Volschi, Hernici, Equicoli & Marsi & haueua grande circuito qesta puincia. Theucro fratello de Aiace figliolo de Thelamone & de Hesione… molto valente delle arme… con Ajace fratello nella battaglia troiana essere andato si legge… finita la gụerra… non recevuto dal fratello, andò in Galicia provincia de Hispagna… allo locho dette la puincia di Galitia: di ráme & di piombo è molto abondante & de minio & de oro richissima in modo che etiamdio con lo aratro spesse fiate le geppie (zolle: in dialetto piceno “Jeppe”) d’oro tagliano. In quello paese le donne insino al presente le cose di casa e li lavorieri de campi administrano: & li suoi mariti alle arme & alle rapine attendono.

Ben 1300 anni prima di Romolo, senza andare in Inghilterra i Piceni già trovavano i materiali in Portogallo a conferma della espansione di questo popolo e di quanto abbiamo scritto finora.

Nazzareno Graziosi

21 novembre 2022

Sii il primo a dire che ti piace

Commenti

commenti