Il tempo di una lettura al tramonto di un giorno qualunque, uno zefiro timido dopo l’afa persistente… ed è subito autunno. Il coprifuoco riprende servizio con impeccabile puntualità e, inesorabile, chiude le giornate anticipando la notte.
Le foglie hanno già iniziato la loro passerella: voluttuose, con i loro colori caldi e le sfumature ruggine e curry, tappezzano il “red carpet” delle strade e dei viottoli appena fuori i centri abitati per farci accogliere la bellezza sensoriale del riposo della natura. Nei campi hanno già vendemmiato e i tini sono pieni, lasciati già al riposo per fermentare e allietarci presto con del buon vino novello.
C’è chi fa provviste di legna da ardere per l’inverno, in cerca di ceppi e legno di scarto destinato a scoppiettare nei camini vicino alle stuoie, dove un gomitolo di pelo e fusa ci accompagna nelle nostre serate buie. L’aria è non è più riarsa, l’umidità e la brina lubrificano gli ingranaggi dell’autunno segnando a poco a poco il letargo del solleone. Le caldarroste fanno capolino dai sacchi di juta e la padella sforacchiata è già pronta in ghingheri per bruciarle e regalarci quell’inconfondibile aroma dei dolci ricordi del passato.
Scene inebrianti tornano alla mente: il vino cotto dei nonni, le instancabili vergare che preparavano le scorte per i pranzi domenicali e le merende buone per i nipoti, il tutto pervaso da una atmosfera di autenticità e semplicità pian piano sopita.
Francesco Sabbatini
20 gennaio 2025