Nel pezzo d’apertura del numero 314-315 de La Rucola, il direttore Fernando affronta l’argomento delle auto elettriche che è di estrema attualità, trattandolo col buonsenso e il pragmatismo del giornalista e del letterato, con pensieri validi, concreti e non arzigogolati come quelli degli imbonitori che ce le presentano come la ricetta per salvare il mondo (https://www.larucola.org/2024/11/29/auto-elettriche-si-auto-elettriche-no-e-il-dilemma-che-coinvolge-milioni-di-persone/).
Perché è vero che l’auto a trazione elettrica viene contrabbandata come la soluzione per vincere l’angosciante “riscaldamento globale” del pianeta, ma -come sottolinea il Direttore- è solo un altro espediente per fare soldi per i produttori e non dà alcun vantaggio di natura ecologica. Condivido perciò l’opinione che l’imposizione dell’auto a trazione elettrica non sia la soluzione delle soluzioni, ma uno scontro fra poteri forti dell’economia. Poteri che se ne fregano bellamente dei veri problemi del genere umano, problemi che fra due o tre generazioni saranno molto, ma molto più drammatici per causa dell’incremento esponenziale delle catastrofi dovute ai fenomeni atmosferici. I Mass Media ci aggiornano continuamente sulle calamità naturali di sempre maggiore intensità per effetto del riscaldamento del pianeta, ovvero gli allagamenti per l’esondazione dei fiumi e le estese devastazioni di campagne e insediamenti operate dal passaggio dei cicloni in terraferma.
La questione, come ho già scritto, è l’abuso di produzione di energia e il relativo inevitabile tributo in calore per effetto del “rendimento” delle macchine che trasformano l’energia “chimica” dei carburanti in energia meccanica pagando un forte tributo in calore disperso. Quest’ultimo non va su Marte o sulla Luna, ma resta a scaldare appunto il nostro pianeta. Anche io sono convinto che non sia assolutamente l’auto elettrica a risolvere il problema dell’eccessivo ricorso del genere umano all’energia termica, fare auto a trazione elettrica è un illusorio pannicello caldo sulla gamba in cancrena, perché l’energia elettrica che va nelle batterie dell’auto è ottenuta utilizzando centrali che bruciano combustibili di più e peggio delle auto stesse. I “poteri reconditi”, però, quelli che tutto condizionano della nostra cultura, si guardano bene dal dire una verità scomoda per i loro interessi economici.
La dura verità è che occorre un radicale cambiamento di abitudini per realizzare una condizione di maggior equilibrio fra le reali esigenze del genere umano e le leggi della fisica sulle trasformazioni energetiche. Per arrivare a un equilibrio accettabile è necessaria un’evoluzione della nostra società decisamente differente dal consumismo esasperato contrabbandato per “crescita”. Una “crescita” del superfluo sempre più costosa in termini energetici. La presa per il naso è che siccome il motore elettrico ha un rendimento ben maggiore di quello termico, se tutto va ad elettricità il problema è risolto. Sì questo è vero, verissimo, il motore elettrico scalda di meno, ma come è organizzato il pianeta, l’auto elettrica è come il gioco delle tre carte, che non ti fa vedere in che modo viene prodotta l’energia, sempre elettrica, necessaria per caricare le batterie.
Il punto dolente della questione è proprio chi e in che modo fornirà l’energia da mettere nelle batterie. Perché le batterie o accumulatori, sono quei “condensatori” o “serbatoi” che si caricano collegandole a un’altra fonte elettrica e si scaricano alimentando il motore dell’automobile. Vediamo allora da dove arriva la “corrente elettrica”: essa ha un’origine che alla presa sotto casa per caricare le batterie dell’auto non si vede, ma sappiamo bene che la producono le Centrali elettriche. Queste utilizzano diverse fonti di energia per trasformarla appunto in elettricità. Abbiamo i generatori eolici e quelli idroelettrici che utilizzano vento e acqua con un buon rendimento, e abbiamo anche una modesta parte di energia nucleare che alimenta centrali idroelettriche producendo vapore per le turbine ovvero ancora calore. Poi ci sono le centrali “termoelettriche” che producono elettricità usando l’energia prodotta dalla combustione degli idrocarburi e siamo daccapo: usano motori termici che bruciano combustibili fossili. Ben il 55% dell’energia elettrica è attualmente prodotta da centrali termoelettriche: il loro inquinamento termico noi non lo percepiamo perché magari sono in luoghi lontani, ma non per questo non concorrono al riscaldamento globale.
Questi impianti ci servono per il fabbisogno civile e industriale, per la casa e la fabbrica e non possiamo smettere di utilizzarle per metterle a caricare le batterie delle auto elettriche. Perciò Il quesito angosciante o avvilente, secondo il punto di vista di ognuno di noi utenti, è il seguente: di quanta energia termoelettrica occorrerà disporre quando tutte le auto del mondo saranno a batteria? Date un’occhiata su Internet ai milioni di barili di idrocarburi che vengono ogni anno ingoiati dai serbatoi delle nostre auto e non stupitevi della cifra, ma questi barili non si risparmiano: li ingoieranno le Centrali termoelettriche. Quanta energia elettrica dovrà essere prodotta per caricare le batterie di milioni di auto e come potremo produrla se non con impianti termoelettrici, a meno di coprire l’intero territorio mondiale di cellule fotovoltaiche al posto delle colture di alimenti: siamo disposti al digiuno per l’auto elettrica “green”.
Ė il cane che si morde la coda, l’assassinio per procura: non riscaldo io qui e faccio riscaldare da un altro là, ma il riscaldamento è lo stesso, solo che io non lo vedo, ma alla tv ne vedo gli effetti ogni giorno quando il tg documenta le alluvioni nel bolognese o il tornado in Florida. Possiamo credere o meglio illuderci che in poco più di una decina d’anni, per quando le auto in Europa dovranno essere tutte elettriche, ci saranno centrali elettriche “green” per produrre tutta l’energia necessaria? Non credo. Perciò si ricorrerà ad altre centrali termoelettriche, e per la banale legge della domanda-offerta, i costi saliranno senza alcun beneficio per noi gente normale, come ha intuito il Direttore ragionandoci su. Io lego la “crescita” che ci promettono i politici di qualunque orientamento siano, al “consumismo” e questi due fenomeni a un altro sostantivo: lo “spreco”. Noi stiamo sprecando enormemente per un benessere illusorio come l’auto privata nel garage di casa e poi diamo la colpa alla CIODUE se i fiumi allagano i campi e i tornados distruggono le città.
Facciamo un’altra valutazione del cosiddetto “benessere” che ci porta l’auto che paghiamo cara e salata anche in termini di energia globale per fabbricarla: se devo spostarmi all’interno di un agglomerato urbano moderno, in cui ci sono limiti di velocità stringenti e controllati (a Bologna se non erro addirittura ci sono i 30 km/h), cosa mi serve un Suv con 300 cavalli del quale posso godere al massimo delle prestazioni in accelerazione ai semafori se ho via libera? Uso da solo (sono più o meno lo 0,03% del peso della massa in movimento), un mezzo progettato per 5 persone, che è già costato un gran dispendio di energie termiche e, siccome è grande e pesa parecchio, la maggior parte del carburante che consuma serve a muovere la sua massa ovvero a vincere la sua inerzia: pertanto quella del passeggero trasportato è ininfluente, come se l’auto fosse vuota. Continuo a sprecare quando poi la freno al semaforo successivo e ancora altro calore gratuito. Questo non è né benessere né crescita, solo spreco e quindi un inutile contributo al riscaldamento globale.
Poi pensiamo alle navi e agli aeroplani: non sono immaginabili a batteria, salvo i giocattoli dei bimbi e continueranno ad andare a combustibili fossili, ma questi irrinunciabili mezzi di trasporto hanno un miglior rapporto dei consumi con i passeggeri trasportati. Allora non è proprio folle eresia pensare di risolvere il 90% della circolazione urbana con trasporto collettivo (perciò più efficiente in termini di energia procapite) mentre quel 10% di circolazione inevitabilmente singola la facciamo con auto a due posti e motore termico di 50 cc., tanto non possiamo superare i 50 orari. In questo modo limitiamo il dispendio energetico per costruire auto in cui prevale il superfluo sull’utile come le attuali, demandando tutti i trasferimenti a lunga distanza ai mezzi collettivi, ovviamente migliorandone ancora l’efficienza e la frequenza. In tal modo daremo una mano alla natura a consentirci di vivere ancora millenni sul nostro pianeta.
Immaginate a questo punto un incrocio urbano con semaforo e, anziché code di un chilometro di auto, immaginate un paio d’autobus che ad attraversarlo ci mettono 20 secondi e non 20 minuti, con un impegno di quattrocento cavalli ciascuno anziché almeno i cinquemila della somma delle auto a passo d’uomo che spostano se stesse più che il conducente impaziente. Se questi autobus passano ragionevolmente ogni 15 minuti, arrivo prima a casa e senza stress da traffico. Guarda caso una tale benefica assenza di stress da traffico comporta l’assenza di profitti per i produttori di Suv. Per ottenere questa trasformazione onirica basterebbe che i persuasori occulti, ovvero la pubblicità, anziché decantare lo spreco, risveglino il fascino dei romantici viaggi su mezzi collettivi d’altri tempi, come le avventure in carrozza e gli incontri misteriosi dei moschettieri con l’affascinante Milady (chi mai verrà a sedersi di fianco a me sul Bus?).
Ma vogliamo mettere l’esotismo e la bellezza di un viaggio per mare a 15 nodi di un veliero passeggeri che attraversa l’atlantico o semplicemente ci porta in Sardegna? Averne il tempo e gustare la serenità di ammirare le bellezze del nostro paesaggio dai finestrini laterali del mezzo, su un’autostrada con soli autobus e veicoli industriali, che però trasportano ciò che una regione non può produrre localmente e non merci che si spostano solo per i differenziali del costo del lavoro a esempio. Qualcuno ha scritto che la terra non è nostra ma è dei nostri nipoti ai quali abbiamo il dovere di lasciarla integra. Considerazione gratuita sebbene profonda che, come tutto ciò che non porta un utile immediato, si dissolve nel buio della notte e poi ci troveremo come le Star, a bere del whisky al Roxy Bar, ognuno a rincorrere i suoi guai, ognuno diverso e ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi, come canta Vasco.
M. Difficilino
7 febbraio 2025