Il giorno del gran santo, / Crepanzio non sottile, / già vanno al campanile / campane a sbatoccar.
Ma prima di salire / ci volion quattro braccia / che la campana faccia / nel suono prolungar.
Si trovan due giovenchi / villani ben forzuti / che la campana in tutti / la possan manovrar.
Questi due giovenotti / avian fatto gran pranzo / a eloggio a San Crepanzio, / e gran bevuta ancor.
Per muover la campana / salire lì bisogna / in cima a la cicogna, / uno di qua e di là.
Ecco che già si muove / il grosso campanone; / la bocca d’un cannone / ti pare di sentir.
Un terzo sulla staffa / lo tira per la corda, / il suono quasi assorda / la gente in nel piazzal.
Son dati i primi squilli / del grosso campanone… / un urlo di persone / si leva di laggiù.
‘Ché l’occhi de la gente / ha visto un grand’orrore: / un giovin suonatore / che casca di lassù.
Saltato ha la cicogna, / già pende in verso piazza, / certo che lui s’ammazza / se arriva fin laggiù.
Il suonator di staffa, / preso da lo spavento, / lascia la corda al vento, / gettando i bracci al ciel!
La corda va fugata / e scappa inferocita, / attornia in nella vita / quell’uomo che cascò.
E con un forte stratto / lo imbutta nella torre; / ecco si va a raccorre / e sano si trovò.
Sì, dalla gran pavura / è mezzo tramortito; / ma pur manco in un dito / si fosse fatto mal!
E s’alza faticoso, / si mette in genocchione / a dir grande orazione / al grande protettor;
che con un gran miraccolo / salvato ha la sua vita, / se no era partita / pel gran mondo di là.
E voi popolazione, / tenetevelo a mente: / Crepanzio li difente / chi a pranzo l’onorò.
Come vedete ha fatto / nel loco che v’ho detto! / E adesso un bicchieretto / beviamo in suo favor.
Alfonso Leopardi
26 settembre 2024